Rachid O. La mia scrittura e la mia tradizione
Intervista a Rachid O.* tratta dal sito Café Chicha (Marocco), del 23 settembre 2011, liberamente tradotta da Domenico Afiero
«Cioccolata calda» è l’iniziazione di un giovane marocchino che cresce con la testa piena di sogni e di immagini della Francia.
Ma è anche il terzo romanzo di Rachid O., ricco di gioia di vivere, di dubbi, di semplicità e di una lingua che accarezza il più bel senso della parola naïf.
Possiamo ricordare il tuo debutto letterario?
Ho iniziato a 24 anni. Non avevo la vocazione di scrivere, non l’ho mai avuta d’altronde. Un mio amico mi ha aiutato, è stato lui a battere i testi per me. E poi, senza dirmelo, li ha spediti alla casa editrice Sollers, la quale mi ha pubblicato nella rivista “L’Infini”. Tre testi sono usciti con la Sollers, poi quest’ultima mi ha chiesto di scriverne altri per una raccolta dal titolo “Il bambino incantato”.
Pensi di scrivere nella tradizione degli scrittori di racconti arabi?
Si, scrivo nel rispetto della tradizione araba. Non so cosa significhi esattamente scrivere, ma so perfettamente cosa è raccontare una storia.
Sostieni che “Cioccolata calda” è il tuo primo vero romanzo. L’hai scritto da solo?
Si, completamente da solo. Ma è stato un duro lavoro, l’ho scritto perché , a dire il vero, ho mentito ad un giornalista che mi aveva chiesto se stessi scrivendo un nuovo romanzo. Ho risposto di si e non me la son perdonata.
Il titolo mi è venuto per caso in metro. C’è voluto un anno per scriverlo. Ogni volta che provavo a scrivere, mi rendevo conto che mi sbagliavo, provavo a scrivere per scrivere e non per raccontare una storia.
In che senso “Cioccolata calda” è autobiografico?
La storia del parto è vera, mentre può sembrare una cosa inverosimile ed inventata. Ma, raccontando questo dettaglio della mia infanzia, non ho la sensazione di arrivare a fondo della mia intimità. Questa storia sarebbe potuta accadere benissimo a altre persone.
Non svuoto il sacco giusto per sfogarmi. Non racconto mai cose che, più tardi, potrebbero farmi star male. In questo somiglio a mio padre che, un giorno, ha detto a mio fratello: Non è logico lamentarsi!
Da piccolo, eri affascinato dalla Francia come l’eroe di “Cioccolata calda”?
Certo, ma è così per tutti i ragazzini marocchini. Vi è un fascino per l’Occidente, specie per la Francia. Da bambino, la Francia era un mito per me. Ho un legame strambo con questo paese ed è curioso che i miei due libri abbiano chiarito questo legame frapponendo una distanza tra me e lui.
Il tuo orientamento sessuale aveva il suo peso con il desiderio di venire in Francia?
No. Non sono venuto per vivere la mia sessualità come i ragazzi francesi della mia età potevano viverla, ma piuttosto perché ero attratto dal tipo di uomo europeo. Quando si arriva dal Marocco e si vedono due uomini che si tengono per mano, è commovente e ci si chiede perché la gente continua a militare per i diritti LGBT.
Ma anche i gay marocchini mi commuovono per la loro rassegnazione, per l’idea di vivere con quello che hanno e per una sessualità sfuggente.
I gay marocchini non hanno questa idea molto occidentale di avere un ragazzo con cui condividere la loro vita, la coppia non è il loro fine. Sento molti francesi dire: “Non ce la faccio più di cambiar uomo ogni volta che vado a letto” oppure “non ce la faccio più a star solo. Forse non vale davvero la pena rimanere con qualcuno, è meglio così”.
* Rachid O. è uno scrittore marocchino nato a Rabat nel 1970
Testo originale: Interview de Rachid O dans Têtu.