La mia esperienza di pastora metodista nell’accoglienza delle persone LGBT
Intervento della pastora metodista Pastora Joylin Galapon al IV Forum dei Cristiani LGBT (Albano Laziale, 15-17 maggio 2016)
Buongiorno a tutt*. Sono molto felice di essere presente in mezzo a voi e di poter condividere ciò che mi ha spinto ad accettare l’argomento proposto. La mia esperienza pastorale è cominciata in una piccola comunità evangelica metodista di Cremona e in quella valdese di Mantova nel 2006.
Vicino alla porta della chiesa metodista di Cremona c’è scritto: “Tutti possono entrare”. Io ho scelto di lavorare e ho riconosciuto la vocazione della mia vita nella chiesa valdese-metodista perché ho trovato le giuste motivazioni con cui posso aiutare i credenti a crescere nella loro vita materiale e in quella spirituale.
Crescere nella fede nel senso materiale significa che il cristiano deve lavorare per riconoscere in quello che possiede il frutto della bontà di Dio verso di lui. Sostanzialmente, il rapporto quotidiano con quello che abbiamo ha un riflesso sul nostro vivere la vita giorno per giorno.
Noi godiamo di molte cose materiali, che ci rendono felici e soddisfatti e ciò ci permette di farci star bene e di farci stare bene nella condivisione con gli altri. Di conseguenza ciò diventa un godere della vita spirituale perché fa bene alle nostre anime: il concetto di saper condividere che porta gioia a chi lo riceve, entrambi soggetti sono riceventi.
Il corpo e l’anima sono tutt’uno. Perciò un cristiano è un membro del corpo di Cristo perché entrambi gli appartengono.
Quando c’è consapevolezza di questa appartenenza questo significa accoglienza; <<essere accolto per essere accogliente>>.
La chiesa (metodista e valdese) che curo è un luogo inclusivo? È un luogo accogliente?
Rispondo di sì perché ho cominciato a vivere in essa come se facessi parte di una famiglia allargata. In essa si discute molto come in ogni famiglia. Non dico che (si è detto sempre di sì ) ( ho sempre detto di sì) ai temi che il sinodo valdese(l’unione delle chiese metodiste e valdesi) ha proposto ma si cerca di presentare o trattare un tema, poi se ne discute e si cerca di trovare un comune accordo fra i membri come nel luogo di un’assemblea.
La discussione sul tema omosessualità nel 2007 era fondamentale per me. Mi ricordo, e se non mi sbaglio il testo scelto su cui la chiesa era chiamata a riflettere era quello che ha scritto l’apostolo Paolo: “Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo vi ha accolti” Romani 15,7.
Mettere Cristo al centro come punto di partenza di un comportamento che ogni credente deve adottare è fondamentale nella chiesa di Dio. La chiesa è di Dio (quindi non è degli uomini) , è costituita da Dio, è una famiglia composta da tutti (chiunque può accedere in essa), ognuno con il dono che Dio gli ha elargito.
Mi ricordo di una telefonata che mi fece una di queste coppie di omosessuali che ho seguito per chiedermi di esporre nel loro circolo “La goccia” la posizione della chiesa valdese sull’accoglienza degli omosessuali. Maria Bonafede quale moderatore precedente aveva dichiarato che è un dovere della nostra chiesa accogliere tutti (chiunque).
Il mandato era di accogliere tutti, soprattutto gli stranieri credenti perché portavano un nuovo tipo di spiritualità che un modo diverso di esprimere la fede.
L’essere chiesa insieme è un concetto bello perché si pensa di mettere insieme i doni di tutti per costruire una chiesa.
Costruire insieme però non è facile da fare senza capire le motivazioni. C’è sempre un bisogno nella chiesa di essere continuamente istruita. Non è un luogo (solo) per i perfetti ma per diventare perfetti a causa di uno. Tutti quelli che sono di questa famiglia allargata sono mancanti e quindi non sanno sempre ciò che è giusto da fare perciò si cerca di istruire ciascuno/a.
Il mio percorso di fede è nato da una domanda che mi ponevo allora prima che io intraprendessi lo studio in teologia <<Chi è Dio per me>>? <<Chi sono io>>? Così poi pian piano mi sono data delle risposte studiando teologia <<Quale è il Dio che voglio proporre nell’ambito della cura pastorale che sono chiamata a svolgere ?; il mio ruolo ed il mio compito decisivo è quello di, anche nella pratica di dare testimonianza al Vangelo di amore che Dio mi ha donato.
Perciò, io sono qui oggi per dare testimonianza ad una delle esperienze che ho potuto verificare nel mio vissuto nella chiesa metodista di Cremona. È una comunità piccola ma ricca di doni. Reputo che la presenza di credenti stranieri abbia arricchito molto ciascun membro di questa comunità.
Ci sono in particolare un’ indonesiana, un’ olandese, una messicana, una giapponese che sono tutte sposate con italiani.
Con una eccezione: c’è un nigeriano che ha sposato una italiana. Ci sono anche degli Ivoriani, dei coreani, una filippina e per il resto degli italiani. Ripeto, è una piccola comunità ma vive una realtà che si rinnova e progredisce continuamente grazie allo scambio di culture e tradizioni. Nonostante il numero non elevato dei credenti, la loro presenza ha un effetto su di noi. E’ la qualità del rapporto che ci porta al cambiamento.
Questo è un vecchio insegnamento ma che è sempre valido.
Un esempio valido è il pranzo comunitario che è un’occasione per condividere il cibo e la conoscenza di come è stato cucinato. Il dialogo inizia col racconto degli ingredienti e della cottura di un menù. Quindi, si confrontano i diversi modi di cucinare. Si presentano le differenze e le cose che ci accomunano.
Questo concetto deve essere molto chiaro per chi è credente e per i non credenti.
Essere membro di Cristo, quindi, cristiano significa scegliere di diventare un membro di una comunità per vivere la propria fede e ciò e diverso dallo scegliere di appartenere ad un’associazione a cui aderire, credenti o non credenti per fare del bene alla società.
Le chiese dovrebbero sforzarsi di compiere la loro vocazione: una chiamata specifica da sottolineare è l’annuncio del vangelo che deve avere come fine il cambiamento e la trasformazione della vita di ciascuno membro per il bene di tutti.
Il cristiano deve ricordare che la sua azione, buona azione e quindi il suo comportamento etico hanno avuto come punto di partenza un esempio ed un insegnamento. Il cristiano fa del bene perché in principio lo ha ricevuto. Gesù disse al ricco: <<và e fà anche tu la stessa cosa>>.
Il buon samaritano era un escluso, non faceva parte degli eletti ma anche in questo racconto si denota l’amore misericordioso di Dio. La misericordia di Dio si esprime nella sua bontà infinita <<egli fa piovere sui buoni e suoi cattivi >> <<il Dio che non ha delle preferenze >>: saper fasciare le ferite dell’altro/a , sopportare il peso dell’altro; rendersi disponibili a caricarsi dei pesi dell’altro .
L’accompagnamento pastorale delle persone gay. Considerare che io sono una pastora straniera e donna è fondamentale nell’ambito della cura pastorale degli omosessuali. Perché?
Innanzitutto, perché la gran parte del mio vissuto essendo straniera in questo paese è marcato da un essere diversa, di confessione diversa, non essendo di quella cattolica romana, in più ho una personalità che è frutto di molte identità.
Mi piace pensare che la mia identità è dinamica, sono in divenire. Le situazioni che affronto ogni giorno mi permettono di cambiare ed è inevitabile nel mio lavoro in rapporto con gli altri.
Ho pensato molto al motivo per cui si è discriminati, esclusi, messi da parte. Forse perché semplicemente l’opinione o l’idea di un altro o un’altra non ci appartengono o non ci convincono. Io come pastora ho imparato a tener conto della persona come un essere credente <<non guardo il genere sessuale>> l’orientamento sessuale per me è secondario.
Per me è lodevole quando due persone che si amano vogliono costruire una loro famiglia. Far crescere un figlio o una figlia è una sfida per noi oggi. Infatti, la coppia che ho accompagnato in questi anni non aveva la stessa idea di avere un proprio un figlio/a. La pratica è cominciata con l’utero in affitto…
È stata la mia consapevolezza di essere accompagnata da loro(non sono solo io che li ho accompagnati ma sono stati loro ad accompagnarmi, nel compiere bene il mio lavoro), ciò che mi ha spinto sempre di più a proseguire in questa direzione. Il percorso provato è una traccia che si può suggerire ma mai imporre.
In questo anno, nella nostra chiesa abbiamo fatto delle formazioni sull’identità di genere e sui ruoli di genere. Molti filippini che hanno partecipato sono stati proprio coinvolti in prima persona perché si sono accorti che lavorando nelle famiglie i ruoli si scambiano continuamente ma nessuna delle due parti deve essere sottomessa.
La chiesa, il credente deve tener conto del suo ruolo in comunione con gli altri perché è in questo la sua missione, così come il pastore deve astenersi dal giudicare. La sfida nel credere.
Non basta professare di Credere nel Signore a parole pubblicamente perché la fede si testa e si manifesta durante l’ora dellaeprova. La sfida del credere è nel momento in cui si affrontano certe situazioni. Scegliere di agire in un certo modo oppure avere un comportamento diverso da quello altrui (comportarsi diversamente) è fondamentale.
L’etica cristiana spesso richiede una riflessione individuale e di ponderare prima di agire, tentare, provare con un intento buono la strada da intraprendere.
Non si sa mai come si arriva alla meta. Commettere degli sbagli nella vita è fondamentale perché si cresca traendo degli insegnamenti da ciò che si sperimenta. Importante trarre degli insegnamenti per crescere: sia spiritualmente che intellettualmente. La sensibilità della persona è molto importante.
La commissione Fede e omosessualità. Da tre anni sono membro della commissione. Siamo 7 membri nella commissione F e O e due volte all’anno ci incontriamo per aggiornarci sulle nostre esperienze. Giorgio Raenelli ed io abbiamo appena preparato la liturgia per il culto dedicata contro alla trans-omofobia (2016). Abbiamo sottolineato proprio in questa liturgia <<per una chiesa inclusiva>>.
Ho imparato molto dai credenti omosessuali. Ho scoperto che hanno avuto un ruolo importante nella mia crescita spirituale. Grazie a loro perché ci siamo fatti compagnia. A loro devo molto perché mi hanno costretto a riflettere sul mio essere donna, straniera e pastora.
Mi sono voluta(amata) di più in questi anni perché il messaggio di Gesù Cristo sull’amore, manifestato e esperimentato da loro, tra due persone dello stesso sesso, strano per chi non gli appartiene e perché è un aspetto sconosciuto per lui e certo non può capire, ma proprio in questo motivo che il diverso o l’altro deve essere accettato com’è. Siamo tutti unici, siamo tutti diversi l’uno l’altra, ma nella condivisione della nostra diversità possiamo tutti completari.
Ho letto dal nostro libretto << un giorno una parola>>: Dio è natura nel suo essere: cioè, quella bontà che è naturale è Dio. Egli è fondamento, è la sostanza, è la natura stessa, ed è il vero Padre e la vera Madre delle nature.
E tutte le nature che egli ha creato saranno riportate a lui mediante la salvezza dell’essere umano per opera della Grazia. (Giuliana di Norwich) In tutti noi si manifesta la vera natura di Dio.
Vorrei terminare con queste parole dell’apostolo Paolo a Timoteo: <<Combatti il buon combattimento della fede, afferra la vita eterna alla quale sei stato chiamato e in vista della quale hai fatto quella bella confessione di fede in presenza di molti testimoni>> 1 Timoteo 6,12.
Che il Signore ci aiuti a combattere per i nostri buoni propositi perché questi ci servano a trovare il senso del nostro vivere.
Non dobbiamo arrenderci perché il Signore è il nostro giusto giudice. Grazie e vi auguro un buon proseguimento ancora della giornata.
Pastora Joylin Galapon
Chiesa Evangelica Metodista
Via XX Settembre, Roma