La “cultura tradizionale africana” non è contro l’omosessualità
Articolo di Adélard Kananira pubblicato sul sito Gay Christian Africa il 13 gennaio 2021, liberamente tradotto da Patrizia Barillaro
In Africa ci sono diversi modi attraverso i quali si vuole condannare i matrimoni tra persone dello stesso sesso e aggravare le discriminazioni verso la comunità LGBTQI, ma i più comuni ed efficaci sono quelli legati alla cultura, alla tradizione e alla fede: un trio confuso, che si basa sull’ignoranza. Purtroppo, in molti Paesi dell’Africa è diventato normale dire che l’omosessualità non è un qualcosa di africano e che va considerata come innaturale e immorale per coloro che credono in Dio.
Allora, la domanda sorge spontanea: le persone sanno davvero come erano le loro culture, tradizioni e credenze prima del colonialismo, tanto da poter dire di comprendere a pieno la loro cultura (la rivendicazione di una “cultura africana”, che non tiene conto della diversità di un continente così vasto)? In pochi sarebbero davvero in grado di rispondere a questa domanda.
Sostenere qualcosa che è basato sulla menzogna o sull’ignoranza, e giustificarlo come parte di una cultura, è un abuso culturale. Molte persone conoscono solo quello che è stato insegnato loro a scuola, in chiesa o attraverso la politica, ma tutte queste istituzioni non esistevano prima della colonizzazione, quindi non sono in grado di scavare nella vera cultura preesistente.
Come afferma Caryl Churchill, le persone dovrebbero capire che la cultura africana non era intrinsecamente contraria all’omosessualità, ma sono stati piuttosto i contatti con il mondo occidentale, attraverso la colonizzazione e il cristianesimo, a portare le discriminazioni nei confronti delle unioni e dell’intimità tra persone dello stesso sesso, che erano invece presenti in molte aree dell’Africa come parte integrante della società.
Approfondimento culturale
In molte società e Stati africani, quali il Gabon, il Ghana, l’Uganda e il Kenya, gli atti e le unioni omosessuali erano accettati e celebrati come parte integrante della società. Chiaramente non stiamo parlando dell’omosessualità o della comunità LGBTQI come la conosciamo oggi. C’erano delle norme e dei comportamenti che erano normali per le comunità, che venivano maggiormente riconosciuti rispetto ad oggi. Questo ci viene mostrato attraverso la letteratura, e in maniera considerevole anche nell’opera teatrale Pigs and Dogs (Porci e cani) di Caryl Churchill. Quest’opera cerca di rappresentare i motivi che hanno portato l’Uganda a imporre la legge anti-gay, che permette di condannare a morte chi è giudicato colpevole di omosessualità.
Churchill ha parlato della presa di posizione di alcuni capi di Stato, come l’ex presidente dello Zimbabwe, Mugabe, che ha detto apertamente: “Se i cani e i porci non lo fanno, allora perché dovrebbero farlo gli esseri umani?”. La studiosa ha poi messo in luce il coinvolgimento degli evangelici conservatori americani, che cercano di guadagnare influenza in Africa, visto che la stanno perdendo in America. È un’opera che parla di fluidità di genere e rimarca il fatto che l’omosessualità non sia una pratica nuova in Africa.
La storia africana, documentata dagli antropologi Stephen Murray e Will Roscoe, ci mostra un’Africa poco conosciuta, in cui uomini e donne si univano in matrimoni omosessuali, come ad esempio nei gruppi etnici Nandi e Kisii in Kenya, gli Igbo in Nigeria, i Nuer in Sudan, i Kuria in Tanzania e via dicendo. Le pratiche omosessuali sono state registrate anche in molte altre parti dell’Africa. Questo suggerisce che la ragione per cui i Paesi africani sono ostili all’omosessualità sia da ricondursi alle leggi coloniali: la colonizzazione ha represso alcune pratiche e comportamenti considerati incivili.
La Francia e l’Inghilterra, i due maggiori Paesi colonizzatori dell’Africa, allora avevano leggi che condannavano l’omosessualità, che era consuetudine applicare anche nei Paesi da loro controllati.
Purtroppo queste leggi sono rimaste anche dopo l’indipendenza, visto che molti Paesi hanno ereditato pari pari le Costituzioni dei loro ex colonizzatori. L’unico Paese che ha cercato di integrare nella legge qualcosa di nuovo, basandosi sul proprio quadro culturale, è stato il Sudafrica.
Dopo l’abolizione dell’apartheid, l’introduzione del concetto di ubuntu nella legislazione sudafricana ha giocato un ruolo importante, perciò non c’è da stupirsi che oggi il Sudafrica sia l’unico Paese africano a permettere i matrimoni omosessuali e a riconoscerne i diritti.
Invece, possiamo vedere come le leggi di altri Paesi siano state plasmate dalla moralità cristiana. Lo spettacolo teatrale di Churchill, per esempio, riconosce il ruolo della colonizzazione e del cristianesimo nell’introduzione dell’omofobia in Africa.
Il cristianesimo
È offensivo il fatto che alcune persone utilizzino le Scritture per giustificare le discriminazioni e la marginalizzazione della comunità LGBTQI. Sfortunatamente, la Bibbia è diventata un metro di paragone per dimostrare che la vita di alcuni sarebbe priva di significato e di valore.
Per quanto assurdo possa sembrare, questo tipo di comportamento è tutt’altro che nuovo. Per secoli, in un modo o nell’altro, la Bibbia è stata utilizzata persino per legittimare lo sfruttamento degli schiavi. La Bibbia è stata usata anche per giustificare le discriminazioni delle donne, sia negli spazi pubblici che nelle Chiese. Non è niente di nuovo, è solo il soggetto ad essere cambiato.
Affermare che la Bibbia è chiara a proposito dell’omosessualità non è corretto. Nel corso dei secoli è stata interpretata in modi diversi: infatti, sin dal principio, l’interpretazione del Vangelo non è stata molto trasparente.
L’episodio di Pietro che battezza il non circonciso Cornelio (Atti 11:1-10) ci mostra quanto la comunità fosse impreparata all’operato dello Spirito divino nei confronti delle persone considerate non meritevoli della salvezza. Allo stesso modo, ci sono voluti secoli affinché i laici avessero accesso alla Bibbia e potessero leggerla per conto proprio, come fonte di meditazione e crescita personale. A noi è servito oltre un secolo per comprendere che le guerre non sono il modo giusto per evangelizzare e convertire i popoli al cristianesimo.
I tempi cambiano, e la Storia insegna. Ciò nonostante, quando le persone usano la loro fede in Dio e le loro convinzioni religiose per giustificare la negazione dei diritti delle persone LGBTQI, si vede bene la fatica di lasciar andare quei giudizi che non lasciano spazio all’amore e all’apprezzamento per la vita altrui.
Si tratta della negazione di diritti quali la protezione, e questo è uno scenario tristemente comune in molti Paesi africani. Il fatto che la fede sia accogliente è una cosa bellissima, ma qual è il suo senso se poi non permette una vera accettazione ed inclusione nella società, nelle Chiese e nelle famiglie?
Sarebbe come se gli Apostoli avessero accolto gli incirconcisi e i cristiani non ebrei, ma poi non avessero voluto mangiare insieme a loro. Questo tipo di accoglienza è del tutto nociva. È quello che l’apostolo Paolo chiama “ipocrisia” in Galati 2:11-13, quando affronta Pietro per non aver voluto mangiare con i pagani.
L’ignoranza e la riluttanza di conoscere altro oltre la propria cultura e la propria fede può avere un impatto notevole sul modo in cui uno vede il mondo e la vita in generale. Il gioco delle colpe su chi ha portato l’omofobia o l’omosessualità cesserà solo quando ci si assumeranno le proprie responsabilità; la responsabilità di amare il nostro vicino incondizionatamente (così come insegna la Bibbia), la responsabilità di proteggere gli altri indipendentemente da quanto ci possano sembrare diversi, e infine, ma non meno importante, la responsabilità di imparare a comprendere, senza accontentarci di quel poco che conosciamo e che riteniamo verità incontestabile.
Testo originale: “African culture” is not against homosexuality
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