La comunità LGBT nella conservatrice Slovacchia, messi ai margini dalla Chiesa e dimenticati dalla politica
Articolo di Dariusz Kalan pubblicato sul sito Balkan Insight (Bosnia-Erzegovina) il 18 settembre 2019, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Zuzka, una ventisettenne slovacca che vive a Kosice, una città al confine orientale con l’Ungheria, ricorda il momento in cui ha rivelato la sua omosessualità a suo padre: “Ci siamo chiariti, e in qualche modo ora andiamo più d’accordo. Era scioccato, ma disse che non avrebbe mai smesso di volermi bene. Il problema è che gli hanno insegnato tantissimi dogmi, dicendogli per di più che erano qualcosa di immutabile, e ora gli stanno nella testa come tanti macigni. Ci sono delle cose di cui lui non può riconoscere l’esistenza”.
Il padre di Zuzka è un sacerdote della Chiesa Cattolica di rito orientale, la terza maggiore denominazione religiosa del Paese. In Slovacchia, circa il 66% della popolazione si dichiara cattolico.
Zuzka, cresciuta in una casa piena di icone, vecchi libri e simboli religiosi, non si è mai allontanata da Dio, né dalla sua fede cattolica, nonostante il fatto che la Chiesa disprezzi l’omosessualità: “È in gran parte grazie alla Chiesa che sono quella che sono. Nella Chiesa ho visto molte cose buone, ma non mi sento accettata: infatti, ho nascosto il mio orientamento per venticinque anni”. Zuzka non è il suo vero nome: vuole mantenere l’anonimato per non compromettere la carriera di suo padre.
Nonostante alcuni segnali di cambiamento, la Slovacchia non sta al passo degli altri Paesi dell’Unione Europea per quanto riguarda i diritti delle persone omosessuali, e la società slovacca, perlopiù conservatrice, è piuttosto sospettosa verso la comunità LGBT.
Il cattolicesimo, come molte altre religioni, è in conflitto con la questione dell’omosessualità a causa delle sue rigide interpretazioni della Bibbia, utilizzate per bollare l’omosessualità come peccato. Nel frattempo, i maggiori partiti politici slovacchi cercano di farsi amica la Chiesa, vista la sua influenza tra gli elettori.
Ma ci sono degli Slovacchi che ritengono che l’omosessualità e la fede cristiana non siano in contraddizione: “Vogliamo solo avere una vita normale, come tutti. Non combattiamo per qualcosa, o contro qualcuno” dice Fero Kuminiak, un membro di GayChristians Slovakia (LGBT+ kresťania na Slovensku), un gruppo con sede a Bratislava che raccoglie una ventina di gay cattolici che condividono questa visione, i quali si riuniscono per leggere la Bibbia, pregare e discutere.
“Così poco amore”
Fero, 48 anni, tecnico informatico, è una delle numerose persone LGBT slovacche, da noi intervistate, che si sono sentite alienate dal cattolicesimo tradizionalista del loro Paese; ora fa parte della branca slovacca della Chiesa Veterocattolica della Repubblica Ceca, una denominazione appartenente all’Unione di Utrecht [la maggiore comunione di Chiese veterocattoliche, n.d.t.], che rifiuta l’infallibilità del Papa ed è più accogliente verso le persone LGBT: “La guerra contro [la causa] LGBT è al primo posto degli obiettivi della maggior parte delle Chiese cristiane in Slovacchia. Noi vogliamo mostrare un cristianesimo diverso” dice Martin Kováč, sacerdote della Chiesa Veterocattolica a Trnava, nella Slovacchia occidentale. Secondo lui, l’ostilità verso l’omosessualità “non è un tema evangelico, ma una politicizzazione del cristianesimo che mira a creare nemici immaginari”.
Juraj Variny, 38 anni, programmatore freelance e membro di GayChristians, non è mai riuscito a capire “come mai ci sia così poco amore nella dogmatica cattolica. Dopo il mio coming out come gay, mia nonna mi ha mandato dal confessore. Quel sacerdote, di rito latino, mi ha detto che non poteva concedermi l’assoluzione, perché non vivevo nella purezza e non mi volevo pentire della relazione con il mio compagno”.
Martin Kolenič, 27 anni, insegnante e traduttore di Bratislava, ha passato anni cercando di capire come conciliare la sua sessualità con la sua fede cattolica, e comprende fin troppo bene il dilemma di Juraj. Gli ci sono voluti cinque anni per accettarsi così com’è, con la sua sessualità: “Mi ha aiutato molto la preghiera. Dio sarebbe un qualcosa di terribilmente aberrante se mi avesse creato così come sono, ma non mi accettasse così come sono, o sbaglio? Il cristianesimo, per come lo concepisco io, parla dell’amore. Sarebbe assurdo se Dio dicesse: ‘Okay, tutti possono vivere l’amore, però voi no!’”. Martin è però riluttante a portare in Slovacchia il suo compagno, che vive nella più liberale Repubblica Ceca; nemmeno in Slovacchia “possono fermare il cambiamento, ma non posso mettere in pericolo il mio compagno, perché qui un giorno i nazionalisti potrebbero prendere il potere”.
Incroci politici
La Slovacchia attraversa un momento particolare, dal punto di vista politico. Quest’anno [2019] un’avvocata liberale e anti-corruzione, Zuzana Čaputová, è stata eletta Presidente della Repubblica, e le elezioni europee dello scorso maggio sono state vinte da una coalizione di nuovi partiti di sinistra e di centrodestra.
Ma all’estrema destra, il Partito del Popolo – La nostra Slovacchia (Ľudová strana–Naše Slovensko), omofobo e anti-immigrazione, guidato dal baffuto Marian Kotleba, è ormai una forza politica con cui fare i conti. Kotleba ha preso più del 10% dei voti alle elezioni presidenziali, con il pubblico sostegno di alcuni sacerdoti cattolici: “Credo che davvero Kotleba sia benedetto da Dio“ dice Lucia Žužová, un‘attivista pro-vita candidata, non eletta, nelle liste del Partito del Popolo alle europee. Secondo lei, Kotleba è l‘unica speranza nella lotta contro “i quasi diritti LGBT e tutto il liberalismo gender“.
Nel frattempo, il partito Smer-SD (Smer–sociálna demokracia, Direzione–Socialdemocrazia), che ha retto il governo per undici degli ultimi tredici anni, pur proclamandosi partito di sinistra è diventato sempre più conservatore nelle questioni sociali e ha quasi sempre ignorato i diritti LGBT: “La risposta è sempre la stessa: questo problema non esiste. La priorità sono le questioni socioeconomiche“ dice Boris Zala, ex parlamentare europeo, tra i fondatori del partito.
Mentre fa poco o nulla per migliorare la situazione della comunità LGBT, lo Smer-SD dal 2006, da quando ha preso il potere per la prima volta, ha aumentato i fondi destinati alle Chiese da 29,8 milioni di euro a 47,6. Nel 2014 i socialdemocratici, assieme ai cristiani democratici, hanno modificato la Costituzione per ribadire che “È da considerarsi matrimonio solamente l‘unione tra un uomo e una donna“. L‘anno seguente, l‘allora leader dello Smer-SD e Primo Ministro Robert Fico non fece nulla per opporsi a un referendum che, tra le altre cose, intendeva impedire alle coppie omosessuali di adottare; il referendum non ha avuto seguito per via del non raggungimento del quorum. Lo Smer-SD non è altro che “un partito populista, di sinistra solo sulla carta“ secondo Kolenič.
I fedeli della Chiesa “rimangono in silenzio“
Alcuni hanno tratto coraggio dall‘elezione di Zuzana Čaputová, che durante la campagna presidenziale disse, come sua opinione personale a sostegno della legalizzazione delle unioni omosessuali, che “i bambini starebbero molto meglio se venissero adottati da coppie omosessuali, piuttosto che languire negli orfanotrofi”. Alcuni vescovi cattolici, tuttavia, ammonirono che votare per lei avrebbe costituito peccato. Una volta presidente, Zuzana Čaputová disse che non avrebbe appoggiato una riforma tanto controversa.
In un sondaggio del 2016 il 49% degli intervistati ha affermato che sarebbe disturbato da una coppia omosessuale che vivesse alla porta accanto; un 13% in meno rispetto al 1991, ma un 14% in più rispetto al 2009. Per il 21% sarebbe perfettamente accettabile avere un collega gay o una collega lesbica, in confronto alla media UE (rilevata nel 2015) del 63%. Curiosamente un altro sondaggio, pubblicato il mese scorso [settembre 2019], ha rilevato che il 57% è a favore delle unioni omosessuali.
Secondo Ondrej Prostredník, membro del partito Slovacchia Progressista (Progresívne Slovensko), che ha sostenuto la candidatura di Zuzana Čaputová e ha ottenuto un risultato inaspettato alle europee dello scorso maggio, i dati precedenti confortano gli sforzi per ampliare i diritti delle persone LGBT: “In futuro vogliamo introdurre le unioni civili, ma dipenderà da molti fattori, come i voti che riusciremo a raccogliere nella prossima legislatura per sostenere il progetto“. Prostredník è un teologo evangelico, che da tempo auspica una maggiore accoglienza della Chiesa verso le persone LGBT: “L‘antropologia cristiana va aggiornata: dopo tutto, con lo sviluppo della scienza, abbiamo smesso di credere nel geocentrismo (la credenza secondo cui la Terra sta ferma al centro dell‘universo), e oggi i cristiani accettano l‘evoluzione, nonostante sia chiaramente in conflitto con la Bibbia“.
Nel 2017, dopo aver partecipato al Pride di Bratislava, a Ondrej Prostredník è stato revocato il permesso di insegnare teologia da parte della Conferenza Episcopale della Chiesa Evangelica: “Nella Chiesa ci sono molte persone che sostengono [i diritti] LGBT, ma rimangono in silenzio. Hanno paura di venire isolati o segnati a dito, o semplicemente di venire fraintesi. Non si può venire fraintesi nella Chiesa“.
Zuzka non si aspetta che suo padre, un sacerdote, la sostenga pubblicamente, ma spera sempre che un giorno giunga a comprendere la sua omosessualità: “Poco tempo fa ha visto Una preghiera per Bobby“, un film del 2009 che parla di una donna, cristiana devota, e del suicidio di suo figlio, la cui omosessualità non riusciva ad accettare: “Per lui, per mio padre, è un enorme passo avanti, che apprezzo moltissimo“.
Testo originale: GAY AND CATHOLIC IN SLOVAKIA: ‘CHRISTIANITY CAN LOOK DIFFERENT’