La chiesa cattolica e la fecondità nelle coppie omosessuali
Riflessioni di Claude Besson pubblicate sul sito cattolico Reflexion et partage (Francia) il 28 giugno 2013, liberamente tradotto da Francesca Macilletti
Il criterio della procreazione biologica non può essere il solo criterio di fecondità, prosperità o disponibilità sociale. Non si dice forse dei preti e dei religiosi che hanno una fecondità spirituale? Una coppia sposata senza figli può essere ugualmente feconda: «Non ci può essere la sterilità nel matrimonio cristiano, chiamato a farsi servizio d’amore a tutti i piccoli, i poveri e gli emarginati. Gli sposi saranno “padri” e “madri”, che abbiano dei figli oppure no (sic); sapranno mostrarsi disponibili al servizio della Chiesa e della società. »[1]
È, d’altronde, ciò che il Catechismo (della chiesa Cattolica) riconosce per le coppie sterili: «Gli sposi ai quali Dio non ha concesso di avere figli, possono tuttavia avere una vita coniugale piena di significato, umanamente e cristianamente. Il loro matrimonio può risplendere di una fecondità di carità, accoglienza e sacrificio» (Catechismo n° 1654).
Perché, allora, rifiutare le coppie omosessuali invocando la non fecondità? Esse sono feconde e creative, ma in modo diverso. La fecondità si esercita anche nell’apertura all’altro e agli altri. Possono essere molto presenti e «al servizio» della Chiesa e della società quando vengono accolti.
Il lavoro, l’impegno comunitario, l’accoglienza dei poveri e dei malati, il mutuale sostegno nella vita di coppia, la pastorale, i problemi del pianeta, l’adozione, la creazione artistica, la ricerca scientifica … costituiscono tanti percorsi per creare, donare e servire i propri simili. Essere fecondi nel donarsi agli altri è anche questo.
Gli omosessuali che hanno scelto di vivere in coppia possono sostenersi, aiutarsi a vicenda, incoraggiarsi nella realizzazione dei progetti comuni o di quelli del coniuge. Per il loro amore, il loro affetto e il loro impegno nel nucleo famigliare, in un gruppo di amici e in altre comunità, apportano il loro contributo alla società dove l’essere umano sarà rispettato e riconosciuto nella sua integralità.
A loro modo, queste persone presentano dei volti dell’amore di Dio e di Gesù Cristo, con il quale è nata una nuova concezione della fecondità. Gesù viene a sconvolgere l’ordine logico della fecondità: l’uomo non è più fecondo perché genera, è fecondo in quanto si riconosce come appartenente al Cristo. Questo passaggio del Vangelo secondo San Giovanni ci mostra che la fecondità consiste nell’adempiere al comandamento d’amore di Gesù, cioè entrare nella comunione d’amore di Gesù e di Suo Padre, lasciarsi avvicinare da Dio, diventare un Suo intimo, un Suo amico.
Quest’amore ci porta a privarci di noi stessi. Gesù lo ha fatto al punto di morire sulla Croce, ed è la Croce che assicura la Sua fecondità «all’estremo»: « Se il chicco di grano che cade a terra non muore, rimane solo; se, al contrario, muore, porta frutti in abbondanza »: « Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se ne rimanete in me. […] Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. […] Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga. » (Giovanni 15, 1-4.12.16).
Essere fecondi, non è quindi vivere per sé, ma per gli altri. La fecondità, secondo il Cristo, è il dono di sé, una morte di sé stessi e una resurrezione. Oltrepassa infinitamente i nostri limiti umani. Essa si opera non secondo una volontà umana, ma in una libera consacrazione delle nostre azioni a Dio, essa è dono di Dio. La vera fecondità cristiana non è legata principalmente al fatto di avere dei figli, ma all’adempimento nelle vostre vite del Regno.
Le persone omosessuali sono così chiamate a entrare immediatamente nella dinamica dell’alleanza della vita in Cristo e ad amare come il Cristo ci ha amati.
Tutte le relazioni d’amore sono un’apertura all’altro e portano i loro frutti.
«L’amore è sufficiente per sé stesso, piace per sé stesso e in ragione di sé. È sé stesso merito e premio. L’amore non cerca ragioni, non cerca vantaggio all’infuori di sé. Il suo vantaggio sta nell’esistere. Amo perché amo, amo per amare. » (Discorso di San Bernardo sul Cantico dei Cantici).
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[1] Stefano De Fiores e Tullo Goffi, Dizionario della vita spirituale, Paris, Ed Le Cerf, 1987, p.417.
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Testo originale: Fécondités