La pietra scartata è diventata pietra angolare (Sal 118, 22-23)
Riflessioni tenute dalla teologa Elizabeth Green* all’incontro ecumenico per “Cristiani diversi” organizzato dal Progetto Gionata a Casa Cares (Reggello) il 12 Aprile 2008
«La pietra che i costruttori hanno scartata, è diventata pietra angolare, è questa è l’opera meravigliosa del Signore» (Sal 118,22-23). Questo versetto compare cinque volte nel Nuovo Testamento e tre di queste cinque volte è collocato nel tempio di Gerusalemme. Lo troviamo in tutti tre vangeli sinottici, pronunciato da Gesù alla fine della parabola dei vignaiuoli.
La parabola, ve la ricordate, racconta di un uomo che pianta una vigna, l’affitta a dei vignaioli e se ne va in viaggio. Quando c’è il momento della raccolta manda un servo per averne il frutto. Non volendo consegnare il frutto della vigna al padrone, i vignaioli maltrattano il servo il quale viene rimandato a mani vuote. Il padrone della vigna manda vari servi i quali però vengono picchiati e uccisi. Alla fine decide di mandare suo figlio convinto che di lui i vignaioli avranno rispetto. “Ma quei vignaioli dissero tra di loro ‘ Costui è l’erede: venite uccidiamolo e l’eredità sarà nostra”. Così lo presero, lo uccisero e lo “gettarono fuori della vigna” (Mc 12, 8)
A questo punto Gesù chiede “Che farà dunque il padrone della vigna? Egli verrà, farà perire quei vignaioli e darà la vigna ad altri. Non avete pure letto questa scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è una cosa meravigliosa ai nostri occhi” (Mc 12,10). Io ho citato Marco e sebbene Mt e Lc riportino delle piccole variazioni tutti i tre concordano su due elementi fondamentali per il nostro tema.
In primo luogo, la parabola portata a termine con la citazione del salmo viene raccontata da Gesù nel tempio. Secondo la cronologia dei sinottici a un certo momento del suo ministero Gesù si mette in marcia per Gerusalemme. Prima entra nella capitale (l’ingresso “trionfale” – domenica delle palme), poi entra nel tempio per “purificarlo”. Dopo una breve parentesi, (il fico secco) torna di nuovo a “passeggiare nel tempio” (Mc 11,27) dove in una serie di episodi avviene il confronto finale con le autorità religiose i capi dei sacerdoti, gli scribi, gli anziani, i farisei. Il nostro salmo, quindi, viene citato in un contesto fortemente segnato dalla polemica religiosa che ha luogo nel tempio.
In secondo luogo, l’intento sia della parabola che della citazione è chiaro, le autorità religiose si rendono perfettamente conto che Gesù li sta identificando con i cattivi vignaiuoli. “Essi cercavano di prenderlo, ma ebbero paura della folla; perché capirono che egli aveva detto quella parabola per loro”. Se loro sono i cattivi vignaioli, non è difficile capire che la pietra scartata non può che essere Gesù stesso. Questa interpretazione viene confermata dalla quarta citazione del nostro testo nel libro degli Atti.
L’occasione è la guarigione dello zoppo e la predicazione di Pietro e gli apostoli nel tempio. Interrogati successivamente dai capi religiosi, Pietro risponde “Sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele che questo è stato fatto nel nome di Gesù il Nazareno, che voi avete crocifisso, e che Dio ha risuscitato dai morti; è per la sua virtù che quest’uomo compare guarito in presenza vostra. Egli è “la pietra che è stata da voi costruttori rifiutata ed è divenuta la pietra angolare” (Atti 4,10ss).
Il nostro testo, quindi, appare in un contesto di polemica contro i capi religiosi ambientata nel tempio. Il percorso di Gesù dalla periferia della Galilea lo ha portato diritto al simbolo centrale del potere religioso d’Israele: il tempio di Gerusalemme. Là prosegue il confronto finale con le autorità religiose, confronto che aveva caratterizzato l’iter di Gesù fino a quel momento (l’osservanza del sabato, la distinzione tra puro e impuro, il perdono dei peccati e via dicendo). Tutte queste controversie hanno a che fare con chi può essere salvato e come. Nella mia lettura “il tempio” come luogo simbolo della fede d’Israele, rappresenta una visione religiosa basata sull’inclusione di alcuni e l’esclusione di altri. Infatti, mentre il tempio accoglieva il membro osservante del popolo d’Israele (maschile), esso escludeva o scartava una serie di persone le quali non potevano accedervi o vi accedevano solo in parte: le donne, gli stranieri, le persone con malformazioni fisiche.
Una buona parte della religiosità rappresentata dal tempio era costruita sulla stessa distinzione tra puro e impuro e richiedeva un rigoroso separarsi da tutto ciò e tutti coloro considerati, per un motivo o un altro impuri. Gesù, infatti, accusa i capi religiosi di essersi allontanati dal cuore della fede d’Israele (il gran comandamento) anteponendo all’integrità, la salvezza e la liberazione degli uomini e delle donne l’osservanza di leggi, precetti e tradizioni. Non è un caso che Matteo porta a termine questa sezione con i “guai” contro i farisei (Mt 23).
Che il tempio fosse al centro delle polemiche di Gesù è chiaro sia dalle accuse mosse a Gesù davanti al sinedrio (“Noi l’abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne ricostruirò un altro non fatto da mani d’uomo” (Mc 14,58)) sia dagli insulti che gli lanciavano quando era già in croce “Eh, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso e scendi giu dalla croce” (Mc 15,29). Inoltre, Gesù stesso seduto davanti al tempio aveva detto “Vedi questi grandi edifici? Non sarà lasciato pietra su pietra che non sia diroccata” (Mc 13,2).
Gesù, quindi, lancia un attacco al tempio, al tipo di religiosità e di potere che ormai rappresentava e di conseguenza viene cacciato. Anzi viene scartato. Identificandosi con gli e le escluse (le prostitute, i peccatori e i pubblicani) e schierandosi dalla loro parte, viene egli stesso escluso. In tutte tre versioni della parabola si legge che “lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero” (Mt 21,39).
Dopo il confronto nel tempio, Gesù sarà arrestato, processato, condannato e condotto fuori ad essere crocefisso. Gesù viene crocefisso, infatti, fuori le mura di Gerusalemme, lui e le sue proposte sono stati scartati ed egli muore insieme agli altri scarti del mondo di allora.
Alla fine della lettera agi Ebrei si legge “Anche Gesù per santificare il popolo col proprio sangue, soffrì fuori dalla morta della città” e poi si aggiunge “Usciamo quindi fuori dall’accampamento e andiamo a lui portando il suo obbrobrio” (Ebr 13,12s). Gesù, quindi, è la pietra scartata diventata pietra angolare ossia la pietra dalla quale sorge una nuova costruzione, un edificio, se vogliamo un tempio diverso cui siamo tutti e tutte invitati a fare parte.
Con questo passaggio arriviamo alla quinta citazione del nostro testo. In 1 Pt leggiamo “Accostandovi a lui, pietra vivente, rifiutata dagli uomini, ma davanti a Dio scelta e preziosa, anche voi come pietre viventi siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pet 2,4s.) Assistiamo a due trasformazioni, in primo luogo, la pietra scartata è “vivente”. Come si legge in Atti, Gesù è stato crocefisso sì, ma Dio lo ha risuscitato dai morti. La storia di Gesù non è finita ma ci interpella, invitandoci ad “accostarci a lui..”.
In secondo luogo, l’essere, il diventare pietra vivente, non è circoscritto a Gesù ma è una possibilità offerta a tutti. Accostandoci alla pietra scartata divenuta pietra angolare, diventiamo anche noi delle pietre viventi materia prima dalla quale Dio sta costruendola la sua dimora, la sua casa, il suo corpo, il suo tempio. “Noi siamo il tempio del Dio vivente” (2 Cor 6,16 cfr. 1 Cor 3,16) scrive Paolo mentre altrove si parla della comunità di credenti in Cristo come “l’edificio di Dio” a cui costruzione contribuiamo tutti.
Spero che ora appaia in tutta la sua forza l’importo rivoluzionario del nostro testo. Ricordiamoci che seguendo il salmo 118 il nostro versetto veniva pronunciato dopo l’ingresso al tempio. Per l’Israele tornato dall’esilio, la salvezza passava sempre dal centro. La pietra scartata viene sì riabilitata ma il viaggio che si compie è sempre dalla periferia o dai margini al centro, dall’esilio al nuovo tempio in Gerusalemme. Come abbiamo visto, la salvezza come ritorno al centro veniva ritualizzato dal salmo. Con Gesù qualcosa del tutto nuovo accade; il centro (ossia una religione basata sull’inclusione di alcuni e l’esclusione di altri) rappresentato dal tempio è scardinato, la pietra scartata salva tutti e tutte dentro e fuori ma non fa mai più ritorno al centro e perciò non produce (o non dovrebbe produrre) una proposta di fede (una chiesa) che operi esclusioni.
E’ ora di tirare le somme e chiederci che cosa possa significare per coloro che per un motivo o un altro e soprattutto a causa del proprio orientamento sessuale sono esclusi o accolti solo in parte dai vari centri che costituiscono il nostro mondo, in modo particolare dalle chiese.
In primo luogo, il messaggio di liberazione, speranza e salvezza codificata nel salmo è una realtà offerta da Dio a noi tutti e tutte oggi. Possiamo dire di più, come mostra la storia tanto dell’antico Israele “pietra scartata”, quanto di Gesù, Dio ha un debole per “gli scarti” prodotti dalla nostra “civiltà”. Dio viene incontro a coloro che si sentono, come dice Ravasi confinati e bloccati per un motivo o un altro in un luogo angusto per liberarli dalla loro angoscia per dare loro salvezza e integrità.
Dio è in grado di aprire gli spazi confinanti non solo liberandoci dai sensi di colpa, di inadeguatezza, di negatività ma dichiarandoci preziosi, facendo di noi delle pietre viventi dalle quali costruire la sua dimora. L’esempio che mi viene in mente sono le donne menzionate nella geneaologia di Gesù secondo Matteo, donne in un modo o un altro scartate dal regime e dalla religione patriarcale, donne con una sessualità decisamente non convenzionale le quali contribuiscono attivamente alla storia di Dio col mondo, Tamar, Raab, Rut e Betsabea.
In secondo luogo, Dio ci libera non in base alla nostra condizione di scarto ma a partire dalla sua grazia e misericordia. E’ vero, Dio ha un debole per coloro resi deboli dal nostro mondo ma non è la nostra (eventuale) condizione di scartati ad essere fonte di salvezza. Se lo fosse non avremmo fatto altro che ribaltare una certa teologia secondo la quale per diventare cristiani bisogna diventare eterosessuale! Come non è l’eterosessualità a renderci graditi davanti a Dio, non è nemmeno una sessualità altra! Non so se bisogna ripeterlo ma noi siamo giustificati per grazia mediante la fede. “Sei stato la mia salvezza!…Questa è opera del Signore” dice il salmista.
Tuttavia, e in terzo luogo, c’è una condizione per essere seguaci di Gesù: “Chi non porta la propria croce e non viene dietro a me non può essere mio discepolo” (Lc 14,27). Come abbiamo visto, la novità della proposta di fede di Gesù è che non passa più per il centro ma si schiera dalla parte dello scarto. Portare la propria croce vuole dire seguire Gesù fuori dall’accampamento e fare della periferia la propria dimora.
A mio avviso una delle nostre tentazioni più grandi è volere raggiungere il centro, essere riabilitati dal centro! Vorrei suggerirvi che la via di Gesù è diversa, lui ci propone di fare delle margini la nostra dimora. Ovviamente, come dice hooks, c’è da fare una distinzione tra “marginalità imposta da strutture oppressive e marginalità eletta a luogo di resistenza”. Ma, quando noi, seguendo le orme di Gesù eleggiamo le margini esse diventano “spazio di possibilità e apertura radicale…luogo di creatività e potere, spazio inclusivo, in cui ritroviamo noi stessi e agiamo con solidarietà, per cancellare la categoria colonizzato/colonizzatore” (p. 72).
Oppure ascoltiamo la proposta di Rigliano: “Dobbiamo qui avanzare un’ipotesi forte: l’omosessualità, nel nostro sistema sociale di occidentali di un paese affluente è ciò che si rivela come fallimento del sistema eterosessuale dominante. Dobbiamo riuscire a coglierne il ruolo residuale di scarto, mentre avanziamo l’ipotesi dell’omosessualità come possibilità per tutti, accanto ad altre” (p. 91).
Senza, aggiungo, io, esclusioni di sorta. La storia di Gesù, intesa come pietra scartata che è diventata la pietra angolare, può diventare la nostra. Essa è un itinerario di liberazione che non torna più al centro rappresentato dal tempio e perciò non continua a produrre degli scarti.
Il viaggio di salvezza va proprio nella direzione inversa, dal centro o dal nostro desiderio di centro ai margini, al fuori dove Cristo è stato crocifisso e dove Dio ancora oggi sceglie di dimorare.
Infine, credo che non sia difficile vedere come le istituzioni ecclesiastiche cui apparteniamo abbiano difficoltà a non produrre la stessa logica rappresentata dal tempio, logica che come abbiamo visto produce di per sé lo scarto. E’ possibile immaginare una chiesa che non lo facesse optando a fare dei margini il suo spazio di salvezza, e se sì, che ruolo potremmo avere noi, come pietre viventi, nella sua costruzione
* Elizabeth E. Green è teologa femminista e pastora della chiesa evangelica battista italiana.Tra le sue recenti pubblicazioni per Claudiana ricordiamo: Dal silenzio alla parola. Storie di donne nella Bibbia (2007), Il Vangelo secondo Paolo (2009), Il filo tradito. Vent’anni di teologia femminista (2011) e Padre nostro? Dio, genere, genitorialità. Alcune domande (2015).