La sequenza del fiore di carta di Pier Paolo Pasolini
Riflessioni di Luciano Ragusa, curatore del Guado Cinema
Nell’estate del 1968 il produttore Carlo Lizzani invita Pasolini a partecipare ad un film collettivo ispirato alle parabole del vangelo. In principio, il film, doveva chiamarsi Vangelo ‘70, a sottolineare con forza il legame tra lo sviluppo delle trame e il Nuovo Testamento ma, al momento della circolazione nelle sale della pellicola si opta per Amore e rabbia.
Pasolini, nei dieci minuti del cortometraggio, sceglie di affrontare l’episodio del fico innocente, e così si esprime: “Ricorda quando Cristo vuol cogliere qualche fico, ma essendo marzo l’albero non ne ha prodotto ancora nessuno, e Cristo lo maledice, A me questo episodio è sempre parso molto misterioso e se ne hanno parecchie interpretazioni contraddittorie. Il modo in cui l’ho interpretato io è più o meno questo: vi sono momenti della storia in cui non si può essere inconsapevoli, e non esserlo equivale ad essere colpevoli”.
“Perciò ho fatto camminare Ninetto per via Nazionale e mentre lui camminava senza un pensiero al mondo, inconsapevole di tutto, passano sullo schermo, sovrapposte a Via Nazionale, le immagini di alcune delle cose importanti e pericolose che stanno avvenendo nel mondo; cose di cui lui, appunto, non è consapevole, come la guerra del Vietnam, le relazioni tra Est e Ovest e così via. Sono solo ombre che gli passano sopra, delle quali lui è ignaro. Poi a un certo punto si sente la voce di Dio, in mezzo al rumore del traffico, che lo sprona a conoscere, a rendersi consapevole. Ma, come il fico del vangelo, il ragazzo non capisce, perché è immaturo e innocente, e così alla fine Dio lo condanna e lo fa morire” (P. P. Pasolini, Pasolini su Pasolini. Conversazioni con Jon Halliday, Guanda, Parma, 1992, pp 117-118).
In realtà, il tema della colpevolezza dell’innocenza, lega il cortometraggio ad altri due film importanti di Pasolini, Edipo Re e Teorema, in una sorta di trilogia sull’inautenticità dell’identità dell’uomo occidentale: per salvarsi occorre guardarsi dentro, fare i conti con la Storia, non accecarsi come succede a Edipo o disgregarsi totalmente come avviene alla famiglia protagonista di Teorema.
La sequenza del fiore di carta esprime dunque la necessità dell’impegno personale, ma anche collettivo, che sfocia nella consapevolezza del mondo che abitiamo. Il regista, con questo piccolo capolavoro, non si sottrae nemmeno alla responsabilità che lo stesso artista, di fronte a ciò che capita, dovrebbe sempre tener presente: per Pasolini non è accettabile nessuna esenzione, in nome della soggettività o di forme intimistiche dell’arte, dalla consapevolezza di essere cittadini; le due dimensioni, uomo e artista, devono esprimere sempre interconnessione tra loro, un’interattività che coinvolga entrambe le parti.
A dimostrazione di questo Pasolini mette in scena una seconda abiura (la prima è quella di Uccellacci e uccellini) costituita dal rifiuto del mondo innocente rappresentato da Riccetto. Se nei primi film, soprattutto Accattone e Mamma Roma, il regista assolve il mondo degli ultimi, nel ’68 questo atteggiamento non è più possibile: le classi sono ormai perfettamente integrate nel modo borghese di pensare e sentire la vita, e ciò rende colpevole chiunque non metta in discussione, anche rappresentandolo in forma cinematografica, il proprio “modus vivendi”.
Questa tensione, se vogliamo pedagogica, accompagnerà Pasolini per tutta la vita, e sarà spesso oggetto di discussione sia nei sui corsivi giornalistici che negli interventi pubblici:
“Ecco l’angoscia di un uomo della mia generazione, che ha visto la guerra, i nazisti, le SS, che ne ha subito un trauma mai totalmente vinto. Quando vedo intorno a me i giovani che stanno perdendo gli antichi valori popolari e assorbono i nuovi modelli imposti dal capitalismo, rischiando così una forma di disumanità, una forma di atroce afasia, una brutale assenza di capacità critiche, una faziosa passività, ricordo appunto che queste erano le forme tipiche delle SS: e vedo così stendersi sulle nostre città l’ombra orrenda della croce uncinata. Una visione apocalittica, certamente, la mia. Ma se accanto ad essa e all’angoscia che la produce, non vi fosse in me anche un elemento di ottimismo, il pensiero cioè che esiste la possibilità di lottare contro tutto questo, semplicemente non sarei qui, tra voi, a parlare” (P. P. Pasolini, Il Genocidio, in “Scritti corsari”, Garzanti, Milano, 2012, pag. 231).
Scheda del film
Terzo episodio del film Amore e Rabbia. Gli altri episodi sono: L’indifferenza di Carlo Lizzani; Agonia di Bernardo Bertolucci; L’amore di Jean Luc Godard; Discutiamo, discutiamo di Marco Bellocchio.
Soggetto e sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini.
Regia: Pier Paolo Pasolini
Aiuti alla regia: Maurizio Ponzi, Franco Brocani.
Fotografia: Giuseppe Ruzzolini.
Musiche originali: Giovanni Fusco.
Musiche a cura di: Pier Paolo Pasolini.
Montaggio: Nino Baragli.
Interpreti e personaggi: Ninetto Davoli (Riccetto); Rochelle Barbieri (una ragazzina); le voci di Dio: Bernardo Bertolucci, Graziella Chiarcossi, Pier Paolo Pasolini, Aldo Puglisi.
Produzione: Castoro Film (Roma) / Anouchka Film (Parigi).
Produttore: Carlo Lizzani.
Riprese: estate 1968.
Esterni: Roma.
Durata: 10 minuti