La Salvezza che cambia
Dialogo fra Paolo, volontario del Progetto Evangelici, e Gabriele Bertin, candidato al ministero pastorale della chiesa valdese e vicesegretario FGEI
In molte testimonianze di “conversione” da omosessuale a eterosessuale, come quella di Alessandro, credente della chiesa Parola della Grazia di Palermo, spesso si testimonia dell’abbandono di svariati vizi dopo l’esperienza della Salvezza, come se appartenessero all’omosessualità e non alla condizione di lontananza da Dio. Abbiamo quindi chiesto al pastore:
Alessandro racconta con entusiasmo che la salvezza gli ha dato la forza di abbandonare tutti i suoi vizi. Non è forse un dato che si può riscontrare in tutti i “salvati”, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale?
Cosa si intende per vizi, forse, dovrebbe essere la prima domanda. Il fumo? L’alcool? La pornografia? Non so se potrei definirli tali. I vizi, credo, altro non sono che sfumature del peccato che si fa spazio nell’esistenza umana: la violenza, il giudizio, il rifiuto… Quelli sono i vizi che spesso mettono radici nelle persone, nelle chiese, nei posti di lavoro. Quelli sono gli elementi che ostacolano alle persone di vivere la vita liberati dalla buona notizia dell’evangelo.
L’alcool, il fumo sono elementi che non fanno bene alla salute dell’individuo e che, quindi, fanno appello alla sua capacità di prendersi cura di sé e di amarsi. La pornografia, invece, penso che abbia un discorso a parte. Fermo restando che la base per una relazione sana è il rispetto per sé e per l’eventuale altra persona (anche se questa si trova in un video erotico su internet) non penso che questa possa essere condannata tout court.
C’è bisogno di attenzione alla dipendenza che è una malattia comprovata a livello medico ma questo vale per molti altri aspetti di dipendenza della nostra società virtuale e tecnologica. La pornografia, se usata in modo consapevole e rispettoso, può diventare parte della più ampia sfera del piacere sessuale e relazionale. Perché la sessualità non è aspetto esclusivamente destinato alla procreazione, ma è atto di piacere, unione di corpi che esprimono amore, stima e fiducia l’uno per l’altro. Così come la masturbazione non è un aspetto di condanna ma, appunto, elemento del piacere personale che ognuno/a ha il dovere e il diritto di provare.
La pudicizia e l’etero normatività che anche una certa teologia ha assunto negli anni si contrappone a quell’opera di liberazione che Gesù stesso ha iniziato con il suo ministero. Le chiese hanno troppo spesso contorto quell’insegnamento rendendolo un insieme di norme etiche patriarcali nate dall’esigenza di controllare la struttura sociale più che dal desiderio di leggere la Parola alla luce della vita ed essenza concreta dell’essere umano.
Norme sociali e non divine che hanno irrigidito e ingabbiato le relazioni, impedendo la strada del desiderio, del valore della conoscenza rispettosa della molteplice gamma di modi di essere che l’animo e il corpo umano possono esprimere, interpretando la sperimentazione sessuale e relazionale come elementi di peccato invece della varietà di possibilità di vivere un amore pieno e benedetto.
Ringraziamo il pastore Gabriele Bertin*, continueremo nei prossimi articoli ad approfondire aspetti importanti dell’essere cristiani ed omosessuali all’interno delle chiese evangeliche.
* Gabriele Bertin, candidato al ministero pastorale, affidato alla chiesa Valdese di Palermo e vicesegretario FGEI (Federazione Giovanile Evangelica in Italia).
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