Tra condanna e impegno. Le chiese e la lotta contro l’Aids in Africa
Articolo di Canono Alistair M. Radclif* pubblicato su Chronique Onu, Magazine delle Nazioni Unite, Vol. XLVIII, Maggio 2011, liberamente tradotto da Rita
La risposta delle comunità religiose all’aids, in principio fu stata dubbiosa, poi negata, poi esitante in nome della morale, infine si è inserita, deo gratias, nel quadro di una risposta di portata mondiale Questo mostra sia la forza che le sfide che rappresentano le credenze, la morala e la teologia. Questo mostra anche che un’azione comune su una questione importante come la condivisione delle preoccupazioni, può ridurre il divario tra fede e cultura.
Circa tre quarti della popolazione mondiale far parte di una comunità religiosa, non sorprende perciò che le chiese siano coinvolte nella lotta contro l’HIV/ AIDS. Quello che sorprende è l’ampiezza di questo impegno.
Secondo l’organizzazione mondiale della sanità, una percentuale che va dal 30% al 70% delle cure sanitarie in Africa vengono gestite da organizzazioni religiose e, in molti casi, sono gli unici centri medici, ospedalieri e ambulatoriali presenti sono solo quelli delle chiese. [1]
Uno studio dell’African Religious Health Assets Programme, fatto in Zambia e Lesotho[3], dimostra quanto sia urgente raccogliere dati dettagliati[2]. Questo studio ha evidenziato che dal 30 al 40% dei centri medici vengono gestiti da cristiani che, oltre ad avere un ruolo essenziale nelle forniture mediche alle persone malate di Hiv, impegnano a fondo le chiese nella prevenzione e nell’educazione fornendo molti consigli. In ogni caso il loro ruolo nel farsi carico degli orfani è sicuramente la parte più importante di tutte. Con quasi 20 milioni di orfani nel mondo a causa dell’aids, le cure dispensate dalle organizzazioni religiose sono un altro importante aiuto in Africa[4].
L’obiettivo finale di azzerare i nuovi contagi, che si sono prefissati tutti quelli impegnati nel prevenire la propagazione dell’aids, è di per se incredibile, e solo qualche anno fa sarebbe sembrato irrealizzabile. Ma le attuali cure possono impedire al virus di distruggere il sistema immunitario.
Dal 1996, il trattamento antiretrovirale dell’aids, associato con altre tre o più cure ha, non solo migliorato la qualità della vita dei sieropositivi, ma ha permesso di ridurre le morti precoci, nei paesi dove queste sono facilmente accessibili. Tuttavia queste cure non eliminando il virus dall’organismo, vanno proseguite e questo pone dei problemi importanti nel mantenimento dell’accesso alle cure, oltre che in termini di costi e di uguaglianza nella distribuzione[6].
Altra buona nuova: la diffusione tra i giovani si è abbassata del 25% in 15 dei 21 paesi più a rischio e il numero totale dei decessi da Aids diminuisce di anno in anno. E’ comunque incoraggiante anche se, il numero dei decessi da Aids nella regione africana si è elevato a due milioni nel 2009. Si stima che una persona su 200 nel mondo, sia infetta e che, in alcune città africane, una su tre di età tra i 15 e i 16 anni sia contagiata. Anche se questa crisi non fa più notizia, resta comunque tale.
L’aids è una malattia che potrebbe essere in gran parte evitata se le persone modificassero i loro comportamenti. Questo non è così ovvio come, per esempio, nel caso del tabagismo dove l’atteggiamento normativo del governo e del pubblico è atteso e largamente approvato. E’, di fatto (ostacolato), per la specificità dei precetti e delle regole morali verso i comportamenti (sessuali), che hanno creato molte polemiche nelle comunità religiose, dando talvolta l’impressione di dare un giudizio critico sui sieropositivi[7].
Anche le campagne sull’astinenza e l’uso dei preservativi hanno dato luogo a controversie. Molti capi religiosi non hanno risparmiato le loro forze per affrontare questo punto e, quando si studia approfonditamente la teologia cristiana, si vede che comporta un messaggio positivo che merita di essere meglio compreso e spiegato.
Se alcune prospettive sembrano specifiche dal punto di vista dei cristiani, ci sono molte ragioni di pensare che il contenuto positivo possa avere applicazioni ben più vaste.
La discriminazione o la violenza su una persona perché è sieropositiva o malata di aids, sono quindi, non solo intrinsecamente ingiustificate, ma anche ingiuste.
Il valore e la dignità dell’essere umano hanno conseguenze importanti, o meglio hanno un in sé un obbligo. E’ il dovere di vivere ed esprimere questa dignità con atti che riflettono la nostra responsabilità personale nell’aiutare gli altri, e vivere così la nostra vita in modo coerente. Un obbligo quindi esiste, sia a livello individuale che a livello della società ove viviamo, fare di tutto per garantire il rispetto degli altri e il loro benessere. Le chiese hanno una responsabilità in più, mostrare e offrire l’esempio per realizzare questo dovere.
Ci sono altre due cose da aggiungere. La prima è la credenza dei cristiani è che Dio, buono e generoso, con la sofferenza e la morte di Cristo , abbia finalmente apportato la gioia della resurrezione di Pasqua nel mondo. Da un certo punto di vista, questa idea cristiana può sembrare piccola cosa ma, per altro verso, essa partecipa ad una universalità affermando un’aspirazione umana comune, a un messaggio di speranza. Indica la possibilità di un modo che può essere trasformato, salvato e unito.
Non a caso, malgrado le numerose tensioni tra le tradizioni religiose, sono state recentemente lanciate delle iniziative, come la lettera aperta «Un mondo comune tra noi e voi»[8], indirizzata ai capi musulmani, che invita a onorare i nostri obblighi comuni, non solo nell’amare Dio e il bene, ma anche il nostro prossimo.
In relazione al ruolo delle istituzioni religiose nella cura ai malati di aids, è chiaro ormai che questa è divenuta oggetto di una cooperazione multiconfessionale. Sapere che abbiamo una base teologica comune per farlo, in virtù del comune obbligo di amare il prossimo, è sicuramente un legame che può promuovere armonia e buone relazioni che superano le passate divisioni.
Altrettanto importante è notare che, affinché questa risposta sia autentica, deve essere profondamente radicata nella ricchezza e negli elementi essenziali della fede, come anche nel comune appello all’amore del prossimo. Al centro di un’epidemia di Aids, capire che il nostro prossimo non è altro che l’essere umano che ha bisogno e che noi siamo chiamati ad aiutare, sarà questa una vera benedizione.
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1 Dati dell ONUAIDS: www.unaids.org.
2 Progetto Mapping Religious Health Assets, congiuntamente promosso da CIFA e OMS, mirato a esaminare quello che manca nei dati essenziali e a raccogliere quelli concreti sull’ampiezza del lavoro intrapreso di cui ognuno conosce l’importanza ma che, ancora non è stato valutato: www.centerforinterfaithaction.org/mapping. Pour un point de vue assez polémique concernant le manque de connaissances sur le travail réalisé, voir Ann Widdecombe « If only the Catholic Church did PR », The Guardian, 7 septembre 2010
3 « Appreciating Assets: The Contribution of Religion to Universal Access in Africa », Organizzazione mondiale della sanità ( Cap:ARHAP, ottobre 2006),www.arhap.uct.ac/za/publications.php#reports.
4 Un certo numero di fonti sono disponibili in molte chiese, quelle di seguito riportate, illustrano il lavoro realizzato in Kenya. Per la chiesa evangelica luterana vedi: http://kelc.wordpress.com/category/hivaids/ and Bill Black, « HIV/AIDS and the Church: Kenyan Religious Leaders Become Partners in Prevention », FHI, (2011) e Catherine N. Machyo, « The Catholic Church and the HIV/AIDS Pandemic in Kenya: An Exploration of Issues », www.fiuc.org/iaup/esap/publications/cuea/eajourn1aidsch.php.
5 Arrivare a zero infezioni: Strategia 2011-2015, Programma comune sull’AIDS (onuAIDS), 2010.
6 Per la discussione circa le migliori pratiche e opzioni mediche, vedi il rapporto « Promising and best practices in STI/HIV/AIDS prevention and care in West and Central Africa (AWARE-HIV/AIDS, 2006) », www.fhi.org.
7 Altro punto dolente è l’uso dei preservativi, anche se si vedono segni di convergenza su questioni come l’importanza dell’astinenza. Paul Jeffrey, « Expert: UN study backs Church strategy on Aids », Catholic Herald, 21 luglio 2010.
8 Per maggiori dettagli, vai il sito ufficiale: www.acommonword.com.
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* CANON ALISTAIR MACDONALD-RADCLIF è un prete anglicano, Direttore del dialogo globale C1 che promuove i rapporti tra Islam e Occidente
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Testo originale: La réponse des communautés religieuses face au VIH/sida