La Madonna con Bambino di Banksy. Un’icona reale contro le aspettative della tradizione

Riflessione di Lorenzo Russo
Banksy torna a parlare e, come suo solito, lo fa con un graffito. Pubblicata sulla pagina Instagram dello street artist noto per il suo anonimato, questa Madonna con Bambino si inserisce nel tracciato di un’iconografia antica: quella della vergine Maria che, ammantata, scopre il petto con gesto delicato e flessuoso affinché il Figlio nato da poco si nutra dal suo seno.
Storia di un’icona
Presente nei panteon di diverse culture, dalla preistoria in poi, si ritiene che tale raffigurazione infine cristiana sia stata originariamente mutuata, in ambiente orientale antico, sulle rappresentazioni egizie della dea Iside che allatta il figlio Horus. Attestata, infatti, nell’arte copta e bizantina di VI secolo con l’epiteto di Panaghia Galaktotrophousa, ovvero la “tutta santa che dona il latte”, questa simbolica si diffuse poi in Occidente, soprattutto all’inizio del Trecento, dove è conosciuta con l’epiteto latino di Virgo lactans, vergine che allatta.
Nel processo di tradizione dall’Oriente, questa icona, come altre, divenne meno bizantina, quindi meno ieratica, e più umana. Rintracciabile numerosamente tra XIV e XV secolo, la sua produzione subì poi un brusco arresto nell’arte ufficiale ad opera della Controriforma, che, non ammettendo nudità nelle raffigurazioni religiose, provvide inoltre a sovra-dipingere i seni esposti nei dipinti. Le prime nuove declinazioni di virgo lactans le ritroveremo in età moderna, quando la sacralità della simbologia mariana inizierà ad intersecarsi con l’ordinarietà e profanità di soggetti femminili qualsiasi.
Simbolo teologico
Nel corso dei secoli la teologia ha rilevato nel latte un luogo teologico. Nella prima lettera di Pietro, il latte è definito nutrimento spirituale:
“Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza, come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: se davvero avete gia gustato come è buono il Signore.” (Prima lettera di Pietro 2,1-3)
Più tardi, Clemente di Alessandria (150-215) scriverà del latte-Logos:
“O meraviglia misteriosa! Uno è il Padre di tutti, uno è anche il Verbo di tutti, anche lo Spirito santo è uno e lo stesso dappertutto; una sola vergine diventa madre, e mi piace chiamarla Chiesa. Solo questa madre non ebbe latte, poiché essa sola non divenne donna, ma insieme è vergine e madre, intatta come vergine, piena di amore come madre e chiamando a sé i suoi figli li nutre con un latte santo, il Logos, che conviene ai fanciulli” (Clemente Alessandrino: Paed. I 42,1)
Tale fu la rilevanza della scena natalizia dell’allattamento che, nel VI secolo, si iniziò ad affermare una leggenda devozionale per cui, in una grotta a Betlemme, Maria avrebbe accidentalmente sparso a terra delle gocce del suo latte nella fretta di allattare Gesù mentre i soldati di Erode incalzavano. Più tardi, i crociati tornati in Europa dalla Terra Santa diffonderanno questa storia portandosi dietro, come reliquie, delle fiale contenenti il sacro latte.
Maria: modello per tutte, amica di nessuna
Come gli studi femministi rilevano, gli esiti della teorizzazione dottrinale secolare sull’unicità di Maria sono davanti ai nostri occhi: le donne, esaltate per una mistica della femminilità misteriosa che deve bastare loro a non pretendere altro, sono da una parte sacralizzate teoricamente come grembo di Dio e della Vita; dall’altra private di qualsiasi riconoscimento pratico nell’organizzazione gerarchica cultuale.
La Madre di Dio, tutta santa nella sua perfetta inarrivabilità, innalzata come modello asfittico da emulare perché pia nella remissività, degna nella verginità, dotta nel silenzio, è così imposta come icona di stile per quante ricercano nella fede un esempio che, vietato trovarlo in Cristo, può essere rintracciato solo nella Madonna privata della morte.
Clemente di Alessandria, nel pezzo del Pedagogo riportato sopra, traccia proprio le direttive dell’identikit mariano giunto fino a noi: Maria/Chiesa/eterna bambina mai diventata donna perché ignara del sesso con maschio è madre di tutti nella spiritualità del suo latte-Logos.
Back to the Gospels
Fortunatamente i testi evangelici dicono altro. Nel vangelo secondo Luca, dopo che Gesù ebbe compiuto uno dei suoi esorcismi e si fu difeso dalle accuse di operare per mezzo del Demonio, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse:
“Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!” (Lc 11,27)
Questa beatitudine, decontestualizzata a volte per santificare il luogo teologico dell’allattamento, parrebbe una bella occasione per celebrare la maternità di Maria. Se non fosse che, stando al testo, Gesù risponde in contropiede:
“Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (Lc 11,28)
Come? Gesù non ha a cuore il grembo di sua madre, non santifica il seno che lo ha allattato? Non credo sia così. Piuttosto, quello che mi sembra faccia è spostare l’asse di interesse dall’esaltazione della donna in quanto contenitore alla donna in quanto contenuto. Dove il contenuto è l’assennatezza di chi ascolta la parola liberante di Dio.
A questo punto, se veramente la Bibbia è strumento di rivoluzione in ogni luogo e in ogni tempo, ritengo che questa risposta di Cristo, oggi, possa contribuire a disinnescare quella retorica che fa della Donna il Grembo del Mistero della Vita, stereotipo manipolato per creare un modello, demonizzare le alternative devianti: in definitiva per ingabbiare le donne.
È singolare che sia una donna a dire Lc 11,27 ed essere corretta da Gesù ? No. Perché il patriarcato può essere nelle parole di tutte le persone, indistintamente.
Che il testo di Luca 11 prosegua con una tirata polemica di Gesù nei confronti dei farisei e dei dottori della Legge è quanto di più soddisfacente potessimo chiedere:
“Voi farisei purificate l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, ed ecco, tutto per voi sarà mondo. Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l’amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre. Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo” (Lc 11,39-44)
E ancora:
“Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito! […] Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito” (Lc 11, 46-52)
Cristo non lascia spazio alla retorica del Mistero femminile e subito dopo condanna chi della fede acritica e bigotta fa il proprio pane di vita. Guai a voi. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito. Grazie Gesù.
Banksy: non una spiegazione, ma un’ispirazione
In definitiva, che cosa Banksy voglia dire attraverso il suo nuovo murale a stencil non è stato ancora chiarificato ufficialmente, forse non lo sarà mai. Alcuni articoli in rete parlano di una denuncia all’ipocrisia contemporanea che santifica il Natale nonostante le guerre in atto. Può essere. Un simbolo è un simbolo e come tale mette etimologicamente insieme le personali risonanze psico-emotive di chi lo osserva.
Dal canto mio, quest’opera mi riconduce ad un principio di realtà. Inserita nel solco della tradizione iconografica, quest’opera la scompagina attraverso elementi diversi. Un tubo incassato nel muro (probabilmente lì da tempo, a giudicare dalla colata di ruggine che ne fuoriesce) buca un seno della Vergine. Questo elemento è stato interpretato come un foro di proiettile sparato per ferire la Madonna. A me, dal primo momento in cui ho visto l’opera, quel tondo mi è sembrato la mammella stessa di Maria.
Con volto deciso, questa Madonna offre al figlio le umili ma reali risorse che possiede: ruggine amara al posto del bianco latte. Al candore incontaminato della verginità lattea di Maria, si sostituisce qui il sapore della ruggine materna, ferrosa come il sangue che ci rende umani. Lo sguardo del bambino, che sembra pre-dire “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice!” (Lc 22,42), è privo di qualsiasi rassicurazione tipica della virgo lactans mariana. Colto nell’istante eterno della fissità del murales, Gesù imparerà presto che per sopravvivere dovrà bere quella ruggine.
In questo modo, la finzione delle Natività edulcorate dalla religione infantilizzante lascia il posto ad un’iconografia adulta che fa del messaggio evangelico un affare di realtà.