La preghiera, tempo di dialogo e di ascolto
Riflessione di Pasquale Iacobino tratta da Dispora Evangelica del novembre 2003
C’è un rapporto tra il pregare e l’essere figlie e figli di Dio. Secondo l’apostolo Paolo è lo Spirito santo che parla nella nostra preghiera e ci dà la possibilità di rivolgerci direttamente e con familiarità a Dio, chiamandolo Abbà, (papà, babbo). Questa familiarità rende dunque la preghiera un dialogo a tu per tu con Dio. E la risposta degli uomini e delle donne che confidano in Lui può essere anche accettare di partecipare ad un gioco di inseguimento, ricerca, nascondimento e scoperta con Lui. Persino un gioco con le regole del desiderio ardente “O Dio, dall’aurora io ti cerco, la mia anima ha sete di te mio Dio…ti parlo nelle veglie notturne…“ (Salmo 63).
“Buon giorno” disse il piccolo principe. “Buon giorno” rispose il mercante.
Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la sete.
Se ne inghiottiva una alla settimana non si sentiva più il bisogno di bere.
“Perché vendi questa roba?”, disse il piccolo principe.
“E’ una grossa economia di tempo”, disse il mercante. “Gli esperti hanno fatto dei calcoli.
Si risparmiano cinquantatré minuti alla settimana”.
“E che cosa se ne fa di questi 53 minuti?”. “Se ne fa quel che si vuole…”
“Io – disse il piccolo principe – se avessi 53 minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana…”
da “Il piccolo principe ” (Le Petit Prince) di Antoine de Saint-Exupéry
L’apostolo Paolo pregava. Dedicava alla preghiera evidentemente una ricca parte del suo tempo. Un tempo speciale che richiedeva raccoglimento e concentrazione. Un tempo che accoglieva le sue palpitazioni.
Paolo pregava. Associate al pregare usa spesso le parole “sempre”, “incessantemente”.
Pregava “giorno e notte”, “nello Spirito e con la mente”, rendeva lode a Dio Padre per l’opera di Cristo, ringraziava per i doni di parola e conoscenza ricevuti dalla chiesa, pregava per il progresso delle comunità e chiedeva alle comunità di pregare per la sua opera missionaria, “affinché mi sia dato di parlare apertamente, per far conoscere con franchezza (con forza di persuasione) il mistero dell’evangelo” (Ef. 6,19), oppure “affinché la parola del Signore si spanda e sia glorificata” (2 Tess.3,1).
Paolo è convinto di una cosa: c’è un rapporto tra il pregare e l’essere figlie e figli di Dio. Secondo l’apostolo è lo Spirito santo che parla nella nostra preghiera. La possibilità di rivolgerci direttamente e con familiarità a Dio, chiamandolo Abbà, (papà, babbo) è permessa dallo Spirito: “Perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che grida: Abbà, Padre! (Galati 4:6). Grazie al Figlio, diventiamo figli di Dio.
Accade un paradosso: è il nostro spirito che prega, ma è mediante lo Spirito santo che comunichiamo intimamente con il nostro Padre celeste. La nostra umanità non viene cancellata. Diviene dimora scelta, diviene albergo prenotato che accoglie lo Spirito del Figlio. Paolo scriverà “Io vivo, ma non sono più io, bensì è Cristo che vive in me” (Galati 2,20). Così come è grazie al Figlio che diventiamo figli di Dio, così anche nella nostra preghiera è lo Spirito santo che parla.
E’ questa filialità (e questa familiarità) che rende dunque la preghiera un dialogo a tu per tu con Dio. Riflettiamo su qualche aspetto. La preghiera è un dialogo reso possibile innanzitutto dalla volontà di Dio di stabilire una relazione con noi. E’ l’amore di Dio che precede ogni cosa. La preghiera è l’eloquenza della fede (Giacomo 5,15) che risponde all’annuncio dell’amore di Dio per i suoi figli e per le sue figlie.
E la risposta degli uomini e delle donne che confidano in Lui può essere anche accettare di partecipare ad un gioco di inseguimento, ricerca, nascondimento e scoperta. Persino un gioco con le regole del desiderio ardente “O Dio, dall’aurora io ti cerco, la mia anima ha sete di te mio Dio…ti parlo nelle veglie notturne…“ (Salmo 63).
La preghiera presuppone l’ascolto. Uno dei punti più alti delle Scritture ebraiche è il grande comando dell’ascolto, lo Shema’Israel in Deut.6,4: Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo! Amerai il Signore tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze. Dall’ascolto nasce la conoscenza e dalla conoscenza l’amore. Lo stesso valore generante viene attribuito all’ascolto dal Nuovo Testamento. Nell’episodio della trasfigurazione, la voce dalla nube dice: “Questo è il mio Figlio diletto: ascoltatelo” (Marco 9: 7).
Per i credenti è essenziale avere “un cuore che ascolta” (1 Re 3:9): ascoltare con il cuore significa tentare di ascoltare qualcuno rispettando l’integrità della persona e la complessità delle situazioni. Dando spessore agli aspetti razionali, ma anche a quelli emotivi e affettivi. Con sapienza, intelligenza e discernimento.
A volte non riusciamo ad ascoltare nemmeno noi stessi. A volte non ci rendiamo conto di quale tipo di sete siamo portatori. E ci dissetiamo con le soluzioni sbagliate.
Se ci ascoltiamo dentro sentiremmo l’anima nostra che ha sete di Colui che ci ha dato vita nuova, ha voglia di ascoltarne la voce soave. Vero ristoro dell’anima.
Ecco perché nell’esercizio dell’ascolto si è andata riscoprendo la dimensione del silenzio (anche al di là delle tradizioni ascetiche o mistiche).
Il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer diceva che “nel silenzio è insito un meraviglioso potere di osservazione, di chiarificazione, di concentrazione sulle cose essenziali”. A volte il silenzio è più eloquente di qualsiasi parola: il silenzio tra gli sguardi di due persone innamorate, il silenzio del lutto.
In silenzio per la preghiera non è semplicemente il non-parlare, o il dire meno parole. Un silenzio per la preghiera è quel silenzio che diventa custode della nostra interiorità. E’ quel silenzio che fa tacere i pensieri, i giudizi, le mormorazioni che nascono dal nostro cuore, luogo della lotta spirituale (“perché è dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono cattivi pensieri” Marco 7:21)
Un silenzio per la preghiera è quel silenzio che scava dentro il nostro cuore per creare spazio e per fare abitare la Parola del Signore, l’amore di Dio per noi, l’amore, l’accoglienza e l’attenzione per l’altro. Il silenzio richiede tempo. Piccoli passi verso la fonte. Quindi, riassumendo:
La preghiera come dialogo tra Dio e i suoi figli e le sue figlie, nel nome di Gesù Cristo e nella libertà dello Spirito. La preghiera richiede ascolto, L’ascolto richiede di apprendere il silenzio interiore.
Perseverate nella preghiera! Così ci esorta Paolo.
“…qui è la nostra casa,
la porta dove attendere,
abbiamo occhi minacciati
e ringraziamo.
Accendi il lume che conosci
E così sia.”
(R.Carifi, Poesie di Dio, p.63)