La diocesi cattolica di Coira riflette sull’accoppiamento tossico tra potere e spiritualità
Commento sul Nuovo codice di condotta per la prevenzione degli abusi della diocesi di Coira-Zurigo (Svizzera), pubblicato sul sito della Chiesa Cattolica nel cantone di Zurigo (Svizzera) il 5 aprile 2022, liberamente tradotto da Antonio De Caro
Il 5 aprile 2022 i responsabili delle chiese cantonali della diocesi (cattolica) di Coira (Zurigo, Svizzera) si sono impegnati a rispettare il Codice di condotta per prevenire abusi di potere e aggressioni. La specialista in prevenzione Karin Iten spiega di cosa si tratta.
«Inizierò con le citazioni delle persone colpite, che mostrano chiaramente una cosa: l’abuso sessuale nella Chiesa Cattolica non può essere affrontato senza considerare l’abuso spirituale e il potere spirituale.
Cito: «Nell’obbedienza richiesta a Dio, ha esercitato su di me una tale compulsione che mi sono sottomessa a lui e ho continuato a rendermi disponibile sessualmente». «Sono stato completamente alla sua mercé, sia internamente che esternamente, per l’interpretazione di brani biblici, preghiere ed eventi religiosi. Non c’era scampo». Oppure: «Non sembravano persone che volessero impormi le loro idee, ma Dio stesso, di cui volevo fare la volontà. Quindi non c’era spazio per contraddirle». Le citazioni provengono dall’ottimo libro Raccontare come resistenza.
Accoppiamento tossico di potere e spiritualità
L’accoppiamento di potere e spiritualità, o il potere unilaterale di definire le questioni spirituali, è tossico, perché elevare esageratamente il proprio livello comporta sempre la svalutazione dall’altro, e la svalutazione viola semplicemente la dignità dell’altro. Tutto può essere legittimato con l’esaltazione spirituale: la costrizione, l’appropriazione, la violazione dei limiti, anche la sofferenza.
Leggo altre citazioni: «L’impressione che inevitabilmente si è sviluppata è stata che la sofferenza sia in qualche modo una parte necessaria del percorso spirituale, e non sia un motivo per cambiare qualcosa o per metterlo in discussione». «Pensavo che Dio volesse tutta la vita. Non c’erano eccessi e limiti nell’isola del vero cristianesimo, degli eletti e dei beati».
Questo ci ha spinto a concentrare il Codice di condotta sulla gestione del potere.
Strutture di potere inerti
Ebbene: il potere si manifesta in molte sfaccettature nella Chiesa Cattolica: nelle posizioni dirigenziali sul posto di lavoro della Chiesa, o nella pastorale e nella catechesi per i minori o gli adulti.
Il potere è distribuito in modo estremamente diseguale anche nella Chiesa Cattolica – è legato al genere e allo status religioso -, che sicuramente non garantisce una qualità sufficiente nel trattare con il potere.
Le strutture di potere sono estremamente rigide nella Chiesa Cattolica, perché purtroppo la rinuncia ai privilegi non è ancora una cosa ovvia. Finora non si è riflettuto abbastanza sul potere nel contesto ecclesiastico, che è fin troppo spesso mascherato e dissimulato come “servizio alle persone”, come “misericordia” o, come già citato, come “dato da Dio”.
Per noi, come responsabili della prevenzione, una cosa è chiara: la gestione del potere deve cambiare se la Chiesa Cattolica vuole perseguire una seria prevenzione degli abusi spirituali e sessuali. E non domani, ma oggi.
Accoppiamento potere e qualità/professionalità
Quello che quindi vogliamo qui e ora, cioè subito con il Codice di condotta, è l’accoppiamento del potere con la responsabilità, con la trasparenza, con la riflessione e con la capacità di confronto. Chi ha il potere deve semplicemente fornire qualità e professionalità.
Il potere – sia nella posizione dirigenziale che nella pastorale – richiede competenze professionali, personali e sociali, e personalità mature.
Il Codice di condotta presenta in modo molto chiaro i rischi legati al potere, e formula aspettative concrete sulle posizioni di potere. Parliamo di gestione del rischio quando si ha a che fare con il potere: così facendo, ci concentriamo sulle zone grigie, cioè le azioni non criminali, ma delicate. L’area rossa riguarda le violazioni del diritto penale. Solo i sospetti in rosso riguardano le forze dell’ordine statali, motivo per cui non vengono discussi. L’area grigia riguarda la cattiva condotta che non ha rilevanza penale, ma produce inquietudine e deve ancora essere corretta. Qui la Chiesa stessa deve definire la qualità. Il Codice di condotta rientra quindi nella gestione dei rischi relativi al potere.
Atteggiamenti in posizioni di potere
Nella prima parte, il Codice affronta gli atteggiamenti fondamentali nelle posizioni di potere, cioè in prima persona, poiché ogni persona nel lavoro ecclesiale ha spazi di potere che devono essere attentamente considerati e plasmati. Affrontare il potere in un modo rispettoso dei limiti inizia con l’autoriflessione. Ogni persona deve sentirsi coinvolta in prima persona. Gli atteggiamenti di base includono modestia, chiarezza sui ruoli, apprezzamento o disponibilità alla critica.
Leggo una frase del Codice di condotta: «Non mi immunizzo contro le critiche, ad esempio respingendo e minimizzando le critiche, o nascondendomi dietro il mio incarico». Questo è un atteggiamento, un primo passo; ovviamente, per il secondo passo sono necessarie voci critiche, che siano coltivate e istituzionalizzate a molti livelli nella gerarchia cattolica. Questo è anche il modo in cui vediamo il nostro ruolo di responsabili della prevenzione, come l’istituzionalizzazione delle critiche ammissibili.
Standard di qualità nell’affrontare il potere
Il Codice di condotta formula anche aspettative chiare e verificabili sulle posizioni di potere, i cosiddetti “controlli” o “standard di qualità”. Come suggerisce il nome, il Codice di condotta non è solo un documento generico.
Con l’indicazione di situazioni concrete contiamo su un cambiamento culturale che parta dai comportamenti pratici nella vita di tutti i giorni. Questo comportamento è osservato, atteso e reciprocamente richiesto da tutti i responsabili, vescovo compreso, e anche dagli specialisti nella Chiesa stessa.
I temi sono diversi: si va dagli standard per l’autodeterminazione spirituale, alla demarcazione tra lavoro e vita privata, ai controlli per l’assistenza, per la vicinanza o per la comunicazione in una posizione di potere.
Spazi di dialogo e di potere
Anche i vari punti del Codice di condotta sono formulati in modo specifico per poter essere discussi nella vita di tutti i giorni. La qualità nella zona grigia comprende spazi di dialogo, cultura del confronto e trasparenza.
La qualità nelle posizioni di potere non può essere raggiunta attraverso dei documenti, ma solo attraverso una nuova cultura di squadra, in cui le correzioni vengono apportate tempestivamente e con calma quando gli individui si muovono al di fuori del consenso.
Hannah Arendt diceva già nel 1970: «Qualcuno ha potere solo finché la comunità riconosce questo potere. Per attivare il potere dei team, ci deve essere uno spazio intermedio che si crea attraverso l’agire e il parlare insieme». Lo affermiamo chiaramente anche con il Codice di condotta: la Chiesa Cattolica ha aree di potere in ogni diocesi, in ogni chiesa cantonale, in ogni parrocchia, che possono essere organizzate con maggiore attenzione. Nessuna comunità può nascondersi dietro la potente Chiesa mondiale quando si tratta di affrontare il potere e di plasmare le proprie posizioni di potere. In caso contrario, avviene la dispersione della responsabilità.
Attuazione e azione
Il Codice di condotta richiede l’attuazione concreta degli standard, perché le belle parole o una firma, da sole, non bastano. Il Codice di condotta dovrebbe essere visibile nella vita quotidiana della Chiesa a partire da domani.
Le persone sono protette dall’abuso di potere solo facendo, agendo, attuando, mai con pure dichiarazioni di intenti.
L’azione richiede anche una cultura di leadership consapevole e professionale. Ecco perché il Codice di condotta è chiaramente rivolto anche ai dirigenti in contesti in cui il potere è stato precedentemente accumulato. Ciò che le autorità offrono come esempio può davvero arrivare alla base della pastorale. Sono quindi molto lieto che tutti i responsabili delle sette chiese cantonali e di tutte le regioni della diocesi – e in particolare il vescovo Joseph Maria Bonnemain – sostengano il Codice di condotta, lo firmino, e soprattutto lo applichino di persona. Con la firma, il vero lavoro di prevenzione è soltanto all’inizio.
Processo partecipativo sul Codice di condotta
Inoltre, il Codice di condotta non è qualcosa che i due addetti alla prevenzione hanno elaborato alle loro scrivanie, ma è stato sviluppato in maniera partecipata sulla base di tutti i campi professionali. Molti standard sono già stati implementati in questo modo, altri sono stati fissati di recente. Gli esempi sono stati raccolti in diversi corsi di formazione, e condensati in un gruppo di lavoro.
Il Codice è stato poi discusso a livello dirigenziale in più fasi. Anche le vittime hanno potuto fornire il loro feedback.
Anche un tema scottante, ad esempio la moralità sessuale
Non è scontato che il Codice sia ampiamente sostenuto. Inoltre non evitiamo le questioni scottanti, specialmente quelle della moralità sessuale. A proposito di morale sessuale, leggo di nuovo le citazioni delle vittime: «Per me, è stato un abuso di potere quando mi è stato offerto un lavoro in cambio di informazioni sui miei rapporti sessuali». «Mi ha toccato dappertutto, tranne che nell’intimo, che ha evitato scrupolosamente (perché era un peccato). Stava molto attento che non ottenessi alcuna soddisfazione (perché anche quello era un peccato)».
Il moralismo sessuale, ostile alla gioia, manda in frantumi le persone, non solo coloro che sono ovviamente vittime di abuso, ma anche coloro a cui nel sistema Chiesa non è permesso vivere ciò che è parte della loro umanità, cioè parte della vita.
Nel sistema cattolico, questo moralismo sessuale misantropico viene spesso abbellito, edulcorato; altrove, esso rappresenta un accanimento che nasce da una visione assai ristretta. Anche qui la diocesi di Coira prende posizione e mostra una chiara apertura verso l’autodeterminazione. Sono davvero felice che il vescovo Joseph Maria e tutti i vicari generali abbiano confermato questo punto nella sezione “Come rispettare l’autodeterminazione sessuale?” e si siano quindi esposti in pieno.
Persone che imparano
La prevenzione dell’abuso di potere si basa sull’apprendimento delle persone e sui sistemi di apprendimento. In questo senso, il Codice di condotta è uno strumento che promuove l’apprendimento individuale e collettivo nella Chiesa Cattolica. Siamo convinti che la Chiesa possa offrire a molte persone una casa spirituale più solidale e attenta ai limiti”.
Nota: il «Codice di condotta per trattare con il potere – Prevenzione degli abusi spirituali e dello sfruttamento sessuale» può essere trovato qui .
Le singole dichiarazioni della conferenza stampa sono reperibili sul sito web della diocesi .
Testo originale: Neuer Verhaltenskodex