L’omosessualità è illegale. La sentenza che scuote l’India LGBT
Articolo di Nish Gera pubblicato su Huffington Post Gay Voices (Stati Uniti) il 11 dicembre 2013, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
In India, la più grande democrazia del mondo, il sesso omosessuale è di nuovo illegale: di nuovo, perché la legge britannica del 1860 che dichiarava illegale “il sesso contrario all’ordine naturale” fu dichiarata illegittima dall’Alta Corte di Delhi nel 2009. Un momento che molti hanno descritto come la Stonewall dell’India.
Diversi gruppi religiosi e politici hanno impugnato la sentenza e l’hanno portata alla Corte Suprema. Ieri [10 dicembre] la Corte ha confermato (ndr valida) la legge, che prevede fino a dieci anni di carcere per i colpevoli.
1860. Ecco dove siamo rimasti.
Il giudice della Corte Suprema ha emanato la sentenza nel suo ultimo giorno prima della pensione. Mi chiedo cosa gli passasse per la testa. Mi chiedo se fosse preoccupato di essere in ritardo sulla Storia.
Mi chiedo se conoscesse il peso del suo atto. Preferisco credere di no: mi fa sentire meno imbarazzato per il mio Paese. Nei cinguettii di Twitter in ritardo sulla Storia i sostenitori della sentenza dicono che la Corte Suprema ha emanato questo verdetto “per preservare la cultura di questo Paese”.
Be’, in questo caso, se vogliamo un lavoro ben fatto, abbiamo ancora molto da fare. Per poter pienamente preservare la cultura del Paese dovremmo anche proteggere il sistema castale, l’uccisione dei feti femmina, i delitti d’onore, l’immolazione delle vedove e l’intoccabilità. E chi è toccato da questa legge?
Tanto per cominciare, tra 50 e 70 milioni di gay indiani, prendere o lasciare. (Sono le stime di Kinsey, non le mie) L’equivalente della popolazione della Francia, più di quella della Spagna e quasi il doppio di quella del Canada.
Secondo, se la legge dovesse essere fatta rispettare davvero in accordo con quanto era (ed è ancora) scritto nel 1860, ci sarebbero molte altre cose illegali, comprese le fellatio! Purtroppo non ci sono stime del numero di persone che ne sarebbero toccate. La legge criminalizza tutti gli atti carnali diversi dal rapporto eterosessuale pene-vagina, a prescindere dal consenso.
A proposito del consenso, gay o meno, anche con questo sensibile argomento abbiamo qualche problema. Nel dicembre 2012 il brutale stupro di gruppo di una studentessa di 23 anni su un autobus che viaggiava per le strade della capitale Delhi ha scioccato la nazione ed è finito sui giornali di tutto il mondo. Ma questo incidente è tutt’altro che isolato.
Lo stupro coniugale è tutt’ora lecito, perché punirlo “avrebbe il potere di distruggere l’istituzione del matrimonio” secondo un rapporto parlamentare dell’inizio di quest’anno. Non c’è da stupirsi che, su 136 Paesi, l’India si classifichi centunesima nella graduatoria dell’uguaglianza di genere del Forum Economico Mondiale. La Nigeria è al 106° posto, l’Iran al 130°, il Pakistan al 135° e lo Yemen al 136°.
Cosa abbia a che fare l’uguaglianza di genere con i diritti degli omosessuali e i diritti delle minoranze sessuali è una questione vecchia ma separata. Da indiano che ha vissuto gli ultimi dieci anni a New York, sono stato testimone del trend di cambiamento sempre più accelerato in Occidente e di come i diritti degli omosessuali siano diventati patrimonio comune. Sono certo che qualcosa del genere accadrà anche in India.
Il problema non è se, ma quando. Tra cento anni, quando queste leggi e queste questioni non saranno più di attualità in India, la gente guarderà indietro e si chiederà se abbiamo portato il cambiamento quando era un rischio e ci voleva coraggio o se era semplicemente questione di unirsi al resto del mondo e di non essere lasciati indietro nell’infamia. Quando ti porranno questa domanda cosa dirai, mia cara India?
Testo originale: Et Tu, India? Why I Am a Criminal (Again) in My Own Country