La mia deposizione dalla croce per riscoprirmi libero di amare
Testimonianza di Marco sulla XIII stazione: Gesù deposto dalla croce, letta nella Via Crucis online organizzata dal Progetto Adulti Cristiani LGBT il 26 Marzo 2020
Gesù è deposto dalla croce: un corpo esanime, una storia bruscamente e dolorosamente interrotta, mani che si prendono cura nel nascondimento e nella paura. Senza assoluta pretesa di identificazione con nostro Signore, vorrei prendere spunto da queste immagini, forti e plastiche, per testimoniare brevemente la mia storia di ex-prete omosessuale. Un corpo esanime.
Ho sempre percepito il mio corpo come un’entità separata dai miei pensieri. I pensieri, per me, sono sempre stati la via di fuga più rapida e indolore da quel corpo che non mi piaceva. Quel corpo che era fortemente attirato dal corpo di altri uomini e non si percepiva assolutamente attraente, un corpo – insomma – che “faceva schifo”.
Ecco perché la via di fuga cercata nello studio, in una spiritualità disincarnata e soprattutto una via di fuga cercata diventando prete (come se questa cosa mi potesse “proteggere” dalla sessualità e dall’omosessualità). Un corpo senz’anima, appunto. Una storia bruscamente e dolorosamente interrotta.
20 anni in un piccolo paesino in riva al lago. 8 anni in una cittadella fortificata e arroccata sul colle più alto della città. 2 anni di grande esposizione come direttore di tre oratori in un paese fortemente tradizionalista. 2 anni in una parrocchia di periferia ma con lo sguardo, il corpo e la mente aperti al mondo e soprattutto al mondo che sono io. Non è durata molto la mia esperienza da prete, 4 anni.
Non resistevo più al di fuori di me stesso, avevo bisogno di unificarmi, di poter essere me stesso, così come Dio mi ha pensato e così come, da sempre, mi ha amato: uomo, omosessuale e capace di amare. E così, prima strappato a quella non-vita dalle persone che mi amavano e, poi, da una libera scelta ho deciso di andare incontro ad un’interruzione brusca e dolorosa di quella storia che doveva essere per sempre. Mani che si prendono cura nel nascondimento e nella paura.
Sono le mani di coloro che mi hanno accompagnato nel periodo doloroso della scelta e della ripartenza: le mani del mio padre spirituale, del mio psicoterapeuta, le mani di tanti amici, le mie mani e finalmente le mani di un padre e di una madre, che, come mani di Dio, hanno raccolto quel corpo esanime e i pezzi di quella storia spezzata.
Mani che, però, hanno dovuto e voluto lavorare nel nascondimento dell’Amore e nel timore del giudizio degli altri, ma anche quello che, inevitabilmente, tutti, ci portiamo dentro.
E così quel Dio che da sempre sembrava il grande assente nella mia storia si è reso presente nelle forme di un Amore vero, finalmente libero e di una vita che ritorna a fiorire, così, come Lui l’aveva sognata. Ex-prete, omosessuale, libero di amare.
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