La “frociaggine” mette a nudo le contraddizioni della Chiesa di papa Francesco sull’omosessualità
Articolo di Emma Bubola* e Elisabetta Povoledo** pubblicato sul sito del The New York Times (Stati Uniti) il 22 giugno 2024 liberamente tradotto da Luigi e Valeria de La Tenda di Gionata
Quando si è diffusa la notizia che Papa Francesco aveva usato un insulto offensivo riferendosi agli uomini gay mentre parlava ai vescovi italiani durante una conferenza il mese scorso, molti cattolici sono rimasti scioccati e sconcertati. Come può un Papa, noto per la sua apertura e accettazione delle persone LGBTQ+, usare uno slang omofobico e mettere in guardia i prelati dall’ammettere uomini gay nei seminari?
Ma la domanda e l’apparente incoerenza dei messaggi di Francesco riflettono le profonde contraddizioni e tensioni che sono alla base del rapporto della Chiesa cattolica romana e di Francesco con l’omosessualità.
La Chiesa ritiene che le «tendenze omosessuali» siano «intrinsecamente disordinate». Quando si tratta di ordinazione sacerdotale, le linee guida della Chiesa affermano che le persone con «tendenze omosessuali profondamente radicate» non dovrebbero diventare sacerdoti.
Tuttavia, l’ordinazione è stata a lungo anche una sorta di rifugio per gli omosessuali cattolici, secondo quanto dicono gli studiosi dell’argomento e gli stessi sacerdoti, i quali affermano che migliaia di ecclesiastici sono gay, anche se solo pochi hanno rivelato apertamente il loro orientamento sessuale a causa dello stigma che questa condizione porta ancora con sé nella Chiesa.
Mentre in passato tutte queste contraddizioni sono state mantenute sotto silenzio da un’atmosfera di tabù, i recenti commenti fuori dalle righe di Francesco le hanno portate allo scoperto.
«Il Papa ha tolto il velo», ha detto Francesco Lepore, un ex latinista del Vaticano che ha lasciato la Chiesa, si è dichiarato gay ed è diventato un attivista.
La questione è complicata dal fatto che si sono accumulati nel tempo pregiudizi di lunga data, e lo scandalo degli abusi sessuali emerso due decenni fa ha fatto esplodere le accuse di alcuni vescovi e dei media conservatori della Chiesa, secondo cui la colpa sarebbe dell’omosessualità, anche se gli studi scientifici hanno ampiamente dimostrato che non c’è alcun legame tra l’essere gay e l’abuso di minori.
Nonostante l’evoluzione della società e la scelta di Francesco di portare avanti uno stile di approccio più aperto, la dottrina della Chiesa descrive ancora l’omosessualità come una devianza e ha sancito questa visione in regolamenti e restrizioni che, secondo coloro che criticano queste posizioni, perpetuano una diffusa visione omofobica e alimentano le tensioni.
«Finché non cambieranno la legge, finché l’omosessualità sarà vista come una devianza e una malattia, nulla cambierà sotto la cupola di San Pietro», ha detto Luciano Tirinnanzi, che ha scritto un libro sulle persone LGBTQ+ e la Chiesa.
Eppure, la presenza di preti gay è stata una costante nel corso della storia. San Pier Damiani, un monaco dell’XI secolo, ha combattuto contro i «peccati di sodomia» nella Chiesa. Dante Alighieri punì i chierici gay facendoli precipitare all’inferno nella sua Divina Commedia, e ci sono casi documentati risalenti al XVI secolo di prelati accusati di aver compiuto atti omosessuali e giustiziati per questo motivo. (In realtà, abbondano anche le testimonianze di sacerdoti, e persino di cardinali e papi, che avevano relazioni con donne e che hanno persino avuto dei figli).
Gli accademici e i prelati che promuovono i diritti delle persone LGBTQ+ affermano che per i cattolici gay diventare sacerdote è stato a lungo visto come un modo per neutralizzare e superare lo stigma sociale un tempo associato al loro orientamento sessuale, e forse anche per sopprimerlo grazie all’impegno al celibato.
«Una grande quantità di giovani religiosi con tendenze omosessuali ha cercato la sublimazione del celibato», ha detto Alberto Melloni, storico della Chiesa italiana.
È difficile sapere con esattezza quanti sacerdoti siano gay, poiché non esistono statistiche attendibili, ma negli Stati Uniti gli omosessuali rappresentano probabilmente almeno il 30-40% del clero cattolico, secondo un gran numero di valutazioni di studiosi e sacerdoti gay raccolte in un’inchiesta del 2019 del New York Times. Alcuni sacerdoti e attivisti sostengono che la percentuale sia più vicina al 75%.
«La Chiesa cattolica non sarebbe in grado di andare avanti senza i suoi sacerdoti gay», ha dichiarato Francis DeBernardo, direttore esecutivo di New Ways Ministry, un gruppo con sede nel Maryland che sostiene i cattolici gay. «Questo è un dato di fatto».
Ma questo è anche un fatto che mette in difficoltà molti all’interno della Chiesa.
Il mese scorso, Francesco ha detto che c’è già troppa omosessualità, anche se ha usato un termine volgare per descriverla, secondo due vescovi che hanno partecipato alla conferenza e hanno confermato le notizie diffuse dai media italiani, i quali hanno costretto il Vaticano a rilasciare un comunicato di scuse. Alla richiesta circa i motivi per l’uso di un insulto da parte di Francesco, i vescovi ne hanno attribuito la colpa allo stile di conversazione colloquiale e colorito di Francesco.
«Quando ci sono discorsi ufficiali, il Papa studia, ma quando parla a braccio, può anche scappare una parola non del tutto idonea», ha detto Luigi Mansi, vescovo di Andria.
Monsignor Francesco Savino, vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, ha attribuito la colpa al fatto che Francesco non è di madrelingua italiana. «Quando parla, usa termini che sono un misto di spagnolo, argentino e italiano», ha detto.
Tuttavia, anche se l’uso di una parola offensiva è certamente una cosa sorprendente, non è la prima volta che Francesco trasmette con le sue parole l’opposizione della Chiesa all’ingresso di uomini omosessuali nel ministero sacerdotale.
Pur riconoscendo che molti sacerdoti omosessuali sono buoni e santi, Francesco ha ripetutamente espresso la preoccupazione che i candidati omosessuali al sacerdozio possano finire per avere relazioni e vivere una doppia vita.
In un’altra sessione a porte chiuse del 2018, riportata dai media italiani, ha detto che gli uomini con «tendenze omosessuali profondamente radicate» non dovrebbero essere ammessi nei seminari.
Due anni prima, il Papa aveva dato il via libera a un documento sulle vocazioni sacerdotali che affermava proprio questo, riprendendo un documento del 2005 approvato da Benedetto XVI.
Il clero ha interpretato queste indicazioni in modi diversi. La Chiesa afferma che «gli uomini omosessuali non dovrebbero essere ammessi all’ordinazione sacerdotale», ha detto Piero Delbosco, vescovo di Cuneo, aggiungendo che ci potrebbe essere un certo margine di manovra nella valutazione della possibilità che un candidato superi le tendenze omosessuali.
Altri, come monsignor Mansi, affermano che «la Chiesa non dice che i gay non possono essere ordinati». Ma, ha aggiunto, la Chiesa ritiene che l’ordinazione dovrebbe essere evitata perché è più difficile per gli uomini gay «osservare e rispettare il celibato per tutta la vita». Gli esperti e i prelati che promuovono i diritti delle persone LGBTQ+ si oppongono con forza a questa affermazione.
«Ci sono tre modi in cui questo messaggio del Papa viene interpretato», ha detto padre James Martin, un sacerdote noto per il suo impegno di alto profilo nel rendere la Chiesa più accogliente per i cattolici gay. «Si tratta di un no ai seminaristi omosessuali, di un no alle persone che non possono mantenere il celibato, o di un no a tutti coloro per i quali questa è la cosa più importante della loro vita».
Secondo alcuni, il messaggio di Francesco ha solo aumentato la confusione.
«Deve chiarire un po’ meglio il suo messaggio, perché genera confusione», ha detto DeBernardo. «Non aiuta la situazione, la rende problematica».
La confusione, secondo i critici, offusca la linea di demarcazione tra celibato e omosessualità, spostando l’attenzione da una legittima preoccupazione per i sacerdoti che non sono casti a una stigmatizzazione generalizzata di tutto il clero gay. Questo, a loro dire, può far sì che ad alcuni gay potenzialmente celibi venga preclusa l’ordinazione e che molti altri debbano semplicemente nascondere il proprio orientamento sessuale.
La Conferenza Episcopale Italiana ha adottato nuove regole che riguardano specificamente l’ordinazione di sacerdoti gay in Italia, ha detto monsignor Savino. Le regole, che sono in attesa di approvazione da parte del Vaticano, non sono ancora pubbliche.
L’insulto usato da papa Francesco è stato indotto da una domanda di un vescovo italiano sulla questione, hanno detto i vescovi.
Il tema dell’omosessualità, ha detto monsignor Savino, è «molto dibattuto» al momento, in quanto i vescovi con un approccio più «pragmatico» e «dinamico» vorrebbero aggiornare le regole. Ma le spinte progressiste all’interno della Chiesa si scontrano spesso con reazioni contrarie e pregiudizi.
Francesco deve mantenere un delicatissimo equilibrio tra un messaggio di apertura e inclusione e il riconoscimento della sensibilità più conservatrice di quella parte della Chiesa che rimane fermamente anti-gay.
Quando l’anno scorso Francesco ha dato la possibilità ai sacerdoti di benedire le coppie dello stesso sesso, alcuni vescovi dei settori più conservatori della Chiesa hanno reagito male. Per tranquillizzarli, il Vaticano ha rilasciato una dichiarazione in cui si diceva che si sarebbe dovuto tenere conto della «cultura locale» nell’applicazione della dichiarazione, ma che questa sarebbe rimasta una scelta della Chiesa.
Intervistati sull’argomento, alcuni vescovi hanno parlato dell’omosessualità come di una condizione «patologica», di un «problema» o hanno usato espressioni come «sessualità normale» per riferirsi all’eterosessualità in contrapposizione all’omosessualità.
Anche le indicazioni della dottrina della Chiesa che fanno riferimento a «tendenze omosessuali profonde» sono «offensive», ha detto Lepore, perché trasmettono il messaggio che l’omosessualità può essere transitoria, guaribile e superabile. Ha aggiunto che i messaggi di apertura di Francesco, certamente efficaci, saranno inevitabilmente compromessi se la dottrina della Chiesa e gran parte del clero continueranno a considerare l’omosessualità una malattia e non un orientamento sessuale.
«Le difficoltà, le spaccature che la Chiesa vive», ha detto. «Tutto nasce da lì».
*Emma Bubola è una giornalista del Times che vive a Londra e si occupa di notizie in Europa e nel mondo.
**Elisabetta Povoledo è una giornalista di Roma che si occupa di Italia, Vaticano e notizie culturali della regione. È giornalista da 35 anni.
Testo originale: Slur by Francis Lays Bare the Church’s Contradictions on Homosexuality