La moderatora Valdese sull’omosessualità: “Aprire le porte a chi è stato lasciato fuori”
Intervista di Luca Baratto alla pastora Bonafede, moderatora della Tavola valdese,pubblicata sul mensile Confronti nel Gennaio 2008
La pastora Bonafede, moderatora della Tavola valdese, ci ricorda che “se qualcuno, che spesso deve vivere la propria esistenza nascondendo la propria condizione, … trova nelle nostre chiese un luogo di incontro e di confronto, questo mi fa sentire bene. Aprire le porte a chi è sempre lasciato fuori, o fatto entrare solo a mille condizioni, mi sembra faccia parte integrante della testimonianza cristiana nel mondo.
Non ha senso, come alcuni dicono, affermare che nelle chiese accogliamo tutti, però dagli omosessuali ci aspettiamo che si convertano e cambino il loro orientamento sessuale. L’unico cambiamento che si richiede a chi si raccoglie nel nome di Cristo è quello che l’evangelo esige da tutti indistintamente, e cioè il non essere centrati su se stessi, ma su Dio e quindi sul nostro prossimo”.
La pastora Bonafede è moderatora della Tavola valdese. A lei abbiamo rivolto alcune domande sul documento sull’omosessualità approvato lo scorso mese di novembre dalla IV sessione congiunta dell’Assemblea battista e del Sinodo metodista e valdese.
Qual è il suo giudizio sul documento delle Chiese battiste, metodiste e valdesi italiane sul tema dell’omosessualità?
Vorrei innanzitutto dire che si tratta di un documento a cui si è giunti dopo una bella e partecipata discussione che ha visto intervenire sia persone che hanno già riflettuto su questo tema, sia persone e chiese che invece hanno ancora delle difficoltà nell’accoglienza degli omosessuali.
E da questa discussione è scaturito un testo che sottolinea fortemente la vocazione all’accoglienza. «Accoglietevi gli uni gli altri come anche Cristo vi ha accolti», si legge nella lettera dell’apostolo Paolo ai Romani. Noi siamo stati accolti in Cristo e sentiamo di dover accogliere gli altri nello stesso modo. In più, l’accoglienza verso le persone omosessuali deve essere senza alcuna discriminazione.
Non ha senso, come alcuni dicono, affermare che nelle chiese accogliamo tutti, però dagli omosessuali ci aspettiamo che si convertano e cambino il loro orientamento sessuale. L’unico cambiamento che si richiede a chi si raccoglie nel nome di Cristo è quello che l’evangelo esige da tutti indistintamente, e cioè il non essere centrati su se stessi, ma su Dio e quindi sul nostro prossimo.
La riflessione sull’omosessualità è in corso nelle Chiese valdesi e metodiste già da diversi anni. Per avere un pronunciamento ufficiale di un’assemblea protestante si è però dovuto aspettare l’Assemblea/Sinodo dello scorso novembre. Perché ci è voluto così tanto tempo?
Sostanzialmente perché la questione dell’omosessualità non riguarda semplicemente dei principi da difendere o affermare, ma piuttosto riguarda delle persone. Sia le persone omosessuali sia le persone che compongono le nostre chiese.
Nel corso degli anni sono infatti entrate nelle nostre comunità persone omosessuali interessate alla fede protestante che hanno trovato tra noi lo spazio per vivere la loro fede. Questo ha dato a tutti la possibilità di calare nel concreto una questione che spesso viene affrontata astrattamente. Ha dato modo di capire che parlare di omosessualità significa parlare del tuo fratello e della tua sorella che frequentano con te il culto, partecipano con te alla cena del Signore, mangiano alla tua stessa tavola comunitaria.
Prima di poter arrivare a un’enunciazione ufficiale, istituzionale sull’omosessualità è occorso il tempo per le nostre chiese di compiere questo percorso che ha contribuito al cadere di molti muri, di molti pregiudizi.
Cosa succederà ora nelle chiese, quali sono le prossime tappe?
Ora abbiamo davanti a noi alcuni importanti elementi di impegno. Per esempio, quello di promuovere il riconoscimento dei diritti civili delle persone e delle coppie omosessuali. Come già un ordine del giorno approvato lo scorso mese di agosto dal Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi, anche l’Assemblea/Sinodo ha espresso una chiara condanna contro l’omofobia e ogni discriminazione motivata dall’orientamento sessuale.
Possiamo dire di aver fatto un importante passo in avanti, anche se, da un certo punto di vista, è comunque un piccolo passo. Alcuni temi, come la benedizione di coppie dello stesso sesso o il tema dei pastori e pastore omosessuali, non sono ancora stati affrontati. E credo che questo sia un bene per la stessa ragione che spiegavo prima: non si tratta di enunciare principi astratti ma di collegare le proprie affermazioni all’esperienza delle comunità. Si tratta di fare un passo alla volta.
L’interpretazione dei passi biblici che riguardano l’omosessualità rimane controversa, tanto da vedere posizioni diverse anche dell’ambito dell’Assemblea/Sinodo che pure raccoglie Chiese del protestantesimo storico…
La Bibbia, in effetti, non conosce l’omosessualità come una relazione d’amore, bensì la conosce e la indica come una scelta contronatura, come una violenza degli uomini sugli uomini. La Bibbia non conosce nemmeno l’omosessualità femminile.
Credo che questa visione – che per ragioni culturali e di conoscenza non è consapevole della possibilità che delle persone siano semplicemente orientate diversamente – possa essere superata e riletta alla luce della capacità di Gesù di incontrare le persone considerate socialmente marginali, o addirittura impure e peccaminose. Le Scritture ci mostrano che laddove c’è un nostro pregiudizio, Gesù lo scardina.
La questione dell’omosessualità, anche da un punto di vista biblico, deve essere riletta da questo punto di vista. Una relazione omosessuale, se vissuta nell’amore, nella libertà, nel rispetto reciproco, sta a pieno titolo nelle scelte della condizione umana.
Un articolo della rivista «Panorama» di qualche tempo fa parlava della Chiesa valdese come di una «icona gay»; ogni tanto questa o quella associazione gay invita a destinare l’otto per mille ai valdesi e metodisti. Come si sente ad essere moderatora di una Chiesa che viene in questo modo associata agli omosessuali?
Bene, mi sento bene! Rifiuto l’appellativo offensivo di Panorama, ma se qualcuno che spesso deve vivere la propria esistenza nascondendo la propria condizione, che viene discriminato, trova nelle nostre chiese un luogo di incontro e di confronto, questo mi fa sentire bene.
Aprire le porte a chi è sempre lasciato fuori, o fatto entrare solo a mille condizioni, mi sembra faccia parte integrante della testimonianza cristiana nel mondo.