La partenza, l’incontro e il ritorno. Il viaggio di trasformazione dei genitori cristiani con figli LGBT
Riflessioni bibliche tenute da don Guerri all’incontro della rete 3VolteGenitori per genitori cristiani con figli Lgbt+ (Reggio Emilia, 28 Novembre 2021)
L’immagine che più di ogni altra può rappresentare l’avventura dell’esistenza umana è IL VIAGGIO.
Fin da adolescenti, da poco sbocciati alla vita ci accorgiamo che essa è un percorso ad ostacoli per arrivare la traguardo dell’essere adulti e portare il nostro contributo personale alla vita stessa. In tutte le letterature siano esse religiose o meno, la crescita fisico-spirituale dell’uomo viene raccontata come un viaggio alla ricerca di sé e del proprio mistero personale; dico mistero non nel senso di qualcosa di nebuloso a cui ci si rivolge quando non si riesce a dire altro, ma nel senso di qualcosa che ci supera e dove la ragione, da sola e senza il sostegno della fede, può smarrirsi o non approdare a nulla. Il viaggio poi può assumere diverse forme: il viaggio come VOCAZIONE, il viaggio come TRASFORMAZIONE, il viaggio come INIZIAZIONE, il viaggio come PELLEGRINAGGIO, il viaggio come RECUPERO. Non sono forme rigide ed escludentesi l’una con
l’altra, ma elementi dell’una e dell’altra possono trovarsi mescolati assieme. Facciamo alcuni esempi per essere più chiari: ABRAMO , rappresenta il viaggio intrapreso per vocazione, cioè in seguito ad una chiamata, dove il ritorno è impossibile, perché la mèta è nel futuro dove Dio ti spinge e ti attende; mèta che tu non sai dove ti porta ma sai che c’è un’esistenza da vivere diversa dal prima.
ULISSE-ENEA-DANTE, viaggi diversi che provocano cambiamenti nella vita dei protagonisti, i quali non necessariamente sono spinti da una divinità direttamente, e dove i protagonisti approderanno ad una autocoscienza di sé stessi che li cambierà nella loro interiorità e porterà ad una crescita umana forte.
PINOCCHIO è l’esempio più chiaro del viaggio iniziatico, da burattino a persona, da bambino ad adulto, con tutti i pericoli e le prove che questo viaggio comporta e che sono simboleggiate nelle varie figure di persone o animali o situazioni che Pinocchio incontra nel cammino.
MARCO, il protagonista di uno dei racconti del libro Cuore di Edmondo De Amicis (Dagli Appennini alle Ande) che intraprende un viaggio alla ricerca della Madre, in cui è contenuto il desiderio insaziabile della ricerca delle proprie radici, per recuperare e rinsaldare la propria identità. Esiste anche un’altra forma di viaggio, che è ben conosciuta nel cristianesimo, ed è il pellegrinaggio che ha come protagonista il Pellegrino (non c’è un nome proprio tutti possiamo metterci il nostro perché questa esperienza piccola o grande nella vita, prima o poi la si vive tutti, anche qui…).
“Peregrinare significa viaggiare per recarsi in un luogo sacro o nel linguaggio cristiano, in un luogo santo“. Provo a dire in poche parole qual è il significato di un pellegrinaggio è un muoversi, è un alzarsi dalle nostre comodità abituali per testimoniare, rinforzare la nostra fede. Parto ricordando quella espressione di Sant’Agostino che diceva: “Se uno vuole cercare la verità non deve andare in giro, ma deve rientrare in sé stesso, perché la verità abita nel cuore dell’uomo”; e credo che questo si possa dire anche del mistero di Dio che abita nel cuore dell’uomo.
Il pellegrino è un uomo di fede in cammino, che è diverso anche dal viandante (al giramond’), perché il pellegrino sa dove andare, il viandante va a caso dove la strada lo porta. Penso che nel pellegrinaggio, nelle processioni in onore dei Santi o di Maria la vera meta è il camminare stesso e il camminare insieme, che diventa un aprire il cuore alla preghiera, al silenzio e alla interiorità, che porteranno ad un risultato che va ben oltre l’arrivo al luogo che ci eravamo prefissati. Infatti la parte più importante di ogni pellegrinaggio è il ritorno.
Andrej Tarkovskij nel suo libro “Tempo di viaggio” scrive: “L’importante non è l’andare, ma il tornare”. Il senso del pellegrinaggio è nel ritorno, in quella responsabilità, in quella coscienza che ci si riporta indietro. C’è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore.
Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta. Così come non credo che si viaggi per tornare come prima. L’uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato.
Il nostro viaggio di LGBT cristiani ha anche lui uno scopo da raggiungere che io ho legato ad una domanda che, nella Genesi al cap. 37 versetto 16 Giuseppe stesso fa ad un uomo che incontra a Sichem: “CERCO I MIEI FRATELLI”. Da Hebron a Sichem, dove l’aveva inviato il Padre, ci sono circa 70 chilometri, ma questa distanza oltre che fisica è soprattutto una distanza interiore, che impedisce ai figli di Giacobbe di essere veramente una “famiglia”. E quanti viaggi ci sono nella storia di Giuseppe e dei fratelli, avanti e indietro dall’Egitto, causati dal rifiuto di un fratello che era un “sognatore”, uno “diverso” dagli altri.
In tutti i casi se si può dire che l’uomo è “viator”, viaggiatore, è perché fondamentalmente l’uomo è “quaesitor” cioè un cercatore. Cercatore di felicità, di amore, di fraternità, di verità e perciò stesso di Dio. Parafrasando Marcel Proust possiamo dice che “Non si viaggia per vedere luoghi nuovi, ma per avere nuovi occhi ”, e qui possiamo dire per avere noi e aiutare la gente ad avere “un cuore nuovo” capace di amare come ama Dio. Con “cercatori di Dio” non si descrive un tipo di persona solo, ma si intende una diversità di tipologie: c’è chi si mette in ricerca per le più svariate ragioni, per passioni che bruciano dentro, per desideri che ti tolgono il sonno, per la ricerca di relazioni di fraternità che non si trovano dove vivi. E tutto parte da una povertà, una mancanza sentita. E non c’è una età più consona delle altre a cercare e a mettersi in viaggio, tutte vanno bene per arrivare alla verità di sé stessi e ad essere accolti per quello che si è.
Semmai a volte sono le delusioni che minano le forze, e fanno crescere quella rabbia interiore che rischia di far indurire il cuore. Ci sono però anche situazioni della vita che possono far deviare la ricerca su vie non buone o addirittura fermarla: es. prima di tutto la fretta, poi la non attenzione o l’indifferenza verso il sentire religioso, gli scandali degli uomini di chiesa o altro.
Dobbiamo allora salvare in noi lo spirito dei cercatori d’oro dei secoli passati: con la loro pazienza, la loro perseveranza, la loro speranza, il loro spostarsi adagio e scandagliare ogni ruscello e ogni gora che incontriamo; dobbiamo avere i loro attrezzi; la batea , il piccone, gli stivali ma soprattutto il non lasciar morire il desiderio di trovare qualcosa di bello, di grande che renda felici. Il “cercatore di Dio”, non si accontenta mai dei risultati raggiunti è bruciato da una sete infinita, ma non perché è incontentabile, ma proprio perché il richiamo che risuona nel suo intimo è infinito e lo sospinge oltre le delusioni a rimettersi sempre in cammino per cercare di nuovo. C’è una pagina della scrittura che può aiutarci in questo? Si è il viaggio dei Magi. (Lettura del vangelo dei magi – Mt.2, 1-12)
È stato detto che a Natale è Dio che cerca l’uomo, all’Epifania, è l’uomo che cerca Dio e la vicenda dei Magi lo dimostra, anzi il loro viaggio è quello dell’esistenza umana; è il viaggio della fede. Non dobbiamo ridurre questo episodio a favoletta per bambini, perché esso è una profonda sintesi teologica. È un viaggio che possiamo dividere in tre parti: LA PARTENZA – L’INCONTRO e IL RITORNO.
LA PARTENZA comprende la scoperta del proprio desiderio interiore, che cresce sempre di più, che legge i segni (la stella), legge i documenti, che ti spinge a Gerusalemme, che è lo “sgabello dei piedi di Dio”. Ma quanta fatica e delusione, i Magi incontrano nel potere e nei mestieranti della religione, che sanno ma non si muovono. Qui vediamo un dubbio che può nascere nell’uomo che cerca “ne vale le pena? Mi metto in gioco o rinuncio?”
L’INCONTRO avviene perché la stella riappare, cioè il desiderio (de sidera = delle stelle) sa andare oltre le delusioni, ti spinge sempre avanti. Saper il luogo materiale “dove” Gesù è nato, non basta, occorre che la domanda di felicità che sta dentro al tuo cuore ti bruci e ti sospinga inesorabilmente. E questo incontro non avviene nella grandezza di una reggia ma nella intimità di una casa; cioè dove si costruiscono o si dovrebbero costruire relazioni autentiche di accoglienza e d’amore, che sono indispensabili per leggersi come dono e per sapersi donare.
Infine il RITORNO, cioè i Magi non sono fuggiti dai loro paesi, ma sono partiti per cercare il senso della loro storia passata, presente e futura, quel senso che ti consente di tornare ma per altra strada, cioè a vivere la normalità ma sotto la spinta di quella verità che hanno scoperto e che fa vivere tutto in modo nuovo, più intenso e profondo ma soprattutto, più vero. “Un’altra strada” a cui fa eco il “MA il mio regno non è di quaggiù” per indicare che nonostante i fraintendimenti e le indifferenze verso ciò che è spirituale in generale e verso Dio in particolare vero pericolo per la fede oggi, il cercatore di Dio non si arrende mai, proprio come i cercatori della corsa all’oro, e prima o poi riconosceranno e riscopriranno il vero senso e il perché seguire Cristo nonostante tutto, che si rivelerà loro; ricordiamo una bellissima pagina di Flaiano:
“Cristo torna sulla terra e viene assalito dai fotografi e dai cacciatori di autografi. Tra costoro si mischiano spie della Questura, provocatori, ruffiani, agenti del fisco, maniaci sessuali, giornalisti, le solite prostitute, un comitato internazionale e alcuni sindacalisti. Nonché sociologi, psicologi, strutturalisti e cibernetica, che accompagnano biologi, fisici e attori del cinema. La televisione trasmette le scene dei vari incontri.
Pregato di fare alcune dichiarazioni sulla stampa, Gesù dice: “Chi ha orecchie per udire, oda; occhi per vedere, veda”. Gli chiedono se si tratterrà per molto: “Il tempo di essere rimesso in croce o di morire di freddo”. E aggiunge: “E adesso chi mi ama ancora mi segua”. “Lasciate che i morti seppelliscano i morti; sono venuto per mettere la spada tra di voi, chi non lascerà la sua famiglia per seguirmi perderà il Regno dei Cieli, porgete l’altra guancia, data a Cesare quello che è di Cesare, il tempio è il tuo cuore, niente profeti in Patria”. Eccetera. La folla cominciò a gridare: “Il miracolo!”. Gesù prese cinque pani e cinque pesci, e con essi sfamò la folla.
“Un altro miracolo”, gridarono dopo il pasto. Gesù sanò vari nevrotici, convertì un prete. “Ancora”, continuava la folla. “Noi non abbiamo visto!”. Gesù continuò a fare miracoli. Un uomo gli condusse la figlia malata e gli disse: “Io non voglio che tu la guarisca, ma che tu la ami’. Gesù baciò quella ragazza e disse: “In verità, quest’uomo ha chiesto ciò che io posso dare. Così detto, sparì in una gloria di luce, lasciando la folla a commentare i suoi miracoli e i giornalisti a descriverli.” (da: ENNIO FLAIANO, “Cristo torna sulla Terra”, a cura di Diana Ruesch, ed. Quaderni di “Cartevive ”, Lugano 2002).
L’essere creature fragili, imperfette rispetto alla perfezione di Dio riguarda ogni essere umano che da Dio è accolto ed amato, per grazia, nella sua propria condizione esistenziale. L’omosessualità non è una scelta ma una condizione che fa parte della natura umana, e non è necessariamente è la più importante. Per Dio siamo tutti figli non peccatori che camminano.
Dalla storia dei Magi ci viene un altro suggerimento: loro tre hanno portato tre doni diversi, che si possono leggere come frutto delle loro personali meditazioni e delle loro individualità. Domandiamoci e impegniamoci a conoscere noi stessi e i doni e i talenti che il Signore ha dato a tutti. Che siano tre, cinque o dieci non importa, ma sono quello che è più nostro e solo nostro.
Doniamoli a nostra volta e offrendogli agli altri li offriamo a Dio stesso. Questo è ciò che dobbiamo fare come cristiani etero o Lgbt. E non è importante che siano grandi cose, la sola importanza è l’amore che ci metto. Torniamo a casa stasera come i Magi “per un’altra strada”, non quella del “sono andato, ho pregato ho fatto festa e ci vediamo alla prossima”; ma quella dell’annuncio e della testimonianza che noi possiamo dare, certi che su colui che mi ama di un amore eterno, posso sempre contare per ritrovare slancio per riprendere ogni giorno e tutti i giorni.