La fatica di essere se stessi. Viaggio nel mondo distopico di Omocrazia
Intervista di Silvia Lanzi, volontaria del Progetto Gionata, ad Adriano Bernasconi
Cosa succederebbe se, in un mondo omosessuale, ti trovassi a riconsiderare e a stravolgere la tua vita perché ti ritrovi ad amare una persona del sesso opposto? È quel che succede ad Esteban, giovane uomo apparentemente di successo che ha un lavoro che gli dà molte soddisfazioni e un marito innamorato, protagonista del romanzo d’esordio di Adriano Bernasconi Omocrazia, che deve decidere tra il continuare una vita di facciata o seguire il suo sé più profondo, incorrendo nello stigma sociale.
Siccome questo articolo non è uno spoiler, lascerò a voi lettori la scoperta – piacevole – delle avventure di Esteban e dell’intreccio del libro.
Quello che vorrei dire qui è che Omocrazia è una storia ben costruita che gioca su diversi piani, in cui si interseca il tempo (il presente si interseca al passato e, in qualche modo, anche al futuro), le voci (di tratta di un romanzo corale) e la storia (la distopia presentata nel romanzo assomiglia molto al nostro mondo, al rovescio…). Ed ora lascio la parola a Adriano che ha avuto la cortesia di rispondere a qualche mia domanda.
Che tipo di studi hai fatto? Nel tuo libro echeggiano molte reminiscenze classiche, anche a prescindere dalla dualità erastes/eromenos
Ho fatto il liceo scientifico con indirizzo artistico e, successivamente, l’accademia di belle arti. Mi sarebbe piaciuto enormemente fare il liceo classico anziché scientifico, ma non è mai esistito un classico ad indirizzo artistico e data la mia passione, fin da piccolo, per il disegno, ho seguito il percorso degli studi artistici fino ad oggi, dato che sono insegnante di arte alle scuole medie. Pertanto manca, nella mia formazione, lo studio del greco e del latino… un vero peccato, perché il mondo classico mi ha sempre affascinato e ho sempre cercato di approfondire, sia al liceo che in seguito, lo studio della storia e della filosofia di quella che è considerata la culla della civiltà occidentale.
Descrivi in modo assolutamente puntuale e profondamente vero il travaglio artistico, il rapporto di Isabeau con la scrittura, come solo uno scrittore ispirato sa fare. Per cui ti chiedo, sei tu Isabeau (per chi sia Isabeau, vi rimando alla lettura del libro)?
Ti ringrazio per il “vero scrittore”, anche se penso che aver scritto uno o più romanzi non faccia di me, quantomeno per ora, uno scrittore… però è sempre un punto di partenza! Sono io Isabeu? Sì, io sono al contempo lei ed Esteban: entrambi i protagonisti rappresentano alcuni aspetti di me e del mio modo di vedere il mondo. Se Esteban è il mio essere insegnante, Isabeu è la parte più combattiva di me, ma è anche quella dello scrittore che vuole scrivere per parlare di temi importanti. Allo stesso tempo, però, Isabeu è anche una mia carissima amica, Esperance, che ha fatto la difficile e meravigliosa scelta di essere una scrittrice nella vita.
Un libro corale, dove ogni filo si intesse agli altri formando un arazzo…
Sì, “la nostra è una storia collettiva” è il Leitmotiv del romanzo e anche un’idea fondante della mia vita. L’idea, cioè, che nessuno di noi possa concepirsi come un’isola separata dal resto del mondo – perché facciamo parte del mondo e ciò che capita nel mondo ha conseguenze anche nella nostra vita quotidiana. Ecco perché tutti, nessuno escluso, dobbiamo fare la nostra parte e combattere contro le ingiustizie che osserviamo nel quotidiano e difendere quei valori e quelle cose che sono al contempo importanti e fragili. Come dico nel capitolo introduttivo della seconda parte del romanzo, non ha senso curare il proprio piccolo orticello mentre la città brucia.
Per chi ha un minimo di infarinatura di storia LGBT, i Moti di Place Royale somigliano fin troppo alla rivolta di Stonewall…
Dato che Omocrazia è una distopia, vuole creare uno specchio che mostri una realtà al contempo simile e diversa da quella del nostro mondo. Ci sono richiami a diversi eventi del mondo reale. I Moti di Place Royale, l’avvenimento centrale del romanzo che cambierà i destini dei protagonisti e del loro mondo, sono palesemente ispirati a quelli di Stonewall. In entrambi i casi si tratta di situazioni nelle quali una lunga e dolorosa repressione di una minoranza è sfociata in un’aperta ribellione contro le regole ingiuste e contro la prepotenza delle autorità. Entrambi sono anche un esempio di come una minoranza repressa possa trovare la forza di unirsi, di reagire, di lottare per i propri diritti e smettere di soccombere e subire. Di nuovo, è una storia collettiva.
L’hai già scritto nella postfazione ma, per chi non avesse ancora letto il tuo libro, ci puoi ricordare da dove hai tratto ispirazione?
Tutto è iniziato con un corso pomeridiano che tenevo in un liceo di Brescia assieme ad altri due relatori, uno dei quali è il prof. Manni, un mio ex insegnante e caro amico. Il tema erano le distopie e per preparare le lezioni mi ero riletto e studiato libri, film e fumetti sul tema. Tra tutti, ricordo i capisaldi come 1984 di Orwell o Fahrenheit 451 di Bradbury. Mentre tenevo quelle lezioni m’è balenata in mente l’idea per una distopia su un tema che non avevo trovato nella mia trattazione, cioè quello dei diritti civili delle persone omosessuali. L’altro spunto importante mi è venuto da un progetto mai realizzato da Pier Paolo Pasolini, cioè il film che avrebbe dovuto seguire Salò – uscito postumo – e che avrebbe parlato di due città, Sodoma e Gomorra, nelle quali la minoranza repressa sarebbe stata quella eterosessuale.
Che rapporto hai con Dio? O meglio, credi che la Chiesa, come il Tempio, sia così arroccata nelle sue posizioni e così difficile da smuovere?
Sono credente, sebbene io sia una persona che ha fiducia nella ragione e nella scienza. Diciamo che ho sempre cercato di approfondire l’argomento, in modo da non avere una fede infantile ma adulta e il più razionale possibile. Per quanto riguarda la Chiesa, bisognerebbe distinguere le gerarchie ecclesiastiche dalla comunità dei credenti, dato che chiamiamo entrambe con lo stesso termine.
Anche se l’attuale papa, Francesco, ha fatto notevoli passi avanti rispetto ai suoi predecessori, è difficile cambiare nel giro di pochi anni le posizioni di un’istituzione bimillenaria. Ci vorrà del tempo, forse anche più di quanto la mia vita possa durare, ma credo che le gerarchie ecclesiastiche finiranno col rivedere le loro posizioni, così come è già accaduto in passato su molti argomenti. Inoltre, al di fuori della Chiesa cattolica esistono altre confessioni, come quella valdese, che hanno dichiarato l’omosessualità compatibile col messaggio di Cristo, pertanto quel giorno non è davvero così lontano.
Il libro di Adriano è un libro fresco e molto ben scritto, al cui centro c’è la storia di un uomo e una donna che si amano – cosa assai pericolosa in una società il cui motto è “I simili coi simili”. È anche un libro in cui molte persone, con i loro pensieri e le loro azioni, contribuiscono in modo preponderante alla trama – che come vi ho detto non vi svelerò, perché vorrei davvero invitarvi alla lettura.
Sappiate solo che è un opera d’esordio molto, ma molto ben riuscita.
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Adriano Bernasconi, Omocrazia, pp.224, Gilgamesh edizioni, 2015