La mia rete di supporto è stata fondamentale nell’accettarmi
Testimonianza di Joey pubblicata sul sito Anxiety Canada il 29 luglio 2020, liberamente tradotta da Chiara Benelli, parte seconda
Primi segnali di comprensione e supporto. Solo e scoraggiato, ho deciso di cambiare regime. Ho cercato di impegnarmi a costruire rapporti solidi con chi mi stava attorno e a propormi a loro in modo più genuino, invece di cercare ogni risposta solo nei libri o nella religione. Ho preso la decisione di confidarmi di più con famiglia e amici, scegliendo di essere più sincero riguardo al mio orientamento sessuale e alla mia salute mentale. Col tempo, ho fatto coming out con gli amici più stretti. E con mia sorpresa, mi hanno accettato tutti. Le paure che avevo accumulato in tutti quegli anni sull’apertura e la rivelazione della mia omosessualità piano piano si sono disciolte.
Per fortuna, ho iniziato a percepire dai miei genitori segnali che mi avrebbero accettato sempre, in ogni caso. Qualche anno fa, mio padre mi portò al Pride di Vancouver. Ricordo che mi ha chiesto per scherzo: “Non è che sei gay? Se lo sei, non c’è niente di male!”, al che io, tutto imbarazzato (e altrettanto impacciato), ho risposto con una scrollata di spalle e una risatina.
Anche se non era altro che una breve frase buttata lì così, di sfuggita, per me aveva un significato enorme. Anche se non mi sentivo ancora pronto ad aprirmi con loro, potevo star tranquillo che la mia famiglia mi avrebbe accettato nel momento in cui avrei deciso di farlo: un vero e proprio lusso, una benedizione che al giorno d’oggi non va data per scontata.
Ho iniziato a raccogliere sempre più prove che forse – e sottolineo forse – andava bene essere così com’ero, e che parlare apertamente del mio vero me non era poi così grave come invece temevo.
Gradualmente mi sono convinto che forse non c’era nulla che non andasse nella mia sessualità, nonostante le istituzioni mi ricordassero continuamente il contrario.
La grande rivelazione
Alla fine, ho riunito tutto il coraggio che avevo in me e ho inviato al Daily Hive un articolo da pubblicare durante la settimana del Pride sulla mia personale esperienza con la mia sessualità. L’obiettivo dell’articolo non era tanto quello di fare coming out, quanto piuttosto di riflettere su me stesso e di aiutarmi a elaborare il mio passato. Guardandomi indietro, non ero sicuro che le persone lo avrebbero trovato, letto o addirittura preso in considerazione; immagino che la sola cosa che volessi era far sentire la mia voce.
Quello che proprio non potevo aspettarmi era che sarebbe stato uno dei momenti più felici e indimenticabili della mia vita. Il giorno in cui l’articolo è stato pubblicato, ero seduto da solo in un parco e stavo facendo una breve pausa per il pranzo. All’improvviso mi ha iniziato a squillare ripetutamente il telefono. Ho visto che avevo un sacco di messaggi di persone della mia vita, vicine e lontane (addirittura i miei parenti nelle Filippine!) che mi dicevano quanto fossero felici e orgogliosi di me.
Non credevo ai miei occhi, ricordo le lacrime che mi scorrevano sul viso mentre con sguardo assente guardavo il cielo azzurro e i messaggi di incoraggiamento mi continuavano ad arrivare a fiumi. Avevo vissuto nella paura troppo a lungo, e in quel momento ero orgoglioso di me per aver saputo arrivare così lontano. Essere finalmente riconosciuto e sostenuto nella mia vera identità, piuttosto che per quella che mi ero preoccupato di indossare con timore, è stata una delle più grandi gioie che abbia mai provato.
Per quanto il momento sia stato bellissimo, però, non è stato il definitivo lieto fine del film, quando scorrono i titoli di coda e inizia la musica confortante. Mi preoccupavo ancora di ciò che la gente pensava di me? Ero ancora così catastrofico quando pensavo all’aldilà? Mi preoccupavo ancora delle possibili punizioni per aver vissuto una vita conforme alla mia vera identità? Per tutte queste domande la risposta è: assolutamente sì. Fa parte dell’essere umano, credo. Ma anche se ogni tanto mi assale ancora molta ansia, non c’è paragone col sollievo di non sentirmi più solo di fronte a tutte le mie preoccupazioni.
Conclusioni finali
Per quanto la mia esperienza di coming out sia stata sostanzialmente positiva, so che non è così per tutti. Mi sento molto fortunato e privilegiato ad aver incontrato certe persone nella mia vita, lo riconoscerò sempre e ne sarò sempre grato.
Se avessi scelto di mettere a tacere tutto e rimanere intrappolato nei miei pensieri invece di farmi vedere e sentire, a volte penso che la mia vita avrebbe potuto prendere una piega diversa, e non per il meglio. Anche se a volte mi perdo ancora a riflettere e a preoccuparmi di tutte le implicazioni filosofiche e religiose del vivere la mia vita, è tutto molto più sopportabile col la straordinaria rete di supporto che ho alle spalle e con il mio compagno, che amo moltissimo.
Se vi ritenete parte della comunità LGBT2SQ+, o di un ambiente che non vi accetta e/o fatica a fare i conti con la vostra salute mentale, spero con tutto me stesso che siate in grado di costruirvi una rete di supporto che faccia al caso vostro, e che possiate trovare persone in grado di volervi bene per quel che siete.
Soprattutto nel caso in cui dobbiate affrontare ostacoli culturali e sociali alla piena accettazione, aprirsi e trovare persone con cui confidarsi può essere dura, per non parlare dei possibili conflitti interiori che potreste vivere lungo la strada. Anche se saranno necessari molti tentativi ed errori, penso che contare sul sostegno emotivo e sociale di cui si ha bisogno possa essere una delle cose più importanti da fare per la propria salute mentale, oltre chiaramente a cercare aiuto in uno specialista.
E se siete i genitori (o anche solo gli amici) di qualcuno che potrebbe essere alle prese con una combinazione di conflitti legati a sessualità, religione e/o salute mentale, vi imploro di tastare periodicamente il terreno con loro. Anche solo inserire in un discorso qualche breve frase che faccia loro capire che saranno accettati sempre e comunque, indipendentemente da come si identificano.
Anche se vostro figlio (o il/la vostro/a amico/a) non è ancora pronto a parlare, quelle poche e sfuggenti frasi potrebbero davvero fare la differenza. Parlando per esperienza personale, essi hanno fatto un’enorme differenza nella mia vita: poter contare sul conforto dell’accettazione dei miei genitori e dei miei amici mi ha aiutato a non sentirmi solo e, che lo sapessero o meno, anche a sentirmi amato in un momento in cui ne avevo un estremo bisogno.
Testo originale: Growing Up Gay and Catholic: The Quest for Acceptance