La condanna vaticana della “teoria gender” è un colpo di frusta per i cattolici LGBTQ
Riflessioni di Michael J. O’Loughlin (direttore esecutivo di Outreach) pubblicate su Outreach, portale di risorse per cattolici LGBT, l’8 aprile 2024, liberamente tradotto da Valeria e Luigi, soci de La tenda di Gionata di Bari
Per oltre un decennio, i cattolici LGBTQ hanno sperimentato cosa significhi trovare un equilibrio con un papa che abbraccia letteralmente e figurativamente la loro comunità ma che, nonostante ciò, approva documenti che sembrano mettere in discussione la loro stessa dignità. Questa situazione si sta manifestando di nuovo oggi, con la pubblicazione della dichiarazione vaticana Dignitas Infinita, un documento di 12.000 parole che rielabora i precedenti insegnamenti della Chiesa su una serie di questioni relative alla dignità umana.
Molti analisti vaticani sottolineano che, anziché presentare un nuovo insegnamento, Dignitas Infinita riassume più o meno la dottrina tradizionale della Chiesa, affrontando una serie di questioni legate alla dignità umana, tra cui la guerra, la povertà, l’abuso sessuale e il traffico di esseri umani. Il documento, in lavorazione da cinque anni, cita altri papi e altri documenti vaticani, ma cerca anche di sintetizzare il pensiero di papa Francesco.
Il colpo di frusta che accompagna chi è cattolico e contemporaneamente membro della comunità LGBTQ oggi è presente anche all’interno di questo unico documento. Questo perché le parti che toccano più da vicino le questioni LGBTQ in realtà includono un paio di spunti luminosi, prima di offrire pesanti condanne alla «teoria del gender» e agli interventi chirurgici di «cambiamento di sesso».
Cosa dice la nuova dichiarazione?
In primo luogo, la Dignitas Infinita ribadisce l’insegnamento della Chiesa secondo cui «ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ‘ogni marchio di ingiusta discriminazione’ e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza».
Poi fa un ulteriore passo avanti, condannando le leggi che criminalizzano l’omosessualità, affermando che «va denunciato come contrario alla dignità umana il fatto che in alcuni luoghi non poche persone vengano incarcerate, torturate e perfino private del bene della vita unicamente per il proprio orientamento sessuale».
Per anni, gli attivisti LGBTQ avevano esortato Papa Francesco a pronunciarsi contro le leggi che criminalizzano l’omosessualità, in particolare norme e progetti di legge in alcuni paesi africani che avevano il sostegno dei vescovi locali. Francesco ha compiuto questo passo l’anno scorso, diventando il primo Papa a condannare le leggi che criminalizzano l’omosessualità in almeno 67 paesi, e ora il Dicastero per la Dottrina della Fede ha ulteriormente rafforzato l’idea che i cattolici non dovrebbero sostenere questo tipo di divieti.
In una conferenza stampa successiva alla diffusione del documento, il cardinale Víctor Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, ha definito «doloroso» apprendere che alcuni cattolici sostengono leggi che criminalizzano l’omosessualità e ha affermato che «non siamo d’accordo con la criminalizzazione».
Il gesuita padre James Martin SJ, fondatore di Outreach, ha affermato in una dichiarazione di essere «grato che il Vaticano abbia ribadito la sua condanna ufficiale di ogni tipo di violenza contro le persone LGBTQ, comprese la detenzione e la condanna a morte. Non potrà mai essere ripetuto abbastanza che questi comportamenti rappresentano un’offesa alla dignità umana. La persona LGBTQ, come tutti gli altri, ha una dignità infinita».
Il documento è degno di nota anche per ciò che non contiene, vale a dire alcune delle espressioni più dure presenti in un precedente documento vaticano sull’identità di genere – e anche alcune delle frasi pronunciate dallo stesso Papa Francesco su questo argomento. Ma queste omissioni probabilmente saranno di poco conforto per la comunità dei cattolici transgender, delle loro famiglie e dei loro amici, che senza dubbio saranno feriti da ciò che è incluso.
In cinque paragrafi che condannano la teoria del genere e nella sezione successiva che proibisce «l’intervento sul cambiamento di sesso», Dignitas Infinita spiega perché ritiene che l’evoluzione degli atteggiamenti sul genere rappresenti una minaccia alla dignità umana alla pari della povertà estrema, della violenza contro le donne e dell’aborto.
«Voler disporre di sé, così come prescrive la teoria del gender, indipendentemente dalla verità basilare secondo cui la vita umana è un dono, non significa altro che cedere all’antichissima tentazione dell’essere umano che si fa Dio ed entrare in concorrenza con il vero Dio di amore rivelatoci dal Vangelo», si legge nel documento.
Il documento si distingue anche per qualcos’altro che manca: vale a dire, qualsiasi forte indicazione che le esperienze vissute dalle persone transgender siano servite come fonte nella formulazione dei suoi contenuti. Il tono del linguaggio del documento sembra distaccato, quasi clinico. Ci sono molti riferimenti alla teoria, ma pochi esempi di realtà concrete. Il termine “transgender” non appare una sola volta.
Considerata la costante sottolineatura del Papa sulla necessità di realizzare una Chiesa che sia misericordiosa e capace di ascolto, mi sembra strano che questo documento appaia privo di idee su come i cattolici debbano affrontare le difficili realtà pastorali che senza dubbio sorgeranno dopo la pubblicazione del documento di oggi.
La mia mente risale al 1986, quando il Vaticano pubblicò un documento che condannava le relazioni tra persone dello stesso sesso. I pastori delle parrocchie gay-friendly di allora furono abbandonati a sé stessi quando si trattò di dare una risposta alla rabbia che i loro fedeli provarono dopo aver letto il documento. Quel documento ebbe come conseguenza l’allontanamento dei gruppi cattolici LGBT dalle parrocchie e un esodo di massa dei cattolici gay e lesbiche dalla vita della Chiesa; e il suo linguaggio duro e offensivo è stato usato per decenni da coloro che non vogliono vedere le persone LGBTQ pienamente accolte dalla Chiesa.
Poiché Dignitas Infinita si occupa in gran parte di teoria e non di realtà vissute, c’è il rischio che quella storia dolorosa si ripeta.
Sarà difficile per alcuni cattolici LGBTQ conciliare questo documento dottrinale con la realtà pastorale di Papa Francesco, che ha fatto dell’incontro con le persone LGBTQ una parte non insignificante del suo pontificato.
Francis DeBernardo, il capo del gruppo cattolico LGBTQ New Ways Ministry che ha recentemente incontrato Papa Francesco a Roma, ha affermato in una dichiarazione che il documento include una «sorprendente mancanza di consapevolezza della vita reale delle persone transgender e non binarie».
Inoltre, DeBernardo sostiene che «gli autori non hanno ascoltato attentamente l’esperienza vissuta di persone che hanno scoperto, spesso dopo percorsi complicati e dolorosi, che Dio li ha creati naturalmente con un’identità di genere che va oltre le aspettative sociali, solitamente basate soltanto sull’aspetto fisico».
Paralleli storici
Ogni volta che parlo con gruppi cattolici di questioni LGBTQ, quasi sempre mi viene posta una domanda su come i leader della chiesa gestiscono le questioni legate alla cura delle persone transgender e delle loro famiglie.
La maggior parte di questi discorsi sono incentrati sulla mia ricerca riguardante la risposta della Chiesa alla crisi dell’HIV e dell’AIDS negli anni ’80 e ’90. Come cattolico gay, sono interessato a come le lezioni di quel tempo possano rappresentare un monito per la Chiesa di oggi.
Quindi, quando le persone mi chiedono come la Chiesa potrebbe fare di meglio, di solito rispondo indicando la storia di un ospedale cattolico di New York City in cui veniva curata una vasta popolazione di pazienti gay affetti da HIV e AIDS.
I manifestanti avevano spesso preso di mira il St. Vincent’s Hospital: anche se vi venivano curati molti uomini gay, infatti, questi non sempre si sentivano i benvenuti e riferivano di abusi verbali e discriminazioni da parte di alcuni dipendenti dell’ospedale. Dopo una protesta particolarmente violenta, in cui un attivista aveva profanato un crocifisso, gli avvocati delle Suore della Carità di New York dissero loro che avrebbero potuto sporgere denuncia e far intervenire la giustizia per sedare i disordini.
Ma le suore fecero un’attenta valutazione sulla risposta da dare e decisero invece che avevano bisogno di ascoltare i manifestanti per capire come avrebbero potuto venire meglio incontro alle loro necessità. Come risultato di quelle sessioni di ascolto e dei cambiamenti conseguenti nelle pratiche del personale dell’ospedale, il St. Vincent’s è diventato un partner prezioso nella lotta contro l’HIV e una sorta di pietra miliare nella storia LGBTQ negli Stati Uniti.
Vedo somiglianze nel modo in cui la Chiesa affronta le questioni, certamente spinose, legate all’identità di genere. Sembra esserci una tendenza a indicare innanzitutto la dottrina, prima che si sia compiuto il lavoro complesso e faticoso dell’ascolto profondo.
Il Vaticano pubblica molti trattati teologici ogni anno e la maggior parte dei cattolici tra i banchi delle chiese non sapranno mai della loro esistenza, tanto meno la loro vita ne sarà influenzata. Anche nella comunità LGBTQ potrebbe esserci la sensazione che abbiamo sopportato di peggio e che siamo ancora qui.
Un altro documento può non essere piacevole, ma la nostra fede in Dio e il nostro profondo bisogno dei sacramenti rimangono saldi. Ma data l’attuale realtà culturale, sarebbe un errore pensare che il documento non abbia il potenziale per provocare gravi ripercussioni.
Molte diocesi negli Stati Uniti stanno provando a trovare una risposta alla crescente visibilità delle persone transgender nelle parrocchie, nei ministeri e nelle scuole. Alcuni vescovi hanno pubblicato linee guida che affrontano questi argomenti, e Dignitas Infinita quasi sicuramente si tradurrà in molte altre linee guida diocesane che faranno sì che le persone transgender non si sentano benvenute nella Chiesa.
Questa è il timore di Marianne Duddy-Burke, a capo del gruppo LGBTQ DignityUSA.
«Ogni volta che il Vaticano rilascia una dichiarazione che disumanizza le persone, è la goccia che fa traboccare il vaso per alcuni cattolici che hanno lottato per rimanere in contatto con la Chiesa», afferma la signora Duddy-Burke in una nota . «Queste persone provano dolore e alienazione quando loro o i loro cari vengono disumanizzati. Non vedono più la Chiesa come una casa. Molti soffrono per la perdita dei sacramenti, rituali che allo stesso tempo confortano e sfidano, e delle comunità in cui possono condividere le loro speranze e le loro gioie. Piangiamo queste terribili ferite al Corpo di Cristo e preghiamo affinché queste persone possano trovare nuove case spirituali».
Allo stesso tempo, gli ospedali cattolici stanno cercando di sottolineare che le loro strutture sono aperte a tutte le persone, comprese le persone transgender , anche se di solito non offrono alcuni interventi chirurgici relativi ai trattamenti di affermazione di genere. È stato difficile per alcune di queste istituzioni sanitarie riuscire a mettere insieme queste esigenze, e le conseguenze di questo nuovo documento probabilmente renderanno il compito ancora più difficile. In alcune zone, gli ospedali cattolici sono l’unica opzione per le persone in cerca di cure, soprattutto nelle aree meno servite degli Stati Uniti. Se le persone transgender non si sentissero trattate con rispetto in seguito a questo documento, potrebbero scoraggiarsi e abbandonare la ricerca delle cure necessarie?
È preoccupante anche non sapere in che modo questo documento arriverà nelle parrocchie e nelle scuole e se eventualmente potrà essere usato come una clava contro un gruppo di persone già emarginato. Non è difficile immaginare un vescovo che inasprisce le restrizioni sull’identità di genere nelle scuole, citando questo documento, provocando sentimenti di ostracismo e forse anche atteggiamenti di bullismo nei confronti di bambini e adolescenti che sono alla ricerca della loro identità di genere o del loro orientamento sessuale.
Papa Francesco dimostra spesso di volere una Chiesa più misericordiosa nei confronti della comunità LGBTQ, anche di recente, a novembre, quando un gruppo di attiviste transgender di Roma è stato invitato a pranzo in Vaticano per prendere parte alla commemorazione della Chiesa nella Giornata Mondiale dei Poveri. Come riportato dall’Associated Press, papa Francesco e un gruppo di donne transgender hanno stretto una sorta di amicizia, inizialmente stimolata dalle difficoltà relative alla pandemia. Sembrava che avessero mantenuto quel rapporto, sfociato nel loro invito in Vaticano.
Una delle partecipanti ha raccontato all’Associated Press quanto siano stati importanti per lei i gesti e gli atteggiamenti del papa, inclusa la decisione che consente ai cattolici transgender di essere padrini di battesimo.
«Prima la Chiesa era chiusa nei nostri confronti. Non ci vedevano come persone normali, ci vedevano come il diavolo», ha detto all’ Associated Press Andrea Paola Torres Lopez, una donna transgender colombiana conosciuta come Consuelo, «Poi è arrivato Papa Francesco e le porte della Chiesa si sono aperte per noi».
Una lezione che mi è rimasta impressa nel mio decennio di reportage sulle questioni LGBTQ con la Chiesa cattolica è che qualsiasi porta della chiesa aperta alle persone LGBTQ non può essere data per scontata. Quelle porte appena socchiuse si sono aperte grazie al coraggio di generazioni di cattolici LGBTQ che hanno raccontato le loro storie, che si sono tenuti saldi alla loro dignità battesimale e alle loro responsabilità e che hanno guardato alle generazioni future quando si sono rifiutati di lasciare che quelle porte venissero chiuse.