La mia vita queer tra religione, arte, amore e lotta per i diritti
Dialogo di Katya Parente con David Hatfield Sparks (Stati Uniti)
Mi stavo gustando la mia dose giornaliera di Daily Art Magazine quando mi imbatto in un articolo molto interessante sui personaggi queer delle diverse mitologie la cui fonte principale è il “Cassell’s Encyclopedia of Queer Myth, Symbol, and Spirit“, e penso subito che sarebbe interessante intervistarne i curatori – deformazione professionale, ma tant’è.
Una breve ricerca mi porta a contattare David Hatfield Sparks, un distinto signore dalla barba bianca che insieme a Randy P. L. Conner, suo compagno da una vita (più o meno quanti sono i miei anni…) sono gli editori di questa fantastica enciclopedia, purtroppo non tradotta in italiano.

Ma, leggendo le sue note biografiche, David Hatfield Sparks non è solo uno “scrittore, è anche un musicista, un bibliotecario ed un padre gay che ha scritto per il teatro e calcato i palcoscenici dal Midwest a Manhattan, da Austin, Texas a San Francisco, dove ha lavorato attivamente nella comunità di artisti queer che lì avevano il loro centro nevralgico. Il suo lavoro si concentra su musica/performance/ricerca/politica di genere, religione, arte e mitologia, il tutto nel contesto multiculturale LGBTQIA”.
Una vita incredibilmente eclettica, all’insegna di attivismo e cultura. E per noi un’occasione molto ghiotta.
Prima di tutto, grazie per averci dedicato un po’ del tuo tempo. Ma partiamo con le domande. Cosa ti ha avvicinato alla scena artistica e culturale (queer)?
Prima che facessi coming out nel 1975 quando avevo 28 anni, oltre a scrivere poesia ero musicista e compositore. Dopo essermi diplomato durante la guerra del Vietnam, quando la legge contemplava ancora la coscrizione obbligatoria, sono stato, come pianista/percussionista della Marina a Napoli dove c’era la base NATO dell’Europa del sud. Stava iniziando un’altra guerra tra Cipro e la Turchia. E, mentre vivevo vicino all’antica città di Cuma, a Pozzuoli, vicino Napoli, quest’esperienza mi fece innamorare dell’Italia, e della sua antica storia. È stato anche quando sono diventato fanatico dell’opera. Sono stato tutta la vita in mezzo all’arte. Ho iniziato a studiare danza e teatro a cinque anni, e ho continuato così finché sono andato al conservatorio come studente di composizione. Mi sono sempre sentito attratto dalla scena artistica, molto spesso piena di persone queer – una specie di bonus per me.
Quando ho fatto coming out stavo facendo il pianista in una band di blues. Per poter continuare, me ne andai in California, visto che avevamo l’opportunità di incidere un disco. Il mio primo incontro con la comunità LGBTQ+ è stato a Los Angeles negli storici distretti di Silver Lake e West Hollywood. Come succede a molte band, anche il nostro sogno andò in frantumi, così mi trasferii a San Francisco conscio che era una capitale queer che si sviluppava grazie ai suoi artisti e agli attivisti politici. In quel periodo il movimento era molto concentrato sull’integrazione tra arte, politica e differenze etnico/culturali.
Questo era dovuto alla forza della comunità lesbica e alle sue molte scrittrici, attrici e artiste, come la poetessa Judy Grahn e la scrittrice chicana Gloria Anzaldúa, che diventano tutte e due mie amiche. Ero un sostenitore di Harvey Milk, il primo politico dichiaratamente gay mai eletto, che corse con successo al consiglio comunale – assassinato solo un anno dopo, nel suo ufficio, da un altro funzionario cittadino, Dan White.
Grazie ai café in cui lavoravo, ho conosciuto molti degli artisti e scrittori famosi (o che lo sarebbero diventati) della città, dal momento che presentavo una serie mensile di reading/performing. In questo periodo ho iniziato a scrivere sul serio e alcune delle mie poesie sono state pubblicate su periodici – come uno a Boston, chiamato “Fag Rag.” Oltre ad esplorare i locali e i quartieri gay della città, ho iniziato a frequentare la drag queen Ambi Sextrous, un artista che cantava nella sua meravigliosa ed autentica voce baritonale.
Questo tipo di drag, allora piuttosto conosciuto a San Francisco, si chiamava “gender fuck” drag, e combinava aspetti maschili e femminili. Aveva una bella barba che tingeva di blu e, sul palco, si esibiva vestito con frivolezza glamour proprio come quarant’anni dopo avrebbe fatto la vincitrice del’Eurovision Song Contest Conchita Wurst. Ambi mi ha introdotto nella più larga cerchia della cultura drag – parte della storia di San Francisco fin dagli anni ’40. Non mi esibivo come una drag queen tradizionale, ma tendevo a vestirmi in modo più “gender fluid”.
Dire che sei poliedrico è un eufemismo. C’è tuttavia qualche medium artistico al quale ti senti particolarmente legato?
A partire dalla seconda metà degli anni ’70, mi sono concentrato sulla musica componendo canzoni apertamente gay. Le canzoni pop e folk erano molto popolari, visto che famose cantanti lesbiche come Meg Christian, Holly Near e altre le incidevano per la Olivia Records, così mi esibivo in parecchi club e ritrovi di San Francisco. Avevo anche iniziato a scrivere regolarmente poesia.
In quel periodo iniziarono anche film gay, specialmente documentari, come “Word is Out: Stories of Some of our Lives” (1978): ho incontrato molti che vi erano comparsi dal momento che venivano spesso nel mio café. Ho conosciuto poeti apertamente gay come il famoso Robert Duncan. L’allora mio partner (ora defunto marito) Randy era anche lui un regista di film sperimentali.
San Francisco, dove tu hai lavorato, evoca un’atmosfera particolare, che forse con gli anni è sfumata, ma che ha avuto un’importanza capitale per il mondo gay. Ce la tratteggi per sommi capi?
San Francisco era già una capitale queer, specialmente per gli scrittori gay dell’allora giovane Movimento Beat come Allen Ginsberg e Lawrence Ferlinghetti, fondatori della famosa City Lights Bookstore and Press. Quindi nel 1977 il centro dell’arte e dell’attivismo queer era il quartiere gay Castro e i Missions Districts, il secondo era anche un centro per scrittori/ici artisti/e lesbiche, latini, messicani e neri il cui lavoro avvicinava la loro eredità culturale con una politica e una poetica radicale.
Diventai amico intimo di Gloria Anzaldúa, che si definiva una “tejana, chicana, lesbiana.” Mi incontravo con lei, portando con me mia figlia Mariah per discutere sulle cose che scrivevamo e sulla politica cittadina. È lei che mi presentò il suo migliore amico Randy P. Conner, che per quarantatre anni è stato il mio compagno di vita/marito e che è morto nel 2022.
Capitale per portare queste istanze e quest’arte ad un pubblico queer è stato l’inizio del nostro collettivo artistico “El Mundo Surdo,” il “Left-handed World” usato da Gloria per enfatizzare le basi della nostra scrittura e della nostra vita: queerness multiculturale, spiritualità/misticismo, politiche radicali/socialismo democratico, e l’essere “dichiarati” in ogni ambito. L’abbiamo aiutata a curare una serie di reading a Noe Valley, il nostro quartiere, tra Castro Mission, che promuoveva e introduceva nella nostra eterogenea comunità molti scrittori ed artisti. Questo ha unito molti gruppi che prima erano separati: lesbiche, gay, latinos, afroamericani e femministe bianche.
Tutte queste persone e idee diverse hanno formato le basi della nostra produzione letteraria. San Francisco rimaneva comunque una delle capitali del mondo LGBTQ, ma molti, in questo periodo sono morti a causa di HIV/AIDS, o se ne sono dovuti andare per l’aumento del costo della vita nella City. Quando le corporation della Silicon Valley hanno aperto nella parte meridionale della City, molti impiegati si trasferirono in quei quartieri. Da allora al terremoto del 1994, molte case ed edifici usati dagli artisti della mia comunità vennero distrutti e il costo della vita era salito alle stelle.
Com’è avere un compagno di vita che è anche un collega di lavoro?
Dal 1978, quando Randy e Gloria diventarono parte della mia vita, abbiamo lavorato insieme su amore e progetti di vita. I matrimoni gay erano illegali, così abbiamo fatto una cerimonia privata e citato una poesia di Walt Whitman – Calamus 11 “Quando Sentii Alla Fine del Giorno” (1860), che entrambi amavamo, poi abbiamo festeggiato alla grande in un ristorante gay molto intimo, il Duo la cui caratteristica era avere soltanto tavoli per due. Dopo l’uscita del suo primo libro “This Bridge Called My Back: Radical Writings by Women of Color” (Persephone Press, 1981), Gloria si trasferì a New York City. Avevamo già iniziato le ricerche per la nostra “Encyclopedia of Queer Myth, Symbol, and Spirit” (Cassell/London, 1997) che enfatizzava un approccio multiculturale e trans-storico alla religione e alla storia LGBTQ+.
Ho sempre sostenuto che la chiave per una relazione lunga è avere interessi in comune. Non devono essere per forza artistici o intellettuali, ma devono essere autentici e condivisi. Appena prima che Randy morisse, abbiamo finito un’edizione riveduta e più ampia dell’enciclopedia intitolata , stavolta, “LGBTQ+ Companion to Symbol, Mythology, Folklore, and Spirituality” che uscirà nel 2025 per la Equinox Publishing/London. Randy aveva già pubblicato un libro importante “Blossom of Bone: Reclaiming the Connections between Homoeroticism and the Sacred” (HarperSanFrancisco, 1993) incentrato sugli uomini gay e sulla fluidità di genere/transgenderismo, si occupava anche dei temi a noi cari del multiculturalismo e di una modalità di vita queer globale.
Negli anni ’90 ci siamo concentrati sugli aspetti queer della religione africana della diaspora Americana, come la Santería, e il Vodou, che diventano parte dell’iniziazione dei neofiti in entrambe le religioni. Il libro risultante si intitolava “Queering Creole Spiritual Traditions: Lesbian, Gay, Bisexual, and Transgender Participation in African-Inspired Traditions in the Americas” (Hayworth, 2004; Routledge, 2013). Randy ha anche illustrato il mio libro di poesie “Princes and Pumpkins” (Xlibris, 2013)
E tua figlia? Com’è stato essere un padre gay, politicamente impegnato, in un’epoca in cui l’attivismo era qualcosa di prorompente e “arrabbiato”?
Sono stato sposato con la madre di mia figlia per cinque anni – allora mi definivo bisessuale. È stato a metà degli anni ’70, e all’epoca non era un termine usato, né ben compreso. Dopo aver realizzato la mia queerness, e rendendomi conto di non poter vivere in un falso matrimonio, divorziammo dopo che avevo fatto ufficialmente “coming out.” Per questo, e a causa delle leggi sull’affidamento del tempo, ho perso la custodia di mia figlia, perdendo anche i diritti di visita. Dopo un paio di anni altalenanti, ho ingaggiato un avvocato che si è finalmente occupato del nostro caso, e ho riacquistato l’affidamento condiviso e i diritti di visita per le vacanze e le vacanze estive.
Non era visto di buon grado essere padre nella comunità gay e lesbica nella seconda metà degli ’70. Né i gruppi gay, né i gruppi lesbici politici della comunità mi hanno sostenuto nella battaglia per l’affido. Le lesbiche mi dicevano che mia figlia doveva stare con sua madre – a prescindere, e che gli uomini erano incapaci di crescere i figli. La maggior parte degli uomini gay, semplicemente non capivano e disapprovavano.
Il solo gruppo che mi ha aiutato a raccogliere fondi per la mia battaglia legale è stato quello delle Sisters of Perpetual Indulgence, un gruppo di drag queen ora conosciuto a livello internazionale. Ne ho conosciute parecchie grazie alla mia ex, la cantante drag Ambi Sextrous, di cui ho parlato prima.
Il mio legale mi aveva consigliato di non dire che avevo un amante, né che vivevo in una comune di artisti queer. Alla fine dei conti potemmo portare mia figlia Mariah, che aveva sei anni, a vivere con noi a San Francisco, e Randy diventò una “matrigna cattiva fatata”, come lei lo definiva.
È stata una battaglia, e alla fine abbiamo saputo che sua madre era stata ricoverata in una clinica per malattie mentali, e che il suo patrigno etero l’aveva abusata fisicamente ed emotivamente. E noi eravamo dei genitori inadatti? Così i miei primi anni da padre furono caratterizzati da gioia, depressione e rabbia. Adesso ha 50 anni e ha una vecchia famiglia atipica e queer e continuiamo ad avere un rapporto stretto ed amorevole.
Non ti sei mai fermato. Cosa stai facendo adesso?
Continuo a scrivere, sto cercando di finire un paio di progetti che avevamo iniziato prima che Randy morisse: l’LGBTQ+ Companion, cui ho accennato sopra, e un altro libro, “Meeting at the Crossroads of Desire, Spirit, and Diversity: An Autohistoria of Friendship with Gloria Anzaldúa” che potrebbe uscire per l’University of Illinois Press. Ho appena terminato un memoir spirituale della nostra famiglia queer “Faery Fathering, Crystal Balls, Persephone, and a Pair of Ruby Slippers” che si concentra sulla tradizione di spiritualismo della mia famiglia, il nostro studio di gruppi mistici/occultisti, il mio interesse sui misteri eleusini, e, ovviamente, la favola queer definitiva “Il Mago di Oz,” specialmente la versione cinematografica con Judy Garland.
Continuo a scrivere poesia, sto completando una seconda raccolta di poesie intitolata “Archways and Apparitions,” e sto scrivendo racconti da inserire in una sorta di memoria erotica romanzata. Un paio di queste storie esplorano favole come “Le Dodici Principesse Danzanti” e “La Strega, il Lupo ed Io”
Avremo mai la fortuna di vederti tradotto in italiano?
Non ancora, ma sarebbe favoloso!
Una vita piena quella di David, che ringraziamo del tempo concessoci. David è quello che si definisce una “rara avis”, un artista eclettico che ricorda certi personaggi del Rinascimento con una cultura di vastità enciclopedica e versati in tutte le arti. E’, sostanzialmente, quello che, nel nostro piccolo, dovremmo essere tutti: affamati di bello e di cultura e indomiti nelle nostre battaglie.