Come negli anni ’80 la mobilitazione degli attivisti contro l’AIDS ha fatto la differenza
Articolo di Sarah Hotchkiss* pubblicato sul sito KQED (Stati Uniti) l’11 giugno 2019, liberamente tradotto da Silvia Lanzi, parte seconda
ACT UP/SAN FRANCISCO. Formatasi nel 1987 a New York dopo un galvanizzante discorso di Larry Kramer al Lesbian and Gay Community Services Center, l’AIDS Coalition to Unleash Power (ACT UP, Coalizione AIDS per scatenare il potere), era una rete di gruppi di protesta e azione diretta e anarchica che si diffuse in tutto il mondo. A San Francisco un gruppo di attivisti già esistente, AIDS Action Pledge, si unì all’ACT UP e cambio il suo nome diventando ACT UP/San Francisco.
In un opuscolo senza data, intitolato “I nostri obiettivi e richieste”, il gruppo, “unito nella rabbia e nella speranza”, chiede “una massiccia raccolta fondi governativa per la ricerca, la cura, l’educazione, i test anonimi e i trattamenti”. I fondi, argomentavano, si sarebbero potuti prendere dal budget militare.
Il 20 gennaio 1989 i membri di ACT UP/San Francisco fecero un die-in [tipo di protesta nella quale ci si sdraia fingendosi morti, n.d.t.] al Pacific Stock Exchange [la borsa regionale della California, n.d.t.] nella stessa ora in cui, a Washington, George Bush padre inaugurava la sua presidenza. Mente alcuni attivisti si stendevano a terra, altri ne tracciavano la sagoma con il gesso.
Parlando con un megafono, un membro di ACT UP (una donna di nome Brigid) disse alla folla: “Per gli scorsi otto anni questo governo è rimasto noto per quello che non ha fatto. Non si è preso cura delle persone con l’AIDS. Eravamo sacrificabili”. La domanda era: cosa sarebbe successo se il presidente Bush si fosse comportato in modo diverso?
ACT UP/San Francisco avrebbe fatto molte altre dimostrazioni, inclusa una settimana di performance in contemporanea con la Sesta Conferenza Internazionale sull’AIDS, tenutasi a San Francisco nel giugno del 1990. Il giornalista e attivista Tim Kingston, che partecipò a questi eventi, nel 2015 raccontò al giornale 48 Hills “Se ACT UP non avesse spinto così forte, la ricerca medica sull’AIDS ora sarebbe indietro di vent’anni. Nell”87, nessuno aveva mai sentito parlare di ACT UP. Nell’’89, ci stavamo affacciando sulla scena. E nel ’90 eravamo presenti su larga scala”.
SHANTI PROJECT
Chi chiamava il telefono amico della San Francisco AIDS Foundation poteva essere dirottato allo Shanti Project, un’organizzazione di Berkeley fondata nel 1974 per migliorare la salute, la qualità della vita e il benessere di persone con malattie terminali, croniche o invalidanti.
Nel 1982 Bobbi Campbell e Jim Geary, un counselor volontario dello Shanti Project che si occupava di elaborazione del lutto, offrirono incontri settimanali per i pazienti con sarcoma di Karposi, in quel periodo uno dei pochi servizi disponibili per le persone malate, si capì più tardi, di AIDS.
Nel maggio del 1983 la Commissione di Vigilanza di San Francisco stanziò 2,1 milioni di dollari per i primi programmi per l’AIDS, dando allo Shanti Project abbastanza soldi per creare residenze per 48 malati di AIDS senza fissa dimora. (Shilts scrive nel suo libro “And the Band Played On” che per l’AIDS, nel 1982, oltre a questa cifra venne stanziato un altro milione: significava che la spesa della città di San Francisco “superava i fondi dati all’intero paese dal National Institutes of Health per la ricerca extra muros sull’AIDS”).
In un numero del 1984 di Eclipse, il bollettino dello Shanti Project, l’infermiera professionista Helen Schietinger scrive del successo del progetto pensato per aiutare le persone ad avvicinarsi con dignità al fine-vita: “Per molti, lo Shanti Residence Program ha rappresentato la stabilità e la sicurezza che hanno permesso loro di continuare a vivere concentrandosi su ciò che per loro era importante, piuttosto che preoccuparsi di avere un tetto sopra la testa”.
AFFRONTARE IL PARTITO DEMOCRATICO
Nel 1984 la Convention nazionale dei democratici si tenne a San Francisco, e la popolazione LGBTQ+ della città marciò per i loro diritti fondamentali. In cima alla loro lista “Fondi federali immediati e cospicui per fermare l’epidemia di AIDS”.
In una marcia di due miglia dal quartiere gay di Castro al Moscone Center, 100.000 persone riempirono le strade, sperando di creare una scena che avrebbe raggiunto i media nazionali e portato le richieste di gay e lesbiche all’attenzione del resto del Paese.
“Alla Convention del 1984” si legge nei documenti organizzativi, “abbiamo un’opportunità per definire le nostre problematiche e scegliere i nostri portavoce. Se non lo facciamo, i media, che scriveranno senz’altro ‘la storia gay’ di questa convention, sceglieranno per noi”.
In una nota guida di San Francisco, insieme alla logistica del percorso e una scaletta degli intrattenimenti (una commedia di Tom Ammiano), si legge: “Portate un maglione: il tempo cambia in fretta a San Francisco”.
L’AIDS MEMORIAL QUILT
Mentre l’AIDS Memorial Grove nel Golden Gate Park è il luogo ufficiale del ricordo della nazione, L’AIDS Memorial Quilt [il quilt è una tradizionale trapunta cucita a mano, n.d.r.], un progetto iniziato nel 1987, e che ora conta più di 48.000 trapunte individuali, è itinerante.
Ogni trapunta misura 91 centimetri per 183, approssimativamente la misura di una tomba, ognuna di esse commemora un familiare o un caro perduto a causa dell’AIDS, ed è ricamata a mano con simboli personali, oggetti, nomi e date.
La prima mostra pubblica, nell’ottobre 1987, si è svolta al Capitol Mall di Washington con 1.920 trapunte. Un anno dopo, le trapunte tornarono a Washington con più di 8.000 pezzi. L’obiettivo era fare comprendere al governo federale — e al popolo americano — la portata dell’epidemia di AIDS, e il disperato bisogno di aumentare i fondi federali per lottare contro la malattia.
Nella brochure si legge “Con le trapunte possiamo toccare le persone in un modo nuovo e aprire i loro cuori, così capiranno, senza ignorarle, il valore di tutte queste vite perdute”.
Verso la fine degli anni ’80, nove anni dopo i primi casi riportati di CDC, erano morti di AIDS quasi 90.000 americani. Negli anni a venire si sarebbero formati molti altri gruppi che hanno combattuto per avere trattamenti più efficaci per l’AIDS, e contro una burocrazia lentissima che soffocava la ricerca. E molte altre azioni avrebbero messo l’opinione pubblica americana direttamente a confronto con le dimensioni della crisi, usando abilmente la copertura dei media per amplificare il messaggio.
Ma quando nessuno guardava, e nessuno sembrava non interessarsene, gli sforzi dei singoli e dei gruppi come quelli documentati in questi due articoli hanno fatto sì che il popolo americano, e il suo governo, non voltassero più le spalle all’AIDS.
* Sarah Hotchkiss vive a San Francisco, è un’artista e scrive di arte. È coproprietaria dello spazio espositivo Premiere Jr. a San Francisco. Nel 2019 è stata premiata per il suo giornalismo d’arte. È un’appassionata di fantascienza, di cui scrive in un periodico semiregolare chiamato Sci-Fi Sundays. Email: shotchkiss@kqed.org Twitter: @sahotchkiss
Testo originale: While the US Government Sat Idle, AIDS Activism Mobilized in San Francisco