La chiesa cattolica non ha il monopolio dell’interpretazione sulle leggi umane
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In virtù di cosa il magistero episcopale dovrebbe avere il monopolio su tutte le questioni che riguardano la morale? La realtà naturale della persona, come fonte di moralità, è anteriore ed indipendente dall’intervento del magistero episcopale, possiede un significato ed un’autonomia che non dipendono dalla volontà del suddetto magistero e su di essa le società hanno la capacità di indagare, dedurre e stabilire il suo significato, sia attraverso i parlamentari che attraverso i vescovi o qualsiasi altro gruppo, ma senza esclusiva.
In questa ricerca, conferiscono autorità morale gli argomenti di coloro che, meglio e più giustamente, descrivono la conoscenza e il rispetto di questa realtà. Il Concilio Vaticano II apporta, su questo, un magistero cristallino.
Qui, è ovvio l’incrocio tra il sapere razionale e quello della fede, ma non ha motivo di essere esclusivo, giacché il credente deve muoversi con naturalezza all’interno del sapere razionale e il non credente può accedere al campo della fede e potenziare, sicuramente, aspetti comuni di questa verità.
I vescovi hanno il diritto di discutere su tutte le questioni umane. Ma debbono capire e rispettare il fatto che altre persone, cattoliche o meno, possano pensare in un altro modo se si tratta di questioni umane, nelle quali risiede un pluralismo legittimo e sulle quali neanche gli stessi cattolici sono obbligati ad esprimere un pensiero uniforme. E’ il caso della legge sui matrimoni omosessuali.
Pertanto, risulta improprio che i dirigenti ecclesiastici pretendano di intimidire le coscienze dei fedeli ricordando loro che su questo punto esiste una dottrina cattolica che sono obbligati a seguire e, in virtù della quale, possono e devono fare obiezione di coscienza.
Qualsiasi cattolico, compresi i vescovi per il ruolo che rivestono, può esercitare obiezione di coscienza contro questa legge, se hanno motivi per farlo, ma non presentare e molto meno imporre la propria opinione come opinione generale della Chiesa: “In dubiis libertas”, “Nelle cose dubbie, libertà”.
Dopo quanto esposto, non trovo miglior maniera di qualificare la nuova legge promulgata (ndr sul matrimonio omosessuale in Spagna, approvata dal Congresso il 1° Luglio 2005 con 187 voti a favore, 147 contrari e 4 astensioni) che trascrivere questi paragrafi dalla stessa legge:
“La Costituzione, nell’affidare a quanto legiferato la configurazione normativa del matrimonio, non esclude in nessuna forma una regolazione che delimiti le relazioni di coppia in una forma diversa nella quale è esistita fino a questo momento.
Fondamenti costituzionali di questa legge sono: l’uguaglianza effettiva dei cittadini nel libero sviluppo della propria personalità, la preservazione della libertà per quanto riguarda le forme di convivenza e l’instaurazione di un clima di uguaglianza reale nel godimento dei diritti senza alcuna discriminazione per ragione di sesso, opinione o qualsiasi altra condizione personale o sociale. In questo contesto, la legge permette che il Matrimonio sia celebrato tra persone dello stesso o diverso sesso, con pienezza e uguaglianza di diritti e doveri, qualsiasi sia la sua composizione” (Legge dei matrimoni omosessuali, I – Esposizione dei motivi).