La prima guerra mondiale e la nascita dei diritti degli omosessuali
Articolo di Laurie Marhoefer* pubblicato sull’edizione statunitense del sito The Conversation (Stati Uniti) l’11 maggio 2017, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Una delle più durature, e ampiamente dimenticate, eredità della prima guerra mondiale è l’inizio del moderno movimento per i diritti dei gay.
I soldati gay sopravvissuti alla carneficina e tornati a casa si convinsero che i loro governi dovessero loro qualcosa: la piena cittadinanza. Specialmente in Germania, dove i diritti dei gay avevano già una base, seppur minima, si formarono nuove organizzazioni per sostenere pubblicamente i diritti degli omosessuali.
Sebbene il movimento che si definiva di “emancipazione omosessuale” fosse iniziato nel XIX secolo, le mie ricerche e quelle dello storico Jason Crouthamel mostrano che la guerra trasformò quel movimento per i diritti dei gay in quello che conosciamo oggi.
Morte in Russia
Nell’inverno del 1915 un soldato tedesco morì in un ospedale da campo in Russia. Il soldato, il cui nome non è stato registrato dai documenti storici, era stato colpito nella parte inferiore del corpo da uno shrapnel quando la sua trincea fu bombardata. Quattro dei suoi commilitoni rischiarono la vita per portarlo nelle retrovie dove rimase per settimane, dilaniato dal dolore della gamba mutilata e disperatamente assetato. Ma ciò che lo angosciava era la solitudine. Ogni volta che poteva, mandava lettere al suo ragazzo.
“Mi struggo dal desiderio di un sorso d’acqua fresca come si deve, e qui non ce n’è proprio”, scrisse nella sua ultima lettera: “Non c’è assolutamente nulla da leggere; per favore, mandami dei giornali. Ma soprattutto, scrivimi il più presto possibile”.
Questo soldato, che ha tenuto chi gli stava intorno all’oscuro della sua relazione, era solo uno dei circa due milioni di tedeschi uccisi nella prima guerra mondiale. La sua sofferenza non era diversa da quella che molti altri avevano provato. Quello che i suoi cari avrebbero fatto di questa sofferenza, però, fu diverso, ed ebbe conseguenze enormi.
Il suo ragazzo, che i documenti scampati alla guerra identificano solo come “S.”, aveva visto l’uomo che amava andarsene per servire il proprio Paese in una guerra che non approvava del tutto, solamente per morire da solo e circondato dalla sofferenza, mentre S. se ne stava lontano, a centinaia di chilometri, senza poterlo aiutare. S. raccontò la loro storia in una lettera indirizzata al “Comitato Scientifico Umanitario”, che la pubblicò nell’aprile del 1916.
Il “Comitato Scientifico Umanitario” era il principale gruppo di emancipazione omosessuale del mondo, e vantava circa un centinaio di membri. Proprio alla fine, la storia del soldato ebbe una svolta crudele: le risposte piene d’amore di S. si persero nel caos della guerra senza poterlo raggiungere. “Morì senza che potessi contattarlo” scrisse S.
Esigere diritti da cittadini
Dopo la guerra, molti credevano che il massacro non fosse servito a nulla, ma nella sofferenza e nella morte del suo compagno, S. colse una lezione.
“Ha perso la sua giovane vita […] per la patria” scrisse S., e quella stessa patria aveva una legge che vietava il sesso tra uomini. Ma la legge sulla sodomia era solo la punta dell’iceberg: S. e gli uomini come lui, di solito, non rivelavano le loro relazioni in pubblico, nemmeno ai familiari. L’omosessualità significava la perdita del lavoro, l’ostracismo sociale, il rischio di ricatti e anche l’incriminazione.
S. definì “deplorevole” che dei “buoni cittadini”, soldati che volevano morire per il proprio Paese, continuassero ad essere considerati “dei paria”; “Le persone orientate per natura verso il proprio sesso […] fanno il loro dovere. È arrivato il momento che lo Stato li tratti, finalmente, come loro trattano lo Stato”.
Una nuova fase dei diritti gay
Molti veterani erano d’accordo con S., e quando la guerra finì, agirono. Formarono nuovi gruppi, più grandi, tra cui uno chiamato “Lega per i Diritti Umani”, che contava centomila membri.
Inoltre, come affermo nel mio libro, era cambiata la retorica dei diritti gay. Il movimento, nel periodo prebellico, si era concentrato sul contributo della scienza per provare che l’omosessualità era naturale. Ma persone come S., che avevano fatto enormi sacrifici proprio in nome della loro cittadinanza, adesso insistevano che il governo aveva degli obblighi nei loro confronti, a prescindere da quello che la biologia poteva dire sulla loro sessualità.
Lasciarono da parte la scienza, e arrivarono direttamente ad un determinato tipo di richieste che ricalcano gli attuali diritti gay, ovvero che le persone gay sono cittadini onesti e meritano il rispetto dei loro diritti: “Lo Stato deve riconoscere la pienezza dei diritti di cittadinanza degli invertiti”, scrisse un attivista un anno dopo la guerra. Chiedeva non solo l’abrogazione della legge sulla sodomia, ma anche l’apertura degli uffici governativi agli omosessuali dichiarati: un’idea radicale per quel periodo, che sarebbe rimasta fuori portata per decenni.
Cittadini rispettabili
Le idee di cittadinanza portarono gli attivisti ad enfatizzare quella che gli storici chiamano “rispettabilità”. La rispettabilità consiste nel comportamento corretto di una persona della classe media, in contrasto con quello di persone presumibilmente poco raccomandabili, ad esempio le prostitute. Lungo tutto il XX secolo, i gruppi per i diritti dei gay hanno lottato per il diritto di servire apertamente nell’esercito: un segno di rispettabilità. Con qualche eccezione, hanno evitato gli appelli radicali a rifare completamente le regole vigenti nella società su sesso e genere, ponendo invece l’accento sul fatto di essere bravi cittadini.
Nel 1929 un portavoce della Lega per i Diritti Umani disse al pubblico in una sala da ballo: “Non chiediamo uguali diritti, esigiamo uguali diritti!”.
Ironicamente, era stata l’orribile violenza e l’altrettanto orribile perdita di vite umane della prima guerra mondiale ad ispirare, per la prima volta, queste richieste così risolute, richieste che poi avrebbero caratterizzato, a livello mondiale, i movimenti per i diritti gay nel XX secolo.
C’è voluto quasi un secolo a questi attivisti per raggiungere uno dei loro principali obiettivi: l’abrogazione della legge sulla sodomia.
Dopo la prima guerra mondiale, la Germania godette di quattordici anni di democrazia, ma nel 1933 i nazisti salirono al potere, ed usarono tale legge per uccidere centinaia di uomini, e una versione di tale legge rimase in vigore fino agli anni ’90 del secolo scorso.
Gli Stati Uniti hanno abrogato la legge contro la sodomia solo nel 2003.
* Laurie Marhoefer è assistente di storia presso l’Università di Washington.
Testo originale: The forgotten origins of the modern gay rights movement in WWI