La manica tagliata. Essere omosessuali in Cina
Riflessioni di Andrea Shanghai, volontario del Progetto Gionata
Come tutte le societa’ asiatiche la Cina non ha mai sviluppato un pregiudizio di carattere religioso contro l’omosessualità, ma d’altra parte, in quanto cuore pulsante di quella koinè confuciana che investe anche le due Coree e il Giappone, ha fatto della famiglia e della discendenza il cardine principale del suo universo di valori.
La cultura cinese, a differenza di quella occidentale, non ha mai sviluppato una visione sociale basata sull’individualismo, ovvero sull’individuo come mattone fondamentale del consorzio umano: la persona, quindi, non e’ identificabile e descrivibile per le sue caratteristiche intrinseche e appunto individuali, quanto piuttosto per la rete e i nodi di relazioni da cui e’ attraversata: io non sono quindi Andrea in quanto Andrea, ma figlio in quanto figlio di mia madre, amico in quanto amico di Silvio, dipendente in quanto dipendente del mio capo, ecc…
In una simile concezione filosofica che poco spazio lascia ai voli della filosofia o della religione, una volta assolto il compito di dare la luce alla discendenza, dal punto di vista privato, la sessualità non va incontro ad alcuna riprovazione sociale ne’ tantomeno morale o religiosa. La letteratura cinese, in questo simile a certe pagine della Grecia classica, esalta il ruolo degli amici in un senso piu’ superiore, e direi intimo del termine, più ancora dell’amor di donna, vi sono poesie che ricordano l’amore di imperatori per i loro cortigiani, uno dei modi per esprimere velatamente l’omosessualità in Cina e’ “la passione della manica tagliata” per ricordare l’imperatore Ai degli Han che, volendo evitare di svegliare il suo favorito addormentatosi sul lembo della manica della veste imperiale, la tagliò e si presentò nella sala del trono con il vestito rovinato.
Le case da te offrivano la compagnia di giovani attrici ma anche di attori e cantanti, in una novella un bel pastorello fece innamorare addirittura un re dragone che lo rapì e se lo portò nel suo palazzo in fondo al fiume (naturale il parallelo con il ratto di Ganimede). Ovviamente il corollario che va aggiunto, e che può essere portato anche per la maggior parte degli esempi della classicità occidentale, è che questo tipo di relazioni omosessuali sono solo parzialmente paragonabili alla condizione gay contemporanea, essendo fondamentalmente rapporti impari, fra giovane e vecchio, ricco e povero, attivo e passivo.
In ogni caso, questo mondo di relativa tolleranza sugli atti omosessuali (non certo sulle relazioni durature) terminò bruscamente con l’avvento del regime comunista che, sulla base di quanto già intrapreso in Russia, bollò l’omosessualità come deviazione borghese e scatenò l’inferno contro i presunti colpevoli. Questa situazione andò avanti fino alla fine degli anni 90, quando l’omosessualita fu finalmente depenalizzata. In città dal respiro moderno come Shanghai, Beijing o Guangzhou (Hong Kong è Cina solo nominalmente per il momento) la condizione gay e’ sicuramente migliorata moltissimo, con (pochi) locali che fra mille problemi riescono a tenere aperto e a fiorire, per il cinese tradizionale che si sposta dalle campagne rappresentano sicuramente dei fari di liberta.
Ma la longa manus della famiglia che richiede il matrimonio (e la figliolanza, soprattutto vista la legge del figlio unico, in vigore fino a tempi recentissimi) continua a esercitare una pressione enorme, basti pensare che esistono dei siti di incontri che organizzano matrimoni fra gay e lesbiche di modo che, una volta sposati, le rispettive famiglie si mettano in pace e poi loro possano continuare la loro vita protetti da questo velame di normalità.
La vera rivoluzione, quella che ha costruito per i giovani cinesi un cammino verso una maggiore libertà individuale, e’ internet che qui ha davvero fatto la differenza: se in occidente rappresenta un semplice svago o comunque uno strumento per arrivare un po’ più lontano un po’ più in fretta, per i cinesi è l unico spazio in cui possono ripararsi dagli sguardi di questo panopticon quotidiano rappresentato dalla famiglia, dall’azienda, dal governo, dalla polizia, dalla società nel suo insieme.
Ho sposato mio marito un anno fa, dopo quasi dieci anni di convivenza, abbiamo atteso che l’Italia approvasse le unioni civili per non fare un gesto puramente simbolico ma sostanziale. Shanghai ci fa sentire protetti, e’ una metropoli che velocemente sta maturando e si sta stratificando in situazioni sociali complesse, molto lontane da quelle della Cina maoista, e sebbene coppia mista italo-cinese totalmente dichiarata, anche con le rispettive famiglie e nei rispettivi posti di lavoro, non possiamo lamentare alcun tipo evidente di discriminazione, se non quella, ovvia, di non vedere i nostri diritti riconosciuti in una legislazione come quella cinese che non prevede matrimoni gay o unioni civili.
Ci sentiamo tuttavia un caso piuttosto raro, benedetti da una indipendenza mentale ed economica che ci consente questa libertà nelle nostre scelte di vita, circondati piuttosto da un mondo gay spaventato da una società che nutre aspettative diverse dai suoi membri: e’ legislazione di un paio di mesi fa quella che restringe la pubblicazione in televisione o nel web di opere (canzoni, programmi, film) che abbiano un chiaro contenuto gay, anche in assenza di un esplicito elemento sessuale.
A Shanghai abbiamo un piccolo Pride annuale che si restringe a un pugno di eventi di carattere privato (la Cina non permette alcun tipo di manifestazione pubblica) come mostre, serate di cinema e alcune conferenze e una festa finale: di anno in anno l’evento si fa più partecipato e se nei primi anni contava solo alcuni stranieri e cinesi della diaspora, provenienti da Singapore o Stati Uniti, nelle ultime edizioni, sempre più cinesi, i gay locali hanno iniziato a presenziare attivamente.
Il sorgere di organizzazioni embrionali, anche in centri minori rispetto alle grandi città cinesi, tese a diffondere una maggiore conoscenza delle tematiche di genere, porta comunque a un cauto ottimismo rispetto al lungo cammino che ancora si stende davanti alla comunità LGBT cinese.