La responsabilità di essere. Il mio cammino per vivermi come gay cristiano
Email ai suoi fratelli inviataci da Fabio
Cari fratelli, mai come in questo periodo ho sentito la nostra Famiglia attraversare un tempo di rivoluzione e cambiamento. E’ passato ormai quasi un anno dalla morte del papà di Roberto, quasi un anno dal mio coming out verso mamma e papà, quasi un anno di sensi di colpa che affioravano di tanto in tanto dal passato, ma che grazie alla mia fede e al mio costante equilibrio mentale sono riuscito a tenere a bada.
Un anno di cambiamenti, colpi di scena e tanto amore nascosto, tanto amore negato inutilmente, tanto amore inespresso, tanto tanto tanto amore da vendere…
Sono passati oramai otto mesi da quando sono andato via da casa per dare forma e colore autentico alla mia vita tanto desiderata e sofferta, a volte odiata nel buio del mio cuscino e nelle lacrime salate dei miei pianti clandestini, ma proprio per questo ancora più amata nel profondo del mio cuore.
Il tempo scorre inesorabile, e tante cose sono cambiate anche nelle vostre vite. E sappiamo bene tra trasferimenti vari, tra lontananze in kilometri, lavoro precario e licenziamenti, confusione e tormenti, viaggi di andata e ritorno senza mai avere una certezza, gioie di una figlia, passeggiate sul mare, giornate di fuoco, litigi con la persona amata, rabbia inespressa, grida mai urlate, lacrime sommerse e soffocate, sacrifici, soldi che vanno e vengono, più vanno che vengono, bollette da pagare, mal di pancia, cacarelle, corse interminabili, affanni a volte inutili, ansie e apatie intermittenti, mutui da pagare, insoddisfazioni e desideri, progetti e sconfitte…insomma io racchiuderei il tutto in una sola parola: “vita”.
Più guardo Papà, più l’osservo e più mi rendo conto che probabilmente si è trovato a vivere assieme a Mamma un secolo troppo difficile per il loro temperamento, per il loro costrutto mentale e le loro abitudini.
Un secolo ricco di cambiamenti, anni di rivoluzione in tutta l’Italia, dalla politica dei grandi alle famiglie dei più piccoli. Vi parlo di politica perché la vita è fatta di politica. Da quando ci svegliamo facciamo politica, ciò che mangiamo è politica, come vestiamo è politica, quello che diciamo è politica, i nostri sogni hanno una politica, il nostro modo di amare è politica, decidere come morire è politica…
Amare una donna, mettere al mondo una bimba e trasferirsi è politica. Sognare di sposare una ragazza e decidere di cambiare lavoro è politica. Decidere di seguire il proprio compagno, kilometri lontani dalla propria famiglia, e lavorare in una gelateria è politica. Amare una persona dello stesso sesso e decidere di sognare una vita assieme è politica. Decidere, per una donna come Mamma, di assecondare continuamente il proprio marito è una politica. Lasciarsi andare, per un uomo di 70 anni come Papà, giorno dopo giorno ad una depressione costante e logorante è questione di politica.
Io amo la vita e non mi sono mai fermato nella ricerca della verità perché la mia politica fosse sempre più dentro questo mondo, e fosse sempre più vicina alle vite degli altri. Scegliere di credere in un Dio è politica e quello che mi fa andare avanti è proprio la mia fede. La mia ricerca tra fede e omosessualità va avanti ormai da quasi 20 anni. Ero adolescente quando già sentivo che mi sarei imbarcato in un mare di domande, dubbi, propositi, esperienze, delusioni, speranze, gioie, lacrime, sogni.
Il mio è stato un cammino molto lento, anzi credo giusto. Le tappe giuste con i tempi giusti. Ho incontrato persone giuste nel momento giusto, e per il tempo che occorreva. Non credo sia stata fortuna o “botta di culo”, ma credo che il Signore mi abbia dato il dono di vivere a pieno ogni momento, e di saper imparare in ogni situazione una lezione di vita: soprattutto condividere la sofferenza con gli altri e non lasciarsi affogare dalla propria, e moltiplicare la gioia prima per sè stessi e poi per gli altri.
Avevo quasi 20 anni quando incontrai nella mia vita un uomo che ne aveva quasi 30 più di me.
Vedevo in lui un “alter pater”, un’immagine complementare di papà, una sorta di transfert, un secondo padre, e cercavo da lui tutto quello che papà non mi hai mai dato negli anni e non riusciva a darmi.
Magari papà ci provava, si sforzava di volermi bene a modo suo…mi ha amato di un grande amore (e sono certo che mi ama ancora), ma negli anni ha dipinto davanti ai suoi occhi un figlio come lui l’ha sempre sognato, senza mai rendersi conto che nel frattempo quel figlio cresceva e progettava una vita diversa dai suoi disegni.
Ho amato quest’uomo, ho amato di lui tutto quello che avrei voluto che papà avesse e fosse. In realtà anch’io non sono stato diverso da papà, perché spesso anche io ho voluto e ho sognato un padre diverso, proprio come lui continuava a sognare un figlio a modo suo.
Di quest’uomo ho amato più di tutto la sua accoglienza, il suo abbraccio e la sua cura, tutte cose che papà non era in grado di fare. Ho amato quest’uomo fino a donare il mio corpo, fino ad intrecciare il bene che provavo per lui con la grinta e l’eros che scoppia nel pieno degli ormoni e nel fiore di quell’età.
Avevo già avuto rapporti da piccolo con altri amici d’infanzia, ma a quell’età la sessualità ha altri sapori. A quell’età la sessualità è legata ad una diversa consapevolezza e a emozioni più sfumate rispetto alla giovinezza. Ma quando ho conosciuto quest’uomo, la mia vita è cambiata, anche la mia sessualità si andava sempre più delineando. L’ho amato fino ad annientarmi, e quando più mi rendevo conto che quella non era la felicità a cui aspiravo, più io non riuscivo a parlare con lui.
Quando, con l’aiuto di amici, sacerdoti e amici psicologi, e soprattutto con la preghiera e la meditazione, avevo cominciato ad amare papà per quello che era e ad accoglierlo come padre, ad abbracciarlo nel mio amore e a prendermi cura delle sue debolezze, quando ho cominciato a fare quello che io avrei voluto che papà facesse per me, il Signore ha cominciato ha compiere grandi cose in me. La logica inversa che misi in pratica ha cambiato il gioco perverso di quel mazzo di carte che costruiva sempre più castelli in aria e metteva ostacoli nel rapporto con Papà.
Solo allora capii che quell’uomo non poteva rendermi felice, non sarebbe stato la mia felicità. Solo allora capii che risolvendo il problema affettivo con papà sarei riuscito ad avere un vero rapporto d’amore con un altro uomo, e magari anche giovane come me, magari con un mio coetaneo…
Una sera eravamo a letto e mentre io ero sdraiato sul letto nudo sotto il suo corpo, io cominciai a piangere.
Non volevo fare l’amore (che nel frattempo era diventato soltanto un atto meccanico): gli feci capire con le lacrime che non ne avevo voglia. Quella sera avrei voluto parlargli col cuore in mano, dirgli dei miei sogni e del mio futuro.
Quella sera avrei voluto parlargli di me, di mio padre,della mia vita, delle mie paure e delle mie speranze. Ma lui niente, mi ha bloccato i polsi, ha continuato quello che sempre io gli concedevo,
e quando finì di venirmi dentro, si alzò dal letto, si mise il suo abito sacerdotale e andò via, lasciandomi solo sul letto. Ero un corpo non solo nudo: giacevo morto nella carne e nello spirito, con le lacrime ormai seccate in volto. Il giorno dopo, ci incontrammo ed io presi coraggio e gli dissi che questa storia non poteva andare avanti.
Gli parlavo piangendo, e lui mi disse una cosa che non dimenticherò mai. Quello che disse è stato più offensivo di quello che mi aveva fatto a letto la sera prima, quello che disse è stato più umiliante del mio corpo sotto il suo, le sue parole sono state più forti delle strette ai polsi per venirmi dentro a tutti i costi.
Mi disse:”Tu credi che io non ho una responsabilità più grande della tua?”
Da quella frase la mia vita è cambiata radicalmente. Oggi sono felice perché sento di avere la stessa responsabilità di qualsiasi uomo e donna che è al mondo, a prescindere dall’abito che si indossa. Ho amato quest’uomo, e non l’ho mai giudicato perchè fosse un religioso omosessuale, ma credo profondamente che tutti abbiamo la “responsabilità di essere al mondo”, a prescindere dal sesso, dalla vocazione, dall’età, dal lavoro, dalla posizione sociale, dal credo religioso…
Tutti abbiamo una responsabilità. Tutti devono necessariamente sentire il vero peso della responsabilità, quello giusto: il peso della responsabilità di se stessi, dell’altro e del mondo intero. Siamo chiamati a dare risposte, e quando non siamo capaci a fornirle, quanto meno ci si tenta, si cerca assieme, ci si incontra.
Ho imparato in questi anni che la croce non è la sofferenza in sè, la mia croce non è stato il dolore di non essere stato ascoltato quella notte. Ho imparato che la croce è il prezzo da pagare quando credi fermamente in una cosa e lotti fino al dolore.
La mia croce fu abbandonare lui e staccarmi da lui. La mia croce fu pagare questo prezzo, rinunciare alla sua accoglienza, al suo abbraccio e alla sua cura, perchè io accogliessi, abbracciassi e mi prendessi cura del mio Papà. La mia croce fu riconoscere la mia responsabilità di figlio nei confronti di mio padre e di mia madre,
di fratello nei confronti degli altri miei fratelli, e di sforzarmi di concedermi un pò di felicità su questo pianeta e di cominciare a costruirla.
Ed eccomi qui oggi, sereno nella mia casa, con il mio lavoro e con il mio tenero Roberto, la mia cagna e la mia gatta. Ed eccomi qui a desiderare che anche Mamma e Papà un giorno possano veramente sforzarsi di concedersi pace nel cuore e speranza piena, e godere di ciò che hanno ricevuto per grazia divina.
Ed eccomi qui a scrivervi tutti, a raccontarvi un pezzo della mia vita che a pochi svelo. Ed eccomi qui ad augurarmi che il Signore ci benedica tutti, che benedica tutti quelli che m’hanno aiutato a formarmi come uomo: gli amici sacerdoti, la mia comitiva, le famiglie, gli amici musicisti, i miei colleghi di lavoro, gli amici buddisti, tutti gli artisti che ho incontrato nel mio cammino, i disabili, gli emarginati, i bambini, tutti i miei amici gay e le mie amiche lesbiche, i transessuali, le puttane e i drogati, i ladri e i fannulloni…
Ma più di tutti voglio ringraziare la mia famiglia, voi che non mi avete abbandonato un solo istante nel momento più difficile della mia vita. Fra un po’ c’è la processione della Madonna, auguro che Lei possa sempre proteggervi dall’alto.
Un abbraccio sincero e caloroso, vostro Fabio