La lunga marcia degli scout sulla strada dei diritti civili
Articolo di Lorenzo Tosa pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” del 24 novembre 2014
Ci vuole coraggio, e un pizzico di follia, per cambiare se stessi. Per rimettersi in cammino verso nuovi sentieri, zaino in spalla e fazzoletto al collo. La lunga marcia degli scout sulla strada dei diritti civili è partita ufficialmente ad agosto, in occasione della Route Nazionale, quando i 30.000 di San Rossore hanno redatto la Carta del Coraggio con cui l’Agesci ha aperto, di fatto, alle unioni gay, a divorziati e conviventi.
Una svolta storica, ratificata a fine ottobre, sul solco del nuovo corso inaugurato da Papa Francesco, ma anche per la divaricazione sempre più netta tra i dogmi dello scoutismo e la società reale.
Lo chiedono i ragazzi, lo confermano i capi, anche se i toni – e soprattutto il “coraggio” – qui si fanno più sfumati. “È un terreno sul quale stiamo facendo una profonda riflessione – spiega Marilina Laforgia, una dei due Presidenti nazionali dell’Agesci – Ci sforziamo ogni giorno di educare alla capacità di scelta e giudizio, abbattendo tutto ciò che è pregiudizio”. Ma non tutti sembrano aver apprezzato la nuova tinta “arcobaleno” dei fazzolettoni.
È il caso di Edoardo Patriarca, deputato Pd alla Camera ed ex numero uno dell’Agesci, a cavallo tra gli anni ’90 e 2000, che in una recente intervista ha bacchettato pubblicamente l’inattesa apertura, giudicata “poco coraggiosa”. “I ragazzi possono anche seguire le mode del momento, ma l’associazione deve ribadire le posizioni scritte nel Magistero della Chiesa e nella Costituzione: la famiglia è quella composta da un uomo e una donna”.
Già, il coraggio. Una parola che ritorna spesso. Quasi fosse un mantra in grado di esorcizzare i fantasmi del presente: le denunce di presunte discriminazioni sessuali tra le scolte, la crisi di vocazioni dei capi e gli strani rapporti tra Renzi e l’altro Matteo, Spanò, nel 2010 a capo del Credito Cooperativo di Pontassieve che concesse un mutuo di 500 mila euro alla Chil Post del padre Tiziano, oggi indagato per bancarotta fraudolenta a Genova. Due anni dopo Spanò è passato dalla camicia bianca a quella azzurra, affiancando la Laforgia al timone dell’Agesci. Ma non ha dimenticato il vecchio amico d’infanzia (e scout più famoso d’Italia) Matteo, invitandolo ad agosto proprio a San Rossore per una passerella di due giorni.
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Matteo detto “Grillo esuberante”
Tutti ricordano le immagini del premier (alias “Grillo esuberante”, come un tempo veniva chiamato dai compagni ) che si concede dei selfie tra i ragazzi e il suo discorso in cui esorta i giovani ad avere coraggio – eccolo che ritorna. Eppure, appena sotto la patina di superficie, aleggia un malumore diffuso nei confronti della politica muscolare del premier e della sua allergia al dialogo. “Renzi è un corpo estraneo rispetto al movimento – picchia duro Giorgio Costa, capogruppo e veterano dello scoutismo – È lontanissimo dai ragazzi e dai loro problemi.
Noi abbiamo bisogno di esempi veri, concreti. Persone come Don Ciotti, che viene alle assemblee, si confronta con i giovani, gli offre modelli concreti e riconoscibili a cui ispirarsi, come la lotta alla mafia”. C’è anche chi ricorre a un paragone disneyano.
“Con quel suo modo giovanilista e rassicurante, richiama più che altro la macchietta della Giovane Marmotta” azzarda Stefano, 30 anni, due terzi dei quali trascorsi con i pantaloni corti, prima di trasferirsi a Bruxelles – Non l’ho mai sentito fare un discorso su come, di preciso, questa appartenenza abbia contribuito alla sua prospettiva politica”.
Il partito delle camicie azzurre anti-Renzi è sostanzialmente scisso in due correnti: i renziani delusi e i catto-comunisti duri e puri, che non hanno mai amato il “rottamatore” fin dai tempi di Palazzo Vecchio. Ma c’è anche chi vive con insofferenza la costante esposizione mediatica a cui la sua figura costringe il movimento. “Tutto ciò non fa bene all’associazione, che finisce ogni volta per essere tirata per la giacchetta su temi dai quali vorrebbe rimanere fuori” sottolinea Gianvittorio Battaglia, responsabile ligure dell’Agesci. Mentre cresce il mal di pancia tra gli iscritti e i quadri intermedi, i vertici offrono un punto di vista più conciliante. “È un uomo con il quale condividiamo una storia comune, cresciuto, come tutti noi, con lo zaino sulle spalle” ricorda Laforgia.
“Guardiamo con un occhio speciale a lui e al suo ruolo di grande responsabilità, e non potrebbe essere altrimenti”. Anche se – ancora Laforgia – “Alcuni hanno manifestato un certo imbarazzo per questo essere costantemente osservati in maniera speciale, per quel modo insistente di guardarci e interrogarci, quasi a voler carpire chissà cosa. Renzi al governo è solo una coincidenza e nulla più”.
Sarà, ma per toccare con mano gli effetti che il renzismo ha avuto sull’associazione bisognerà attendere la fine del 2014. “Più che di effetto Renzi, per ora parlerei di effetto Papa Francesco” commenta Battaglia. E i numeri sembrano dargli ragione.
Il censimento dell’ultimo anno fotografa una crescita costante di adesioni proprio nell’anima più cattolica dello scoutismo. Dei 220.000 “esploratori” presenti oggi in Italia, oltre 176.000 sono iscritti all’Agesci, mentre circa 12.000 scelgono una via laica, aderendo al CNGEI (Corpo Nazionale Giovani Esploratori e Esploratrici Italiani). Di fatto, sono due facce della stessa medaglia: insieme costituiscono la Federazione Italiana dello Scoutismo, da cui nel 1976 si è staccata l’ala più conservatrice, andando a formare negli anni successivi gli Scouts d’Europa (o FSE), che conta oggi 19.000 unità. Il resto se lo spartiscono una quarantina di corporazioni più o meno indipendenti nate nell’epoca dalle varie scissioni. Dopo un decennio di generale flessione, negli ultimi anni l’Agesci è tornata lentamente a crescere (+ 1,4% di iscritti dal 2010), così come cresce il numero di capi: a livello nazionale sono 32.000, 1 per ogni 5 ragazzi. Un rapporto che tende, però, a sfilacciarsi in alcuni gruppi delle grandi città, dove si arriva sino a 1 a 16.
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I gruppi del sud sono in sofferenza
Ma a preoccupare di più è la sempre minore disponibilità degli educatori, complici la crisi e la precarietà lavorativa. “Oggi si fa sempre più fatica a conciliare il volontariato col lavoro – ammette Laforgia – I cambiamenti in atto nella società rendono sempre più difficile aderire alle comunità locali, vivere fino in fondo i percorsi formativi”. A farne le spese sono, soprattutto, i gruppi del Sud Italia e, paradossalmente, dei quartieri più benestanti, dove la disponibilità economica delle famiglie spinge i ventenni fuori città o all’estero. Come spiega Edoardo, giovane capogruppo Agesci. “Non si tratta di un problema di vocazione. Chi può, parte per lavoro o per studio. Chi resta, si ritrova a fare i conti con una gestione del tempo sempre più complicata. È diventato quasi impossibile fare programmi a lungo termine, e, allo stesso tempo, i ragazzi sono sempre meno multitasking e più distratti dalle nuove tecnologie e dai social network”.
Sono 1.951 i gruppi distribuiti nella penisola, di cui 225 nel Veneto (la regione più rappresentata) 96 a Roma, 31 a Milano e 28 a Genova, terza classificata per numero totale ma prima metropoli italiana per il rapporto tra scout e abitanti: 5,5 su 1.000. Ma nelle piccole realtà di provincia l’indice sale sino a 17 scout su 1.000 abitanti. Va, invece, a Milano la palma di città più “laica” con quasi 700 membri appartenenti al Cngei.
Sono passati 107 anni da quando un baronetto britannico dal fisico rubizzo e allampanato radunò 20 ragazzi su un’isoletta sabbiosa del sud-est inglese per verificare un paio di idee sull’educazione e la formazione dei giovani. Il suo nome completo era Sir Robert Stephenson Smyth Lord Baden Powell, ma in molti lo ricordano solo con una frase. “Lasciate il mondo un po’ migliore di come lo avete trovato”. Lo stesso Renzi ci crede a tal punto da aprire così il suo sito internet personale.
Ma la lista degli scout famosi è infinita, dai ministri Boschi e Pinotti al Presidente della Camera Laura Boldrini, sino al guru della finanza Davide Serra, fresco di tessera Pd. Appena più a destra, Ignazio La Russa e Giorgia Meloni. E poi Renzo Piano, Guido Bertolaso, Jovanotti, Verdone, gli insospettabili Luttazzi, Dario Argento, Elio e, uscendo dai nostri confini, Tony Blair, Bill Gates, la Regina Elisabetta e persino uno come Keith Richards.
Chissà se vale anche per lui il detto “una volta scout, sempre scout”? con cui i suoi giovani eredi si preparano a rimettersi in marcia verso il 23esimo Jamboree, il raduno mondiale in programma dal 29 luglio al 7 agosto 2015 a Kirara Beach, in Giappone. Si parlerà di Energia, Innovazione e Armonia, i tre temi attorno a cui ruota il nuovo corso dello scoutismo globale. Che, all’orizzonte, ha tante sfide da affrontare al suo interno e qualche muro ancora da abbattere, per cambiare se stessi rimanendo fedeli alle proprie idee. Questa volta basterà il coraggio?