La preghiera dei cristiani LGBT al Santuario di Caravaggio, tra libertà e crociati
Editoriale di Cristiano Gatti sul Corriere della sera – edizione di Bergamo del 19 novembre 2018
Padre nostro che sei nei cieli, so che a momenti ti arriverà all’orecchio la preghiera «riparatrice» dei cattolici tradizionalisti, riuniti a Caravaggio proprio fuori dal Santuario, autoconvocate sentinelle della fede autentica, al fianco del gruppo di Forza Nuova, tutti lì in agitazione per il convegno tra la Chiesa ufficiale e il mondo gay, finalmente alla ricerca di un confronto e di un conforto vero.
Padre nostro, io non voglio riparare niente e nessuno, tanto meno la preghiera riparatrice. Non ne ho i titoli e non sono quello che può scagliare la prima pietra. Sono peccatore quanto e più dei gay, quanto e più degli integralisti, quanto e più di Forza Nuova. Semplicemente, voglio dire che diffido da sempre di qualsiasi crociato, soprattutto dei nostri crociati di ultima generazione, che sventolano il Vangelo ai raduni politici, che scomunicano in piazza chi non è dei loro, che giudicano e dividono i buoni dai cattivi, i belli dai brutti, i sani dai malati, in nome e per conto tuo. Io non sento il bisogno di questi difensori d’ufficio.
In questo caso, se i gay manifestano il bisogno forte di sentirsi comunque abbracciati nel grande mistero, non vedo proprio il problema. Siamo grandi abbastanza per capire. Vorrei avvertire le sentinelle in assetto da guerra che comunque a Caravaggio non si riunisce una cellula terroristica. Nemmeno una setta satanista. E non è neppure una di quelle carnevalate sguaiate e patetiche di tante sfilate, tipo carri di Viareggio, dei vari gay pride. Siamo di fronte a creature che cercano un contatto con il loro Dio, chiedendo aiuto ai suoi sacerdoti.
Dov’è lo scandalo. Di sicuro non lo è per il figlio tuo, che nella sua breve vita ha chiarito un po’ di cose, a questo riguardo, ribaltando le bancarelle dei palancai nel tempio, accarezzando la Maddalena, ridicolizzando le ipocrisie di scribi e farisei. E tanto meno sarebbe uno scandalo per i seguaci suoi delle varie epoche, alcuni finiti arrosto proprio per la cupa arroganza degli integralisti del loro tempo. La fede e la chiesa di Francesco (d’Assisi), di Erasmo, dello stesso Lutero, non sono arnesi da crociata: sono l’espressione massima della libertà, soprat-tutto della prima libertà, quella dai nostri pregiudizi, dalla nostra superbia, dalla nostra vanità.
Ogni uomo è una chiesa, ogni uomo è un sacerdote, dicevano quei grandi. Tutta gente che non ha organizzato sit-in di riparazione contro i lebbrosi, le prostitute, i pagani, ma anzi li ha ascoltati e li ha abbracciati, senza chiedere niente, senza imporre esami di ammissione. Padre nostro che sei nei cieli, se una cosa ho imparato, è che nessuno ha il diritto di escludere nessuno, né divorziati, né ricconi, né gay. Perché ciascuno singolarmente deve solo rispondere alle tue domande, non alle fisime degli uomini.
È già troppo impegnativo rendere conto di se stessi, per pensare di mandare al patibolo gli altri. E qui mi fermo, perché io per primo mi accorgo d’essermi allargato parecchio, rubando il mestiere ai preti che tengono l’omelia domenicale. Spero almeno che gli integralisti concedano una preghiera riparatrice anche per me.