La prima volta dei Genitori cristiani al Pride. Tutti Figli di Dio
Articolo di Innocenzo Pontillo pubblicato su Adista Segni Nuovi n° 26 del 13 luglio 2019, pp.12-13
Quest’anno i cristiani LGBT ed i genitori cristiani, riuniti nella rete 3volteGenitori, si sono ritrovati a Bologna, sabato 22 giugno 2019, per partecipare per la prima volta insieme al colorato corteo del Pride, uno dei tanti che a giugno hanno attraversato le città italiane e con cui le persone LGBT hanno voluto ricordare che sono parte di questa società e di un mondo che, spesso, si dimentica di loro e dei loro diritti.
I genitori cristiani, per la prima volta, hanno voluto essere al Pride per «portare un messaggio di accoglienza ed inclusione, perché nessun figlio LGBT e nessuno dei loro genitori si senta più sbagliato, incompreso o escluso nella nostra società e nella sua chiesa».
Per questo sono arrivati da tante città italiane (Mestre, Parma, Reggio Emilia, Livorno, Firenze, ecc.) e hanno percorso il Pride di Bologna, non senza subire qualche intemperanza meteorologica, portando un grande striscione su cui capeggiava la scritta “Kairòs. Cristiani LGBT e i loro genitori” (Kairos è parola greca che vuol dire è “il momento giusto”).
Hanno attraversato il Pride distribuendo copie del libro di testimonianze Genitori fortunati. Vivere da credenti l’omosessualità dei figli (edito dall’associazione cristiana La Tenda di Gionata) e indossando una maglietta con disegnato sopra un grande cuore multicolore, sovrastato dal versetto biblico «nell’amore non c’è timore» (1 Gv 4, 18).
Scrive Corrado, un genitore cristiano con figlio LGBT del gruppo Davide di Parma, che ora «Con una certa emozione posso dire: “ho vissuto il mio primo Pride!. Anch’io e mia moglie Michela eravamo in quel fiume di persone, giovani e giovanissimi, che ha percorso via Santo Stefano (a Bologna) per arrivare alla piazza delle Due Torri ed oltre. Due sono i sentimenti che mi riverberano dentro: lo stupore e la gioia. Stupore per il colore, le danze, i suoni, le allegorie rappresentate, la voglia di vivere e di esserci espressa sui volti di quelle persone.
Stupore per il desiderio potente, direi feroce, di essere se stessi fino in fondo al “di là di schemi o espressioni e la liberazione mista a provocazione nel poter dire: “Io ci sono, io esisto! Io sono così!”.
Stupore di incontrare in quella marea di persone visi noti, conosciuti altrove e di vedere in essi la felicità di ritrovarmi lì con loro, proprio lì: “Che bello vederti! Anche tu ci sei? Grazie!”.
Stupore per la felicità raccontata dagli occhi e dei volti di quelle persone quando guardando il nostro striscione: “Kairos. Cristiani LGBT e i loro genitori” ci dicevano sorridendo: “Grazie per essere qui! Lo dirò a mia madre!”. Stranamente e purtroppo nessuno ha detto: “Lo dirò a mio padre”. Stupore perché questo fiume di persone in qualche modo mi rappresentava la vita, ed una vita che scorre potente direi quasi inarrestabile. Esempio di tutto questo è stata la bufera di vento di pioggia e di grandine che ci ha assaliti prima dell’inizio della marcia, come mai prima avevo provato e vissuto, quasi a dirmi e a dire a tutti: 2con la vita devi farci i conti, non puoi eluderla. La realtà è superiore all’idea!”.
E la gioia! Gioia di poter assaporare una goccia di questa vita, che non avrei mai pensato di poter incontrare. Con Beatrice, un’altra mamma di Bologna, ci dicevamo: “non avremmo mai pensato che nella nostra promessa nel giorno di matrimonio, fosse compreso anche tutto questo! Che meraviglie la vita ci riserva!”.
Gioia di incontrare tanti ragazzi e ragazze, potremmo dire figli e figlie, che ci sorridevano, ci ringraziavano, si sentivano incoraggiati/e nel cammino della loro vita.
Gioia nel vedere che leggendo nel nostro cartellone la parola “cristiani” alcuni ci applaudivano e ringraziando dicevano: “Finalmente!”.
Gioia infine di incontrare altri genitori, padri e madri che come me, venuti da tante parti, volevano marciare con questi nostri figli e figlie per poter dire a loro: “coraggio, non siete più soli, noi siamo qui con voi e marciamo al vostro fianco per sostenervi!”.
Una dozzina di genitori per migliaia di ragazzi e ragazze: quanto risuonano vere le parole del Vangelo di oggi che possono essere lette come: “Date voi stessi da mangiare”! L’inevitabile mal di schiena che alla fine (del Pride) mi ha assalito è stato il giusto prezzo che ho dovuto pagare per tanta “grazia”». Aggiungono Claudio e Grazia, genitori cristiani del Gruppo TuttiFiglidiDio di Mestre: «Ma che bellissima giornata. Non vuole essere una presa in giro se riferita al tempo, ovviamente, certo è’ che siamo stati battezzati con acqua (tanta) e castigati con grandine (grossa). Ma è stata bellissima lo stesso per quello che ci ha lasciato con emozioni, condivisioni e nuove amicizie tra ragazzi e genitori.
Certo che di strada ne abbiamo fatta con mia moglie Grazia, essere passati in un paio di anni da una “via crucis” ad un “pride” non è da poco. […] Della giornata mi rimangono nella mente e nel cuore tante emozioni. La gioia di noi genitori di esserci per dare testimonianza e coraggio di uscire dagli schemi, sempre esistiti ed imposti, a noi ma sopratutto ai ragazzi.
Constatare la gioia di questi giovani di vedere che anche noi ci siamo, che li accompagniamo, che li amiamo. Gente che applaudiva e fotografava il nostro passaggio, dava la consapevolezza di essere schierati dalla parte ovvia e giusta del nostro essere genitori. La felicità che tutti noi genitori abbiamo generato, gli uni verso gli altri, nel constatare che il mondo ci ha accolto e ci ha impresso una marcia che mai avremmo pensato di possedere».
«Grazie per questa gioia e resistenza, questa vostra forza, più forte della pioggia. Il Signore con la pioggia manda molte benedizioni!». Edoardo di Roma, del Progetto Giovani Cristiani LGBT, ricorda di aver pensato a queste parole pronunciate da Benedetto XVI ai giovani riuniti per la veglia della Giornata Mondiale della Gioventù del 2011, quando questa fu interrotta da un mega temporale.
Un po’ come è accaduto al Pride di Bologna quando, con altri ragazzi cristiani LGBT, è stato travolto dalla “furia degli elementi”. Così mentre una grandine eccezionale iniziava a cadere sempre più forte, stretti sotto gli ombrelli, si è trovato pregare con gli altri ragazzi nel Pride, con le parole dell’Ave Maria. «La recitiamo ad alta voce insieme, c’è un po’ di timore (da sotto gli ombrelli non vediamo bene cosa succede intorno ma le urla, alcune di autentico terrore, non sono molto incoraggianti), […] tutti abbiamo pensato ai genitori, alcuni presenti per la prima volta ad un Pride. Volevo che tutto fosse perfetto, che si sentissero bene in un evento che spesso viene frainteso per i suoi toni molto sopra le righe, ed invece eccoci lì, in mezzo alla tempesta perfetta con la grandine che dopo qualche minuto di pausa riprende a cadere ancora più violentemente di prima.
Dopo 10 minuti (ma a me son sembrati molti di più) la pioggia rallenta e decidiamo di lasciare il nostro riparo improvvisato. […] Provo a cercare un po’ il gruppo dei genitori, megaconvinto che abbiano rinunciato a sfilare. Non trovandoli decido di incamminarmi dietro al corteo da solo, (gli altri ragazzi non se la sentono). […] Poi di colpo un gruppo di magliette cattura la mia attenzione: eccoli! Con lo striscione, con i loro sorrisi, stranamente abbastanza asciutti (chissà dove si sono rifugiati!), sfilano catturando l’attenzione di tutti.
Mentre mi avvicino vedo varie persone indicarli. Non mi trattengo, gongolante dico ai tipi che li guardano: “Sono i miei genitori” e loro: “Grandi!”. Poi ci penso e no, non siete proprio i miei genitori, ma un po’ si, dai! […] Ecco, genitori, secondo me la vostra presenza al Pride è tutta qui. Avete seminato a Bologna e qualcosa si è mosso a Roma e, son sicuro, un po’ ovunque arriverà la vostra testimonianza […]
Mia mamma, ché pur essendo molto tranquilla con la mia omosessualità ha sempre avuto difficoltà a digerire i Pride, quando le ho girato le (vostre) foto mi ha risposto: “Ma quindi è anche una cosa da vivere in famiglia?” ed io le ho risposto che sì, il Pride è un affare famiglia: è aspettarlo, sfilare assieme, è perdersi lungo il percorso, magari non trovarsi più, se non alla fine, ma essere certi che siamo lì da qualche parte, a vivere l’uno per l’altro».
Perché il Pride, con tutte le sue contraddizioni, è semplicemente lo specchio della complessità della vita e delle strade accidentate che Dio ci fa percorrere, per farci riscoprire di essere, semplicemente, tutti suoi figli.
* Innocenzo Pontillo è fondatore del Progetto Gionata e volontario dell’Associazione cristiana “La Tenda di Gionata”