Libertà va cercando. La libertà in una spiritualità laica
Relazione tenuta da Luigi Lombardi Vallauri *, professore di Filosofia del diritto nell’Università di Firenze, al ciclo d’incontri “Libertà va cercando”** l’ 8 gennaio 2008, sbobinatura non rivista dall’autore realizzata da Carlo del gruppo Kairos di Firenze
[…] Sono emozionato, sono grato, qualunque cosa sia l’io che dice sono alla prima persona. Vedremo che, in realtà, non sappiamo cosa significa dire io. Inizio sempre con lo stupore. Oh, com’è strano che nell’universo si siano assemblate riunioni come questa! Costate miliardi di anni di lavoro ignaro. Oh, com’è strano che i piccoli cavolfiore di carne speciale intrisa di sangue – i nostri cervelli – proprio adesso trasformino carne in concetti! Perché non scaturiscono concetti dalla carne del fegato e scaturiscono concetti coscienti dalla carne del cervello che, in fondo, è carne? I carnivori mangiano sia fegati che cervelli di animali e non si vede la differenza.
Oh, com’è strano tutto ciò! Questa sala è una piccola astronave di assorti, che ruota solidale con un pianeta ricco di acque, di cui non sappiamo, se è l’unica sede o una delle sedi di coscienza di questo immenso universo, dal diametro di miliardi di anni luce, cioè di miliardi di volte un anno luce, che è diecimila miliardi di chilometri. Miliardi di volte, decine di migliaia di miliardi di chilometri.
Questo universo, queste dimensioni, sono reali esattamente come le micro dimensioni fiorentine in cui ci troviamo. Ma chi di noi vive questa presenza nell’immane?
Siamo animali domestici, siamo animali utilitaristici, non siamo animali contemplativi. Io vi ho distribuito… Adesso passo improvvisamente dalla meraviglia sull’evento, a quello che devo dire. Ma vorrei che ascoltaste su due canali: il canale dei contenuti (quello che sto dicendo) e il canale dell’evento in corso, questo evento cosmico altamente improbabile, la maturazione naturale e culturale di coscienze, opera di un universo ignaro. Sarei anche molto contento se alle mie spalle non si sentisse il fracasso della preparazione della cena, perché siccome la carne è debole, dopo un po’, tutti penseranno: “Quand’è che si mangia?”. Per cui, se intanto lo tacitiamo, ci pensiamo un po’ meno.
Allora, siamo un’astronave di assorti in contemplazione e vogliamo il risveglio. Nella scaletta che vi ho distribuito io esamino, io, questo cervello che dice io, esamino, successivamente, il concetto di pensiero laico, il concetto di mistica – che sostituisco a spiritualità – e il concetto di libertà. Perché il mio tema è la libertà nella prospettiva di una spiritualità laica.
Sul pensiero laico, cos’è laicità, sorvolo. Però, quelli che hanno avuto la scaletta, che ho distribuito – qui ce ne sono decine di copie, ma adesso credo che sarebbe dispersivo… Del resto, è giusto: quelli che arrivano prima sono i buoni, i buoni devono essere remunerati positivamente…
Inizio con una Religion Kritike direbbero i tedeschi. È uno sport che si pratica in Europa da qualche secolo e consiste nel chiedersi se, quando pensiamo le entità di cui parlano le religioni, pensiamo davvero qualcosa. Potrebbe darsi, per esempio, che concetti come dio o l’anima, fossero delle cose simile al concetto di cerchio quadrato. Allora tutti noi capiamo che cosa significa un cerchio quadrato, e capiamo anche benissimo che, pensando un cerchio quadrato, non stiamo pensando realmente qualcosa. Capiamo benissimo cosa vuol dire “cerchio quadrato” e capiamo che non è una cosa possibile.
Allora in base a una riflessione di quasi tutta la mia vita, tra cui tre anni di filosofia scolastica alla Gregoriana, motivati proprio dalla domanda: “Ma che cosa vuol dire Dio? Esiste Dio?”, io sono giunto alla conclusione che Dio è impensabile, cioè che non è un’idea chiara e distinta e priva di contraddizione, anche se esistesse.
No. Se esistesse sarebbe certamente possibile, reale e logico. Però è difficile che esista, perché a me sembra impensabile. È chiaro che non ha un sesso, quindi non è né maschio né femmina, non è né infinito, né sagomato, né puntiforme, ecc. ecc.
Successivamente, come filosofo del diritto, invitato ad un convegno internazionale, dove feci una delle relazioni principali in Germania, ho dovuto esaminare l’inferno, cioè la giustizia divina che come sapete finisce, per tutti, o in paradiso o all’inferno, dopo una fase purgatoriale. E mi sono convinto che l’inferno è l’ingiustizia assoluta, esaminato dai filosofi del diritto. Perché, in particolare, non è costituzionale. L’inferno è anticostituzionale. E perché è anticostituzionale? Perché viola i tre principi della pena:
1. la proporzionalità tra pena e colpa: una pena infinita per una colpa finita;
2. la umanitarietà: cioè non devono consistere le pene in trattamenti crudeli o degradanti. E il fuoco eterno, anche senza arrivare a Dante, che è mostruoso – fortunatamente gli islamici non si sono interessati a Dante, ma al torace di Calderoli, perché se avessero letto in Dante che Maometto viene segato vivo, tagliato vivo, tza tza tza tza tza, così “dal mento in fin là dove si trulla” (cioè fin là dove si scoreggia), le sue minugia escono dalla pancia e, subito dopo, si rimargina… E quello continua a segarlo, e questo per tutta l’eternità, avrebbero spostato la loro attenzione dalle vignette a Dante. Quindi, il secondo carattere dell’inferno, è che non è umanitario.
3. Il terzo carattere è che non tende alla rieducazione del condannato.
Ora questi tre caratteri sono considerati essenziali a qualunque pena evoluta, e in questo senso, l’inferno è un’istituzione infernale.
Ora se – questo è un se, allora – se dio è impensabile, con idee chiare e distinte, e se l’inferno è inaccettabile, Gesù di Nazareth, che o era Dio o certamente ha parlato di Dio, e che prevede che la maggioranza degli uomini vada all’inferno, sottolineati ventidue passi in Matteo sulla Geenna, sulle tenebre esteriori, “Andate maledetti nel fuoco eterno…”, “Era meglio per loro non essere nati…”, “Separeremo il grano dall’oglio…”, ecc., Gesù diventa per conseguenza inaccettabile e questo vale del cristianesimo. Almeno un Gesù: il Gesù che parla di Dio, e il Gesù che parla dell’inferno.
L’etica non può essere religiosa. Mi dispiace, molto, per il cardinale Ruini, ma si può dimostrare che l’etica non è religiosa. Cioè, o esiste un’etica universale – come la matematica –, e allora, è così, perché è così. Dio non può pretendere che il rapporto tra il cerchio e il diametro non sia pi-greco, cioè le verità di tipo universale, come diceva sant’Agostino, non sono creature. Allora, o esiste un etica universale, come la matematica, valida etsi Deus non daretur , e allora è sottratta alla volontà di Dio, oppure questa etica non esiste.
Ma se non esiste un’etica universale, l’etica di un dio, che si chiami YHWH, che si chiami Trinità, che si chiami Allah, nella situazione di poli-monoteismo in cui ci troviamo, che è una versione aggiornata del politeismo, nella situazione di poli-monoteismo, vinca il migliore, e cioè, la trasmissione dell’etica, se non c’è un’etica universale diventa un fatto o di propaganda o di violenza. Perché non ci sono argomenti.
Se invece l’etica è intrinsecamente valida, in etica non vale il principio di autorità, e siccome le religioni sono basate sull’autorità, non ci può essere un’etica religiosa.
Adesso io sorvolo su tutta questa parte della Religion Kritike, anche perché potrebbe irrigidire quelli che ci tengono alla religione, mentre il mio messaggio deve essere fondamentalmente positivo. Ma sto cercando di delineare, in qualche modo, il concetto di pensiero laico perché poi dobbiamo parlare di mistica all’interno di questo quadro teorico.
All’interno del pensiero religioso c’è il cattolicesimo, e io sostengo la tesi che il papa nella storia, il papato, è stato sostanzialmente infallibile nell’errare, cioè che non ha perso quasi nessuna occasione, almeno inizialmente, di sbagliare. A volte poi si è corretto dopo tre o quattro secoli. Su molti punti non si sta ancora correggendo… Comunque, è riottoso alle correzioni, perché uno infallibile ha più difficoltà a correggersi. Ovviamente deve farlo con delle strategie molto, molto caute.
Allora hanno ragione gli atei? Cioè gli atei hanno capito tutto? No. Non è così semplice.
Prendiamo il problema dell’origine dell’universo. Prendiamo le ipotesi scientifiche, che avrebbero soppiantato per sempre queste idee inintelligibili di creazione: Dio che pur essendo l’atto d’essere sussistente indiviso, fa zac, quindi gli atti sono subito due… Insomma c’è un sacco di problemi nell’idea di creazione, come anche nell’idea di Dio.
Ma la singolarità iniziale… O meglio… Ragioniamo in modo filosofico: o il mondo esiste da un tempo finito, o esiste da un tempo infinito. Voglio dire il mondo materiale, osservabile, che noi chiamiamo mondo. Vedete una terza possibilità? Cioè un tempo né finito né infinito? O è finito, magari lunghissimo, o è infinto. Ma, noi sappiamo che, tra un tempo lunghissimo e un tempo infinito c’è una distanza infinita. Bene, io vi garantisco, senza poterlo argomentare che entrambe le ipotesi
– “esiste da un tempo finito”, e se non c’è altro, che il mondo è schizzato fuori dal nulla ex nihilo;
– “esiste da un tempo infinito”, già tutto trascorso ma, come l’infinito, una volta tutto trascorso ne resta sempre altrettanto
vi garantisco che, sia esista da un tempo finito, sia esista da un tempo infinito, ci troviamo – come dice “Kramer contro Kramer” – immersi in un fottutissimo mare di fottutissimi problemi. Cioè, non è affatto vero che passando all’ateismo si arriva a delle idee chiare e distinte.
Per esempio, la cosiddetta singolarità iniziale, questo micro atomo, inferito facendo girare all’indietro la moviola dell’espansione dell’universo – sapete, come quando uno si tuffa in acqua, poi lo fate girare all’indietro, lo vedete che schizza fuori dalla piscina – il mondo si sta allargando allora noi lo restringiamo e asintoticamente puntiamo verso questa singolarità.
Questa singolarità è praticamente inestesa, ancora più piccola di un atomo e contiene tutta l’energia, che si trasformerà nella massa di quei miliardi di galassie, proiettate dalla sua stessa energia, a miliardi di anni luce, cioè a miliardi di volte decine di migliaia di miliardi di chilometri. E sta tutto in un oggettino che è un miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di metro. Bene. Non è un po’ misteriosa questa singolarità iniziale a cui dobbiamo l’essere? Cioè queste pareti affrescate, sono tutte estrusioni di questa singolarità iniziale.
Allora che cosa si conclude? Se le cosmogonie teologiche (un dio impensabile che impensabilmente crea), se cosmogonie scientifiche (il mondo che schizza fuori dal nulla o che esiste da sempre), sono irrappresentabili, come il cerchio quadrato – eppure il mondo c’è, eppure certamente il mondo ce l’ha fatta nel modo in cui ce l’ha fatta. Alzi la mano chi pensa che se il mondo c’è non ce l’ha fatta a essere? E se ce l’ha fatta a essere, ce l’ha fatta a essere, ragazzi, nel modo in cui ce l’ha fatta.
Quindi, c’è con assoluta certezza il modo in cui il mondo ce l’ha fatta. Ma la nostra mente non trova che tre ipotesi: da solo, da sempre, dal nulla, e dall’assoluto, da ciò che esiste da sempre, per sempre, e il mondo ne proviene, o per creazione, o per emanazione, i tre concetti appaiono misteriosi.
Quindi, anche se io dico sono perfettamente convinto che il mondo è stato creato da Dio, immediatamente dopo, se cerco di pensare quello che ho detto, mi ritrovo immerso nella profonda oscurità, cioè in quella nera luce a cui è dedicato il mio libro “Nera luce”, il cui titolo significa: non possiamo dubitare della luce, perché la luce dell’essere c’è, perché c’è il mondo, perché la luce della coscienza c’è, perché noi siamo coscienti, siamo immersi in un mare di luce ontologica e coscienziale, siamo immersi in un’accecante luce ontologica e di coscienza e, se ne cerchiamo l’origine, non la vediamo.
Un orizzonte di luce indiscutibile con al centro un cerchio di tenebra.
Voi capite che questo inverte completamente la presentazione della realtà fatta dalle ideologie e dalle religioni. Per esempio il cattolico tipico, vede le cose in un modo opposto. E cioè: il cattolicesimo è come una luna illuminata. I dogmi sono come i crateri e, al di fuori della luna, c’è il buio. Quindi, la luce è tutta concentrata sui dogmi. E tutt’introno ai dogmi c’è il buio.
Invece, la posizione apofatica che io rappresento vede, l’indubitabilità della luce, quindi, il mondo è luce, ma all’interno, al centro, c’è il buio. Non la luna con il buio intorno, ma la luce tutt’intorno, con al centro il buio. Secondo me, questa è la situazione dell’uomo nell’universo, realisticamente considerata.
Questa posizione, per cui tutti – come direbbe san Paolo – sono confusi e nessuno può gloriarsi, nessuno può mostrare i muscoli (né il papa, né gli atei, nessuno, né i marxisti, né gli storicisti, né i relativisti, né i costruttivisti, né i fideisti, vi posso fare un elenco di posizioni). Siamo tutti confusi, siamo tutti immersi nella nera luce. Questo io lo chiamo apofatismo.
Apofatismo è quella posizione teorica per cui riflettendo sui problemi ultimi, come quello dell’essere e della coscienza, approdiamo alla notte oscura, approdiamo fuori di metafora, all’irrappresentabile. Non approdiamo alle idee chiare e distinte di Descartes, ma estrudiamo, sfociamo, approdiamo nell’irrappresentabile.
Questa è una posizione teorica. E la chiamo, in quel testo che vi ho dato, il quadro teorico laico che è un tutt’uno con il quadro apofatico. Cioè non c’è trionfalismo laico, come non c’è trionfalismo confessionale.
Io ritengo che ci sia più somiglianza, tra un cattolico – per prendere la confessione cristiana che ha più mappato l’oltre, le Tre Persone, la mariologia, la cristologia, la iosefologia, tutte queste cose qua – prendiamo la religione più catastale del mondo e confrontiamola all’ateo più parrocchiale – quello tutto biliardini, birra, gioco delle carte – ci sono gli atei parrocchiali e ci sono i cristiani parrocchiali quelli del biliardino. Ebbene, io sostengo che sono più simili un ateo apofatico e un credente apofatico tra loro, che ciascuno alla variante parrocchiale della loro. C’è più differenza tra un ateo consapevole dei problemi e un ateo parrocchiale, che tra un ateo non parrocchiale e un credente non parrocchiale, e lo stesso vale per i credenti.
È trasversale la divisione; non è tra credenti e atei e credenti e non credenti, ma tra consapevoli e non consapevoli. L’ha detto perfino il cardinale Martini, quindi, è vero.
Allora all’interno di questo quadro che cosa significa mistica? Io definisco mistica l’incontro non discorsivo, cioè esperienziale, diretto, con l’altamente significativo. E cioè, il punto di arrivo mistico, non è il saldo possesso di frasette giuste – come pensano molti filosofi: “Il filosofo bravo è quello che c’ha le frasi giuste”.
Io non penso così: deve avere le frasi giuste, e ritengo di avere detto fin qui delle frasi giuste, ma non siamo fatti solo per il possesso di frasi giuste. Siamo fatti per l’incontro, il vivere esperienze altamente significative. Vivere esperienze altamente significative è quello che io chiamo mistica.
Aggiungo l’aggettivo laico ,per dire che, secondo me, mistica laica è tutto l’insieme delle esperienze altamente significative che fanno a meno di sopramondi, cioè, di trascendenze trascendenti. Non so: di angeli, di beati e dannati, di entità immateriali varie.
Mi ricordo a Mumbai, ex Bombay, un convegno su cristianesimo e induismo, dove tutti parlavano dell’Assoluto, e poi chi parla di Shiva, chi parlava della Madonna, e io posi semplicemente questa domanda – a proposito, supponiamo, di Shiva, della Madonna e naturalmente di Maometto: “If they are bodly, where are they? Se sono corporei, dove sono?”. E se essi sono totalmente incorporei, “What are they? Che cosa sono?”. Provate a immaginare un essere completamente incorporeo che sussiste: che cosa sono?
Quindi, uso l’espressione di Bobbio, sopramondi e mistica laica, che è quella mistica che non consiste nel vedere con delle iperfacoltà dei sopramondi, con delle sovrafacoltà dei sovramondi, ma consiste nell’incontrare, esperienzialmente, in modo diretto, non più proposizionale, l’altamente significativo.
Significativo, in senso esistenziale, valoriale. Non nel senso logico proposizionale. Cioè, uno può dire: “Questa frase è priva di senso”. Per esempio: “Ho disegnato un cerchio quadrato”, è una frase priva di significato; cioè, ha il significato, ma è un significato fasullo.
Quando, invece, io dico: “La mia vita senza di te non ha significato”, non vuol dire che la mia vita senza di te non attinge a proposizioni: vuol dire che, senza di te, la mia vita non ha significato, in un secondo senso della parola significato. Allora, quello di cui parliamo, quando parlo di significativo, è il significato esistenziale o valoriale, non quello logico proposizionale. E allora, quali sono le varianti principali di una mistica senza sopramondi? Io ne ho distinte due. Alla fine, poi, se volete, vi portate a casa il promemoria; ce ne sono copie, ancora.
La prima variante, o la prima versione della mistica, è la contemplazione realizzante che investe, come oggetto, proprio il quadro teorico apofatico. Cioè, questo nostro essere gettati in una situazione nella quale, quando riflettiamo i problemi ultimi, incontriamo l’irrappresentabile. Quindi, la prima versione di mistica laica, è il saper frequentare l’irrappresentabile, il saper abitare l’irrappresentabile, il saper dimorare nella nera luce, senza metterci dentro delle sagomette illuminate.
È, secondo me, la più profonda e, forse addirittura, la più bella delle due varianti. È molto interessante che la ritroviamo in tutte le religioni e in tutte le filosofie.
Per esempio, il dottore mistico ufficiale della Chiesa Cattolica, il carmelitano scalzo riformato san Giovanni della Croce, mistico tra la fine del ‘400 e i primi anni del ‘500, parla di notte oscura dei sensi e dello spirito.
Chi vuole pensare Dio, non lo trova, non lo trova con i sensi, perché qualunque immagine o disegno viene subito falsificata. E non lo trova nemmeno con l’intelletto, perché qualunque concetto forma, non è l’incontro con Dio. E, addirittura, viene a dire che la notte oscura non riguarda solo l’essenza divina, ma perfino l’esistenza. Cioè, non puoi più nemmeno affermare che esiste, senza sapere, al limite, che cos’è. Non so cos’è, ma esiste. Bene, non puoi fare neanche questo.
È il dottore ufficiale di mistica e quindi è colui che, diciamo, sbugiarda tutti quelli che credono di avere delle immagini o dei concetti pensabili quando pensano Dio.
L’aquinate dell’India Shankara, che cosa dice? È uno shivaita, se volete, ma: “Il Supremo neti neti”. Non è né questo né quello. Non basta dire neti, cioè non è questo, perché si penserebbe che possa essere qualcos’altro. Invece, neti neti significa: non è né questo, né alcun altra cosa.
È l’apofatismo di Shankara che fa piazza pulita, o notte oscura, di tutte le immagini di Shiva, Visnu, Brahama e compagnia… Esattamente come l’apofatismo di san Giovanni della Croce, elimina tutte le immagini, nella notte oscura, tremenda, dei sensi e dello spirito.
Il mio amicissimo Milarepa, l’eremita tibetano che ha passato tutta la vita nelle caverne dell’Himalaya e per quattro anni e mezzo nutrendosi solo delle ortiche, perché aveva fatto il voto tremendo di non scendere più a valle: “Non scenderò a cercare cibo, dovessi morire di fame. Non scenderò a cercare compagnia, dovessi morire di solitudine e tristezza. Non scenderò a cercare medicine dovessi morire di malattia. Non scenderò a cercare vesti dovessi morire di freddo!”.
Milarepa Nuguru ha delle frasi stupende sia sulla vacuità, lo shunyata apofatico, sia sul non vedere. Per esempio: “Riconduci tutte le cose alla mente. Cerca di vedere la mente. Non vedrai nulla. Dimora in questo non vedere”.
Notte oscura dei sensi e dello spirito in san Giovanni della Croce. Neti neti apofatico in Sharaka, supremo maestro dell’induismo. Il non vedere in Milarepa, uno dei più alti maestri buddisti.
Io credo che anche nell’Islam ci sia teologia apofatica ma non la conosco.
Per quello che riguarda la mia esperienza, posso dire varie cose, posso raccontare un po’ di cose che mi sono successe. Posso dire, che non credo di aver mai avuto esperienze mistiche quando ero cattolico: ero anche presidente dei giuristi cattolici di Firenze (ho il piacere di vedere il mio successore qui presente). Ho pensato di farmi gesuita, ogni giorno facevo un’ora di orazione mentale. Insomma, ho preso molto, molto, sul serio. Non credo di aver avuto mistiche più fenomenali delle pochissime volte nella vita in cui sono riuscito a realizzare cosa vuol dire un mondo senza Dio, cioè un mondo che ce l’ha proprio fatta, in base alla formazione degli atomi di idrogeno, un mondo che ancora adesso al 99.99 % è fatto ancora di monoatomici, monoprotonici. È tutto idrogeno e elio e, che per un caso, è venuto complicandosi, ed eccoci qua.
Guardate è difficilissimo essere atei realizzanti. È facilissimo essere atei ideologici, come è facilissimo essere cattolici ideologici. È estremamente difficile e raro essere o atei realizzanti o cattolici realizzanti, e vi trovate immersi nella notte oscura. Questa notte oscura è alta mistica, di alta scuola per così dire.
Un’altra formula che si potrebbe usare… Ho già usato quella dell’orizzonte di luce con il cerchio di tenebra o della nera luce. Vedete: questo mio libro “Nera luce” ha una copertina bellissima, fatta da un grafico, in cui c’è un cerchio di nero lucente (niger), su uno sfondo di nero opaco (ater). La luce risplende nell’opacità, ma è una luce nera. Anche questa è un’immagine potente che si può… È una specie di super eclissi, nel senso che il sole non è nascosto, ma proprio il sole è un tondo di vivida luce nera, che rispende nelle tenebre che invece sono opache.
Un’altra metafora che mi piace molto è quella della natazione. Noi vogliamo sempre toccare terra con i piedi. Allora se ti butto in mare tu cerchi la terra col piedino e affoghi. La situazione globale è, invece, che devi imparare a nuotare, cioè l’ambiente è un mare fluido, inafferrabile: continuare a cercare la terra col piedino è commettere la fallacia ambulatoria. Bisogna essere capaci di passare. E quali sono le tecniche della presenza natatoria nel mondo? Una è la meditazione senza parole, per esempio. Ci sono queste tecniche che non avrò il tempo di illustrare.
Un’altra immagine che scelgo tra le tante è l’apertura a corolla. Io credo che si può mantenere un atteggiamento religioso, senza avere bisogno di oggetti davanti, cioè se io faccio così [vieni mimata una mossa] e non so verso chi l’ho fatto, il solo aver preso questo atteggiamento, è già quasi tutto quello che accade a chi è religioso e che oltre all’atteggiamento dell’anima che si apre a corolla, invece che adunca a catturare qualcosa, è già quasi tutto quello che esperisce l’uomo religioso.
Quindi, ci può essere una religione atteggiamentale che è il grande stupore di essere al mondo, la gratitudine di essere al mondo, senza il bisogno di dire: “Sei stato tu Signore! Allah, YHVH, ecc.” Quindi, ci sono molte metafore di cui questa atteggiamentale è un’altra.
L’ultima che vi segnalo, che mi piace molto, ed è il trapasso alla seconda versione della mistica è: nel crepuscolo per sempre accendere fuochi veri. Io ritengo che, mai, sulla condizione umana splenderà luce di meriggio. Cioè il pregresso della scienza non giungerà a vedere tutto in modo chiaro e distinto – è un po’ una scommessa che faccio ma fin’ora le cose vanno così. È probabile invece che, per tutta la durata dell’esistenza umana, che ovviamente si spegnerà nell’universo tra non molto – non so quanti di voi sono convinti che tra diecimila anni ci sarà ancora l’uomo nell’universo? Guardate che altri diecimila anni da passare con questo ritmo, non è molto probabile. Quindi è probabilissimo che, fra un certo tempo, la razza umana, questa cosa effimera che esiste da qualche secondo del giorno cosmico, sparisca.
E quando questo avvenga, dunque, saremo sempre immersi nel crepuscolo, ma nel crepuscolo si possono accendere fuochi veri. Anche questa è mistica.
Noi stasera siamo gettati nell’immensità, nell’immanità, siamo in bilico tra l’infinitamente grande dell’universo e l’inimmagilmente piccolo degli atomi che ci compongono, siamo degli equilibristi tra l’immenso e l’infinitesimo. Ebbene, ne stiamo parlando. Abbiamo accesso un fuochetto. Noi, qui, siamo un piccolo fuoco di amicizia, di amore, forse, certamente di riflessione di contemplazione; siamo una piccola astronave di assorti che offre all’universo, in cambio del suo travaglio di miliardi di anni l’accedere alla consapevolezza. È non è accendere un fuoco questo? Non siamo un piccolo fuoco? Non lo stiamo accendendo nel crepuscolo per sempre accendere fuochi veri.
E con questo passo alla seconda versione – che trovate sempre nella scaletta. Cioè, quella mistica che viene vissuta all’interno del quadro teorico. Cioè, non che riprenda come oggetto questo quadro, questo buio, questa nera luce, o questo crepuscolo per sempre, ma che all’interno cerca, quelle che io chiamo, le sorelle maggiori dell’anima. Prendo la metafora da Peguy. Le due sorelle maggiori in Peguy sono… Lui parla delle tre virtù teologali. È un formidabile burlone mistico Peguy: ha scritto innumerevoli quartine sulle virtù teologali, sulle virtù cardinali e al tempo stesso è un genio, una specie di profeta credente medioevale. Ha dei versi sulle tre virtù teologali, e le due grandi sorelle sono naturalmente la fede e la carità. E poi c’è la sorellina piccola piccola che è la speranza. È piccola piccola però è quella che fa andare avanti tutto.
Bene. Immaginate l’anima nostra come una bambina. Quelle che io chiamo le sorelle maggiori di questa bambina sono le possibilità mistiche, cioè le esperienze ed emozioni accessibili a questa bambina. E allora all’interno del quadro apofatico e non solo teorico apofatico, ma anche mistico apofatico che ho delineato, la saggezza consiste per l’anima bambina nel lasciarsi prendere per mano da queste possibilità in attesa, le sorelle maggiori.
La storia d’amore, l’esperienza estetica, l’esperienza avventura, l’esperienza tenerezza, ecco io sto elaborando un principio nipotinico. Non so se voi conoscete il principio antropico, secondo il quale l’universo esiste affinché, o in modo tale che, ci sia l’uomo. Io lo sto un po’ modificando: l’universo esiste affinché, o in modo che, ci sia il rapporto nonni-nipotini. È il principio nipotinico, cioè l’idrogeno si è travagliato per produrre nipotini, e il nipotino presuppone logicamente il nonno. Ecco l’esperienza che io sto facendo come nonno con i nipotini, mi sembra giustificare perfettamente l’esistenza di un universo. Anche questa, quindi la tenerezza, è una delle sorelle maggiori dell’anima, e ve ne posso enumerare tante altre.
Ho dato a don Alfredo e non l’ho distribuito perché ne ho meno copie, un secondo doppio foglio in cui c’è l’elenco di tutte le trasmissioni che io ho fatto alla radio in questi ultimi tre anni, su quelle che chiamo le sorelle maggiori dell’anima. Mi concentro essenzialmente su quattro.
La prima linea di mistica laica, io la denomino, la via della pacificazione profonda e della vigile consapevolezza. È classica. La concentrazione profonda, che culmina nell’estasi, nel samadi, è tipica dell’induismo; la consapevolezza discernente, è più tipica del buddismo, ma vengono considerate come le due ali di uno stesso volo. Non ci può essere concentrazione profonda senza vigile consapevolezza, non ci può essere vigile consapevolezza senza concentrazione profonda. Queste cose, ve le dico telegraficamente, è la prima via.
La seconda via – questa penso di averla inventata io – la chiamo la scienza della realizzazione e culmina in quella, che io chiamo, l’esperienza Alef. Ebbene, la seconda via è quella della scienza e della realizzazione. Alef è quel mito a cui si riferisce Borges nella novella “L’alef”. È il mito ebraico di un punto, applicando l’occhio al quale, si vede tutto l’universo, radunato in raggio di sole. Questa esperienza è stata attribuita dai medievali sia a san Benedetto che a san Francesco. L’uomo di Dio solo sulla torre “totum mundum vidit sub uno radio solis”. Quindi è un classico. Allora, questa seconda via, che non è quella della concentrazione e della consapevolezza, consisterebbe nell’assorbire tutto lo scibile e radunare tutto lo scibile in una intuizione fulminante, che si chiama Alef.
Da questa utopia è nato il mio gruppo di meditazione che sta per compiere trent’anni, ha già ventotto e mezzo. E qualcuno lo chiama gruppo Alef. Vorrebbe utilizzare tutto il conoscere umano, non in modo nozionale, ma in modo realizzante. Cosa vuol dire realizzante? Vuol dire che non resta una nozione, ma che mi rendo conto, intensivamente, della realtà.
Per esempio: tutti sappiamo che siamo mortali e lo sappiamo sempre. Questa è una nozione. Ma ognuno si ricorda il giorno in cui ha improvvisamente realizzato, papà morirà, la mamma morirà. Voi sapete il posto, il momento. Vuol dire, quindi, che tra la nozione generale “siamo mortali” e il realizzare questa nozione… È il mio concetto filosofico preferito, non ve lo posso sviluppare.
Però, tra le tante cose, la realizzazione può prendere per oggetto la scienza, e fare della scienza moderna un balcone sull’infinito. La scienza come via mistica realizzante, perfettamente laica, e non c’è bisogno nemmeno di tanta scienza. Come dice Wittgenstein, uno dei massimi teorici della mistica laica, “Che il mondo è, è il mistico, che un mondo ce l’ha fatta – cioè – che questa bolla è esplosa nel non spazio e c’è”. Cosa di più laico dell’esistenza di un mondo? E cosa di più misterioso del fatto che un mondo ce l’abbia fatta?
L’infinitamente grande, l’infinitamente piccolo, l’ipercomplesso, l’iperinspiegabile, l’iperremoto nel tempo. E a questo sono dedicate per esempio sei trasmissioni: meditazione della matematica, meditazione degli uomini antichissimi, meditazione della cultura, meditazione dei problemi ultimi. Trovate comunque il sito. Ecco, questa è la seconda variante.
La terza, io la chiamo, tantrica e il titolo che le do è: un percorso dalle emozioni all’alta identità. Accettiamo le emozioni, non neghiamole, non mortifichiamole, come in alcune scuole molto austere in particolare lo Yoga di Patangeli e altri. Accettiamo le emozioni, ma la gestione delle emozioni ci trasferisce dal desiderio per gli oggetti, fonte di emozioni, alla ammirazione ontologica per noi stessi, seconda e principale fonte di emozioni.
Io non posso dare emozioni a questo tavolo. Perché ci sia emozione occorre un oggetto emozionante ma anche una coscienza emozionabile. Allora, io, invece, che dire: “Quanta è buona questa minestra di fagioli! Voglio sempre nuove minestre, pizze ecc. ecc.”, dico: “Quanto sono bello, perché percosso nel gusto da una minestra di fagioli, esperimento beatitudine gastronomica, e quindi, a poco a poco, il tantrismo ti insegna a passare dalle varie beatitudini appetitive, inseguitrici di oggetti, alla beatitudine fondamentale e imperdibile dell’essere te stesso, dell’essere quello che sei, cioè ti porta l’ammirazione ontologia.
Io credo di avervi dato una idea di quello che può essere una mistica senza sopramondi; trovate poi in quel sito otto ore sull’anima di paesaggio, perché io ritengo che l’anima di paesaggio sia di per se non egoica. Il paesaggi ve li telegrafo che ho scelto: un’ora sulla montagna, un’ora sulla città, una sul cielo, una sui sistemi selvaggi, una su mare e deserto, una la donna, una l’acqua, poi un Alef, una ricapitolazione: il paesaggio di tutti questi paesaggi.
Capite subito, per esempio, che l’anima di paesaggio, non è l’anima di shopping, perché l’anima di shopping vede la borsetta di coccodrillo da Ferragamo e fa così […] L’anima contemplativa trasforma la borsetta in un grandioso paesaggio, cioè quella è pelle di coccodrillo, il coccodrillo è un sauro antichissimo, è stato ucciso in questo e quel modo, è giunto fin da Ferragamo attraverso tecniche antichissime, a poco a poco, guardando la borsetta di coccodrillo si apre di nuovo il mondo intero.
Il paesaggio come opposto all’oggettino che concupisco. Quindi, c’è una sapienzialità dell’anima di paesaggio.
Veniamo, cerchiamo di terminare questo tempo che, io spero, accresca la bellezza della storia dell’essere. Ecco se io dovessi darvi un mantra, un mantra mistico banalissimo sarebbe: “Possa la mia vita accrescere la bellezza della storia dell’essere”. Fatemi il favore di dirlo ogni tanto voi stessi. State trascorrendo una vita che renderà più grande la bellezza della storia dell’essere?
Sant’Ignazio direbbe: “Ingrandisce la gloria di Dio?” State vivendo in questa prospettiva: “Possa la mia vita accrescere la bellezza della storia dell’essere”? Sto facendo qualcosa per accrescere la bellezza della storia dell’essere?
Allora, arrivo – ormai non c’è più tempo, purtroppo – al problema libertà nell’orizzonte laico apofatico.
La libertà, come libero arbitrio anziché determinismo, cioè il nostro essere origine dei nostri atti, è un altro luogo di nera luce. È impensabile che ci sia. È impensabile che non ci sia. Vedete, sono molto sintetico sulla libertà. Ho preso circa trenta secondi.
L’altro concetto di libertà, invece… Ecco anche alla libertà si può applicare quel mantra di Milarepa: “Guarda la libertà. Guardala come prodotto della machinery celebrale. Guardala come prodotto dell’io. In entrambi i casi, non vedrai la libertà. Dimora in questo non vedere”. Ecco l’apofatismo.
È un altro oggetto apofatico la libertà.
Il secondo concetto è quello della libertà, non come l’opposto del determinismo soggettivo, ma come l’opposto come l’illibertà di regime. Cioè quando diciamo quello Stato è un regime libero con più o meno libertà.
Noi viviamo immersi e avvolti in sistemi di passività, simili a una specie di “Truman Show”. I nostri contemporanei gli uomini sono incapsulati. Quindi adesso, da noi, non c’è più l’illibertà medievale quando l’eretico veniva bruciato, conformemente alla volontà dello Spirito Santo – come era stato detto nel 1520 dal papa. Non ci sono più roghi. Quello che c’è il condizionamento: sono i grandi sistemi di passività. Il problema della libertà si pone nei confronti del pensiero unico, del profitto, della pubblicità commerciale, del calcio, delle confessioni religiose, di tutto ciò, delle ideologie, di tutto ciò che ci crea tutto intorno un meraviglioso “Truman Show”.
E allora, il problema diventa quello della resistenza a questa illibertà invisibile. In questa sede voglio solo sottolineare un punto. Noi viviamo in una capsula di falso, per quello che riguarda il rapporto con gli animali. Noi accettiamo ogni anno, anche gli spiritualisti, buonissimi cattolici, accettiamo lo sterminio di decine di miliardi di animali, cioè di animali non umani, non senzienti. Se io potessi sviluppare questa parte, cioè quella che riguarda, se volete, un’etica risvegliata, certamente metterei tra le prima cose, – semplicemente perché la più dimenticata – la questione dell’etica, nel rapporto con gli animali. E anche qui il papa non ha perso le occasioni: per esempio, Pio IX ha vietato la società per la protezione degli animali a Roma, e Pio XII ha detto alle maestranze dei mattatoi di “non doversi considerare i gemiti degli animali diversamente dai clangori dei metalli nelle officine”. Quando ho detto che è infallibile nell’errare.
Allora proviamo a terminare. Secondo me, la mistica laica e cioè, per me l’unica possibile, realisticamente possibile, non è solo un bene individuale, molto appetibile, forse il fine della vita umana, ma è anche una risorsa geopoliticamente e geoeconomicamente indispensabile. Perché, solo se gli uomini cercheranno i beni della mente, del corpo e della relazione, riusciremmo a risolvere il problema cruciale in cui ci troviamo, e cioè il problema dello sviluppo insostenibile.
Il nostro sviluppo, quello predicato dagli economisti, è tutto nella cattura di beni esclusivi, cioè il cui appropriamento da parte di uno, esclude quello degli altri. Ma, la contemplazione fondata sul sapere, fondata sulle emozioni, fondata sul corpo, i beni del corpo, della mente, della relazione, sono tanti e tali che ognuno se ne può procurare infiniti senza togliere niente agli altri.
Un’infinita salute non toglie niente all’altro in salute; una perfetta abilità nel ballare non toglie agli altri l’abilità del ballare; una grande cultura non toglie agli altri la cultura; una grande contemplazione non toglie agli altri la contemplazione; tanta amicizia non toglie agli altri l’amicizia.
Ecco io andrò a Cuba a predicare proprio questo tra dieci giorni. L’umanità si salva solo se si converte ai beni non esclusivi, quelli che ogni uomo può godere senza togliere niente agli altri, senza escludere gli altri. E allora, diciamo, questo discorso non è solo per anime belle, individuali, ma è un discorso strutturale. Arriverei a dire che senza questa esperienza di incontro con l’altamente significativo, forse addirittura, l’umanità non sopravvive.
* Luigi Lombardi Vallauri è professore di Filosofia del diritto nell’Università di Firenze. I suoi studi coprono un arco molto ampio di tematiche non solo storico-, teorico e filosofico-giuridiche. Ha approfondito i principi della filosofia generale e della filosofia della religione e gettato le basi di una mistica praticata all’intersezione tra spiritualità orientale e scienza/arte occidentale. Dal 1979 ha fondato “gruppi di meditazione” intesi a esplorare le possibilità di una vita contemplativa all’altezza del sapere moderno. Conduce anche una trasmissione radiofonica su “meditare in occidente”. Tra le sue opere: Terre. Terra del Nulla, Terra degli uomini, Terra dell’Oltre ( Milano 1989); Logos dell’essere, logos della norma (Bari 1999); Nera Luce (Firenze 2001).
** Pubblichiamo per la prima volta le sbobinature dei contributi presentati al ciclo di incontri “Libertà va cercando” (Firenze, novembre/aprile 2008), che tentò una riflessione a 360 gradi su libertà, fede e società. Sei incontri, a cadenza mensile, in cui testimoni del nostro tempo come il priore di Bose Enzo Bianchi, Gian Enrico Rusconi editorialista de “La Stampa”, Sergio Givone professore di Estetica, Mariagrazia Contini pedagogista, Luigi Lombardi Vallauri professore di filosofia del diritto e Elmar Salmann teologo presso la pontifica università gregoriana di Roma, cercarono di tracciare nuovi sentieri di vita e di pensiero.
Un’iniziativa ideata e voluta dal disciolto gruppo di formazione cristiana “Villa Guicciardini” di Firenze, composto da ragazzi dai 18 ai 35 anni, con la collaborazione dell’Ufficio Cultura dell’Arcidiocesi di Firenze e con l’aiuto inedito e non ufficiale di varie realtà cattoliche fiorentine. L’iniziativa allora ritenuta troppo aperta, da alcuni settori conservatori della chiesa fiorentina, non venne più ripetuta nonostante il grande riscontro ricevuto. Questa è la sbobbinatura degli interventi, curata dal gruppo Kairos per il gruppo di “Villa Guicciardini” di Firenze.