La palafitta spirituale
Riflessioni del reverendo Roberto Rosso* pubblicate sul sito della Comunione Unitariana Italiana il 7 ottobre 2018
Cari amici, permettetemi di mettervi a parte di un dialogo che ho avuto 10 giorni fa con un signore mentre aspettavamo il treno. Io stavo bellamente ascoltando Marlin [Marlin Lavanhar, pastore unitariano universalista statunitense, n.d.r.], quando un signore mi chiede se sapessi l’inglese, avendo probabilmente sentito una voce inglese nelle mie cuffie. La domanda è un po’ stupida, perché uno non ascolterebbe qualcosa se non lo capisse, sarebbe un atto di puro masochismo, ma risposi di sì, e a successive domande, dopo aver scoperto che si trattava di un pastore protestante, mi disse di punto in bianco: io non ci credo più, nulla vale più la pena ormai. La cosa interessante, dal mio punto di vista, è che io non avevo fatto assolutamente nulla, e non avevo la minima idea o intenzione di mettermi a conversare/convertire sui binari. È probabile che il semplice accenno a qualcosa di spirituale costituisca per molti un evento a cui sono chiamati a dover rispondere. È quel “Dove sei” che leggiamo nella liturgia questa settimana e che causa sempre risposte spaventate, come quelle che leggiamo di Adamo e di Pietro. Azzardo a evidenziare una contraddizione: ”Non sarà che nulla vale più la pena proprio perché non si crede più? Che la rinuncia a una costruzione spirituale sia la causa di questo nulla?”.
P: Nulla mi soddisfa nella religione.
R: Questa affermazione contiene un duplice errore, che deriva dal considerare la religione come un blocco monolitico, pensarla come qualcosa di acceso/spento. Non lo è. È piuttosto qualcosa che, all’interno di alcuni elementi funzionali comuni, è ampiamente personalizzabile. È come una palafitta, le cui fondamenta devono essere saldissime per resistere alle maree della vita. Pensi alle palafitte. Da un certo punto di vista sono tutte uguali, dall’altro non ce n’è una che somigli a un’altra. Alle mie orecchie il tuo ragionamento suona un po’ così: siccome non mi piace quella casa lì, allora scelgo di dormire nel fango e nelle intemperie, salvo poi lamentarmi se mi viene mal di gola. Entra in casa, arredala per come puoi, lascia che ti ripari…
P: Ma tutte quelle regole sul sesso, sul cibo, sulla preghiera,non fanno per me…
R: Io non le ho mai considerate regole, ma problemi, nel senso greco del termine, ossia “elementi da sottoporre a valutazione collettiva e personale”. Se la palafitta è la costruzione cui noi costantemente lavoriamo, la tradizione che scegliamo come riferimento è un manuale di tecnica delle costruzioni, un testo che ti dica “guarda che se vuoi fare una cosa che stia in piedi, questa deve rispondere a una serie di requisiti”. Ciascuna delle regole pone un problema che sollecita delle risposte. La collezione, auspicabilmente coerente alle sollecitazioni del testo sacro o della tradizione, costituisce la tua personale palafitta. Faccio due esempi che mi vengono in mente. Alcuni traggono dall’Esodo il divieto di risiedere in Egitto, io non avrei alcun problema ad accettare una bella villa sul Nilo, ma, avendo letto L’Egitto interiore di De Souzenelle, penso che.l’Egitto sia la parte più materiale e rinunciataria del nostro animo, e che risiedervi sia l’allegoria di una rinuncia autoassolutoria, quindi personalmente interpreto il non risiedere in Egitto non come un consiglio immobiliare, ma come una indicazione a non spaventarsi, arrendersi o assolversi dell’atto di trovare dello scuro o dell’imperfetto dentro di noi, ma anzi disporci con pazienza a migliorare la situazione, non arrendendoci per eventuali insuccessi.
P: Sì, ma come fa uno a sapere tutte ‘ste cose? Io non sono istruito e non c’ho tempo.
R: All’inizio è normale che uno non sappia, e all’inizio è anche normale che le questioni siano le più semplici e macroscopiche, ma poi col tempo e la costanza diventeranno più complete e pervasive. Quanto al tempo da dedicare a questa costruzione spirituale, non prendiamoci in giro, lo si trova volendolo, anche se questo volesse dire ridursi ad ascoltare pastori in inglese sui binari.
Questo implica però un atteggiamento attivo nei confronti della pratica, un esame costante e consapevole di ciò che si sta facendo, che faccia almeno due cose: da un lato selezioni le fonti di nutrimento spirituale che ritenga più vicine a sé, o, per restare nella metafora con cui abbiamo iniziato, i consulenti d’arredo migliori per le sue esigenze ed il suo gusto; dall’altro, valuti costantemente l’efficacia che la pratica sta avendo sul proprio progetto di arredo spirituale, pronto a piccole correzioni in corso d’opera che migliorino la resa.
P: Confesso di aver fatto qualcosa del genere in passato, ma poi, col tempo, mi sono un po’ perso…
R: Infatti, ritengo il tempo abbia una dimensione ambivalente: da un lato, se siamo perseveranti, può essere un nostro alleato, dandoci modo di migliorare ogni giorno; dall’altro, può essere un nemico, cullandoci con l’abitudine e facendoci perdere di vista il nostro obiettivo. Proprio come nel caso delle palafitte, ove il fatto che reggano bene all’urto delle maree è dato da una manutenzione costante, così, sul piano spirituale, il fatto che noi possiamo avere accesso a una solida esperienza ultramondana è dato dalla pratica quotidiana costante, che ci rammenta i principî cui abbiamo deciso di votare la nostra vita, in tutte le principali esperienze che ci capita di vivere durante una nostra giornata.
Il treno poi è arrivato e ho perso questo signore nell’andirivieni di gente, ma questa esperienza mi ha fatto riflettere su quanto sia importante per noi U*U insistere su questioni di metodo, fermo restando che il merito debba essere lasciato all’arbitrio di ciascuno. Altre tradizioni, per autolegittimarsi, confondono spesso il metodo col merito, e questa ritengo sia una delle ragioni per cui l’esperienza spirituale sia così in ribasso nel nostro tempo.
Tra poco, nella Comunione dei Fiori, vorrei mi diceste in quali momenti della vostra giornata o esperienze della vostra vita ritenete più importante e utile sentire vicino a voi la rassicurante presenza del vostro seme spirituale, con cui costruire una persona spirituale capace di opporre una ricchezza e una stabilità profonda laddove altri vedono solo una marea di non senso.
Nasé Adam [Facciamo l’Uomo]
Rob
* Roberto Rosso, laureato in filosofia e psicologia, ha fondato nel 2004 la Comunione Unitariana Italiana.