La fede, le veglie e l’omosessualità. Perché “l’amore di Cristo è dato per tutti”
Intervista di Andrea Panerini a Debora Spini, Vicepresidente del Concistoro valdese di Firenze
Debora Spini è Vicepresidente del Concistoro valdese di Firenze e da molti anni esponente di questa comunità. Insegna Political Theory alla Syracuse University in Florence e Filosofia sociale alla facoltà di Scienza politiche dell’Università di Firenze. In questa intervista riflette alla luce del suo cammino nela chiesa valdese su fede, omosessualità e le veglie di preghiera per le vittime dell’omofobia e ci ricorda che “l’amore di Cristo è dato per tutti”.
Qual è il tuo ruolo nella comunità valdese di Firenze?
Il Concistoro è un gruppo di lavoro esecutivo che mette in atto quello che è deciso dall’Assemblea di chiesa che è l’organo decisionale delle comunità locali. Io sono la vicepresidente e devo dire che mi piace questo nostro mondo lilliput, forgiato su un modello parlamentare, dove dobbiamo rendere sempre conto delle decisione prese.
Che cosa significa nella tua vita la chiesa valdese?
E’ come chiedere a un pesce che cosa è l’acqua. La chiesa valdese è stata il mio brodo di coltura C’è un forte senso di appartenenza che non è tanto di carattere etnico-geografico ma culturale, soprattutto qui in Toscana dove non siamo nelle valli valdesi. Crescere nella chiesa valdese è crescere in un ambiente dove si respira libertà.
Mi sono confermata giovane, a 17 anni, e il contatto con le donne delle nostre comunità è stato sempre molto importante per me, un ruolo di liberazione. Ho votato prima per la nostra assemblea di chiesa che non per le elezioni politiche italiane.
Stare in chiesa valdese significa accettare un autogoverno degli altri e di sé, certo la democrazia è faticosa ma non la baratterei per il quieto vivere sotto chi ti dice cosa devi e cosa non devi fare. M
i viene in mente una immagine, molto bella: in un nostro culto una predicatrice laica con bambina al seguito che presiede la Cena del Signore e questa bambina che corre dalla madre che la prende in braccio dietro il tavolo della Cena. Ecco una immagine efficace della chiesa valdese.
Che cosa è per te la famiglia?
Ho sempre avuto orrore delle famiglie asfittiche, paura della sterile retorica. Le famiglie sono anche luoghi di peccato e di difficoltà. Hobbes diceva che le madri dovevano avere maggiore potestà sui figli, il che però implicava anche maggiore occasione di fare cose negative, un potere terribile.
L’etica del sacrificio è alla base del concetto di famiglia, fare del proprio meglio pur essendo consapevoli del proprio peccato. Questa è la tradizione positiva che lascia il protestantesimo. Una famiglia è un luogo dove si può dire quello che è mio è tuo non solo dal punto di vista materiale ma soprattutto emotivo. E’ dove due o più persone si vogliono bene al di là del loro sesso od orientamento sessuale. Non è necessario che ci siano dei figli per formare una famiglia, anche se sono un dono del Signore e un esercizio di gioventù emotiva.
Perché la comunità valdese di Firenze ha aderito alle veglie per le vittime dell’omofobia?
Perché crediamo che l’amore del Signore riguardi tutte le sue creature e che noi, tutti peccatori, non possiamo davvero permetterci di giudicare altri fratelli e sorelle in base al loro orientamento sessuale ma solo accoglierli con tutto l’amore di cui si è capaci. L’omofobia è un peccato molto grave di fronte a Dio e agli uomini.
A Firenze l’adesione è stata praticamente unanime e voglio ricordare un bell’intervento del professor Marco Ricca che era a favore del documento elaborato dal GLOM (Gruppo di lavoro sull’omosessualità) circa la proposta di benedizioni della coppie omosessuali nelle nostre chiese.
L’omosessualità è una scelta o una componente innata dell’essere umano?
Non lo so con certezza. Una radice genetica? Non è rilevante, quello che è importante è il basilare diritto di vivere con sé stessi, nel rispetto di sé e degli altri. Che cosa è contro natura? E’ un discorso rischioso e complicato. Quanto di naturale c’è veramente nella nostra genitorialità e quanto invece di culturale? Sono tutti quesiti aperti e sarebbe arroganza dichiarare di avere in tasca la verità.
La chiesa valdese è abbastanza isolata nelle sue posizioni etiche, anche sull’omosessualità, nell’universo cristiano e protestante. Quale è la sua specificità?
La chiesa valdese ha un sano impianto calvinista. Non si può fondere parola di Dio e legge naturale, sempre ammesso che questa ultima esista sul serio. Il ruolo della chiesa è quello di portare all’umanità l’evangelo e non di giudicare gli altri sulla base di una presunta legge naturale.
Siamo tutti peccatori e non è detto che un “normale” matrimonio eterosessuale con un paio di figli e un cane sia più vicino a Dio di una coppia omosessuale che si ama da molti anni. L’approccio storico-ermeneutico alla Bibbia è fondamentale, se si va a leggerla in senso letteralistico condanna i gay come autorizza la vendita delle figlie come schiave.
Se un giorno tuo figlio ti dicesse che è omosessuale come reagiresti?
Mio figlio a sette anni mi chiese: perché la gente odia gli omosessuali? Se Daniele un giorno mi dicesse questa cosa non mi farebbe né caldo né freddo e credo anche lui non si farebbe problemi ma direi: oddio un altro maschio in famiglia! Come donna dovrei essere messa sotto tutela dal WWF…
Poi certo si spera sempre di diventare nonni ma non è detto che in Italia non si arrivi alle adozioni per le coppie gay, alla fine i figli adottati sono figli due volte e una coppia omosessuale può amare un figlio come una eterosessuale. Solo se portassero prove scientifiche inconfutabili che questo reca un danno al bambino mi opporrei. La società italiana non è molta avanzata in questo senso.
La cosa più importante è che i bambini devono essere in mezzo all’amore, non possono diventare un manifesto ideologico. Conosco molte coppie omosessuali alle quali darei tranquillamente un figlio.
Che cosa vorresti fossero le veglie del 4 aprile 2008?
Vorrei che fossero un momento di comunione e di fraternità cristiana per celebrare l’amore di Cristo che è stato dato per tutti, un segnale di accoglienza e partecipazione. Il Signore si preoccupa di chi odia e non di chi ama. Il fatto che siano contemporanee all’anniversario della morte di Martin Luther King è una buona cosa, non mi disturba di certo. Per una lotta che tende ai diritti civili è un messaggio importante.
Vivere una vita piena e intensa è un diritto e non un privilegio. Le battaglie per i diritti civili sono testimonianze di amore cristiano ma forse in molti casi si sta perdendo questo significato profondo. Si è cittadini a prescindere dal vivere una “vita buona” come invece diceva Aristotele. E’ la visione tomistica che ha Ratzinger. Ma quale autorità terrena può dire quale è una “vita buona”?
La vita politica serve a sviluppare una “vita buona” in una visione etico-morale che nel caso di Ratzinger prende la sua fonte dal magistero della chiesa cattolica romana e dal cesarismo papale. Ma se si dice che il discorso politico si basa su una presunta legge naturale tutto diventa una gabbia. Si deve difendere il diritto politico e civile di vivere come si vuole nella misura in cui non si ledono i diritti degli altri.
Lo stato non può arrogarsi il diritto di giudicare la vita privata dei cittadini, altrimenti si passa ad una visione hegeliana e sostanzialmente totalitaria, che forse piacerebbe tanto dalle parti del Vaticano ma che dobbiamo rifiutare. Lo stato deve tutelare la libertà dei propri cittadini e riconoscere situazioni sociali di fatto senza esprimere un giudizio di nessun tipo.