La porta che Francesco sta aprendo. Comunicato di Noi Siamo Chiesa sul diaconato femminile
Comunicato stampa di Noi Siamo Chiesa del 13 aprile 2016
Noi Siamo Chiesa condivide in modo incondizionato la decisione di papa Francesco di aprire concretamente la discussione sul diaconato femminile e quindi sull’accesso della donna ai ministeri ordinati nella Chiesa. Da troppo tempo i movimenti che si ispirano al Concilio hanno chiesto che si andasse in questa direzione. Non si poteva attendere oltre, pena minare la credibilità della Chiesa cattolica.
Ci fa piacere che anche i media e l’opinione laica abbiano percepito l’importanza di questo momento, che potrebbe veramente essere storico. Sarebbe anche l’occasione perché tutta la teologia dei ministeri possa essere ripensata secondo le indicazioni del Concilio. Le ricerche ci dicono quale fosse il protagonismo femminile nei primi secoli, anche nella forma dell’imposizione delle mani alle donne incaricate di particolari ruoli. In questo modo papa Francesco, con una decisione concreta, va al di là di tante sue affermazioni generali fatte sulla donna nella Chiesa, che avevano però dato l’impressione che egli ignorasse la riflessione della teologia femminista.
Detto ciò, ci rendiamo conto delle forti resistenze presenti nelle strutture ecclesiastiche a concretizzare l’ipotesi fatta. Sono testimoni di ciò le due interviste al Card. Kasper di oggi su “Repubblica” e sul “Corriere della sera” . La Commissione, accettata dal papa, per studiare il problema non potrà essere lo strumento per insabbiare la questione nel caso non ci sia largo consenso nell’apparato ecclesiastico. Le riforme non si possono fare senza rotture, soprattutto quando pretende di comandare una vecchia cultura maschilista, pronta a usare belle parole e argomenti di comodo per non cambiare mai niente.
Noi Siamo Chiesa ritiene che ora non si tratti di decidere “se“ istituire il diaconato femminile ma solo “come” organizzarlo. A questo proposito facciamo delle osservazioni:
— si tratta anzitutto di prendere atto del fatto che già oggi le donne guidano in gran parte della Chiesa, soprattutto in certe aree del mondo, non solo gli interventi sociali ed educativi, ma anche momenti di preghiera e di celebrazione della Parola di Dio. Si tratta quindi di dare più autorità a situazioni già ben consolidate, nessuna concessione ma un riconoscimento importante che arriva in ritardo;
— papa Francesco sa che c’è il rischio che l’ampliamento del ruolo della donna possa finire in una maggiore “clericalizzazione” (questo è il termine da lui usato), in cui migliori apparenze nascondano una situazione ben poco cambiata, con una Chiesa che è maschilista in radice come quella che abbiamo oggi. Questo non può e non deve avvenire;
— il diaconato sarebbe un passo in avanti ma non ci sembra debba essere solo modellato sulla chiesa dei primi secoli. Si può pensare ad andare oltre. Potrebbero manifestarsi modi nuovi, in luoghi e tempi diversi, mediante i quali lo Spirito offre alla comunità cristiana carismi preziosi. Pensiamo per esempio a quanto il ruolo di mulieres probatae potrebbe essere prezioso nella funzione di accompagnamento spirituale di chi nella comunità è in ricerca o ha problemi esistenziali di qualsiasi tipo;
— se leggiamo il Vangelo vediamo quanto nel “seguito” di Gesù fossero presenti le donne, contro le convenzioni del tempo, e quanto fossero protagoniste in momenti indimenticabili del suo insegnamento. Oltre che col diaconato nella Chiesa le donne devono diventare protagoniste degli orientamenti pastorali e delle decisioni gestionali che presiedono alla vita delle nostre parrocchie e di tutte le strutture della vita cristiana (per esempio, dei seminari) .
Al popolo cristiano spetta adesso entrare dalla porta che papa Francesco ha iniziato ad aprire. Anche il percorso ecumenico ne sarebbe molto avvantaggiato.
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