La liberazione era per gli altri. I gay sopravvissuti all’Olocausto
Testo di Lewis Oswald tratto dal sito Homocaust (2004), liberamentre tradotto da Daniela T.
Dopo molti anni di continue persecuzioni e terrore nazista, i sogni di libertà per molti prigionieri dei campi di concentramento divennero finalmente realtà quando, nel 1944, iniziò la Liberazione.
L’esercito tedesco era stato battuto insieme al Terzo Reich e come gli Alleati avanzavano, molti campi (ndr di concentramento) venivano evacuati. Coloro che venivano lasciati indietro erano confusi e perplessi.
Il 24 luglio del 1944, L’esercito Rosso Sovietico giunse al campo di Majdanek e liberò i prigionieri. Presto vennero evacuati altri campi con l’arrivo delle varie truppe di Alleati, sebbene il campo della morte di Auschwitz- non fu liberato fino al 27 gennaio del 1945. La II Guerra Mondiale finì il 7 maggio del 1945, quando il nazismo tedesco si arrese alle Forze Alleate.
Persecuzione continua
Dopo che i campi furono liberati e la situazione delle vittime ebree venne resa nota al mondo intero, la persecuzione degli omosessuali continuò anche nel periodo post-bellico tedesco. Mentre molti sopravvissuti hanno ricostruito le proprie vite e famiglie fuori dai campi profughi, gli omosessuali hanno dovuto affrontare ulteriori persecuzioni ed esclusioni sociali.
Infatti, molti Triangoli Rosa1 sopravvissuti vennero imprigionati nuovamente in base al Paragrafo 1752 , e il tempo trascorso nei campi di concentramento veniva dedotto dalle loro pensioni. Il tempo trascorso nei campi di concentramento contribuì alle loro continue sentenze per la prigione.
Mentre altre vittime dell’olocausto sono state ricompensate dalla perdita delle loro famiglie e dell’istruzione, gli omosessuali sono rimasti dei deviati agli occhi della società post- bellica. Infatti in Germania vennero perseguitati in base al Paragrafo 175 molti più uomini negli anni immediatamente postumi al nazismo.
Silenziosa vergogna
“Nei primi giorni dopo il mio ritorno a casa, i vicini hanno fatto un gran trambusto su questo concentrato di “finocchi” di ritorno dai campi” (cit. tratta da ‘Gay survivor’ di Heinz Heger). I gay sopravvissuti che vennero liberati (in generale non soggetti a ulteriori termini di prigionia) spesso si trovarono emarginati dalla società. Alcuni non furono ben accolti nelle proprie case nel dopo guerra a causa della vergogna che avrebbero portato alla reputazione della famiglia.
Quelli che fecero ritorno spesso tennero la propria esperienza per sé per paura che la brutalità dell’esperienza portasse ulteriori angosce ai membri della famiglia. Alcuni non parlarono mai della propria sofferenza.
Negli anni successive alla guerra molti omosessuali hanno provato a ricominciare le loro vite distrutte; alcuni si sono sposati; altri hanno lottato per trovare l’anonimità nelle proprie comunità; altri ancora sono entrati nelle forze armate.
Il marchio del Triangolo Rosa era chiaramente un fardello pesante e, senza il supporto di amici gay, che si nascondevano o si uccidevano, molti sopravvissuti vivevano in silenziosa vergogna la loro esperienza in segreto. Con il Paragrafo 175 ancora in vigore, molti sopravvissuti trovavano difficoltoso lasciarsi dietro le proprie esperienze per paura di persecuzioni future. Comunque, dopo la “liberazione” alcuni di loro coraggiosamente si batterono per il riconoscimento dei tribunali.
Sopravissuti come Karl Gorath, Heinz Dörmer e Pierre Seel, lottarono per molti anni affinché la loro prigionia venisse condannata. Il tentativo di Gorath per un risarcimento venne respinto sia nel 1953 che nel 1960. Pierre Seel rifiutò di arrendersi e continuò per tutti gli anni ’80 e ’90. Nel Processo di Norimberga del 1945 che seguì la liberazione non vennero neanche menzionati i crimini ai danni degli omosessuali.
Nessuna SS venne mai processata per atrocità contro i prigionieri con il Triangolo Rosa. Molti dei ben noti medici delle SS, che hanno eseguito delle operazioni sugli omosessuali, non hanno mai dovuto pagare per le loro azioni.
Uno dei più noti medici delle SS era Carl Peter Vaernet che eseguì numerosi esperimenti sui detenuti con il Triangolo Rosa nei campi di Buchenwald e Neuengamme. Non è mai stato processato per i suoi crimini e fuggì in Sud America, dove morì da uomo libero nel 1965.
Molti dei Triangoli Rosa sopravvissuti non sono stati riconosciuti come vittime dell’Olocausto durante le loro vite e non hanno vissuto per essere rimpatriati. Per coloro per cui la lotta è continuata, solo dopo molti anni i loro sforzi verranno ricompensati.
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1 Il triangolo rosa (in tedesco, rosa Winkel) era il marchio, di stoffa, che veniva cucito sulla divisa degli internati per omosessualità nei campi di concentramento nazisti.
2 Il Paragrafo 175 (noto come §175 StGB) era una misura del codice penale tedesco in vigore dal 15 maggio 1871 al 10 marzo 1994. Esso considerava un crimine gli atti omosessuali tra uomini, e nelle prime versioni criminalizzava anche la bestialità.
Testo originale: The gay victims of the Holocaust. Liberation