La sessualità e l’omosessualità nel racconto della Bibbia: Le prescrizioni del Levitico
Riflessioni inviateci da Massimo Battaglio, parte terza
Tra gli scarsi versetti biblici su cui si vorrebbe fondare la condanna dell’omosessualità, ne compaiono due molto importanti, contenuti nel Levitico:
– “Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio”. (Lv 18,22)
– “Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro“. (Lv 20,13)
Per leggerli bene, occorre innanzitutto soffermarsi sul termine “abominio”. La parola ebraica usata dagli estensori del Levitico è “toebah”, origine della parola “tabù”, che oggi indica un pregiudizio che dovremmo superare ma che allora significava solo una “cosa da evitare perché contaminata”, una “cosa sporca”.
La preoccupazione è dunque innanzitutto igienica, il che spiega molto bene la collocazione della norma a fianco a quelle in cui si proibiscono determinati cibi o determinati tipi di cottura, e a quelle in cui si proibiscono gli atti sessuali incestuosi e quelli che provocano spargimento di sangue. Per il popolo di Israele era molto importante l’igiene, non solo come forma di tutela dei singoli individui, ma anche come metodo per evitare l’estinzione, fatto che sarebbe stato particolarmente grave per il popolo che si considerava eletto a concepire il Messia, perché ne avrebbe resa impossibile l’incarnazione.
Per la stessa ragione, Israele vuole mantenersi purissimo dal punto di vista razziale, evitando anche certi generi di vestiario o certi tagli di capelli tipici dei popoli vicini. Il motivo è sempre quello: non mescolarsi con altri perché il Messia deve avere solo sangue ebraico.
Al capitolo 20 si parla di condanna a morte. La stessa condanna è prevista per chi commette adulterio, chi ha rapporti con la propria madre, figlia, sorella, sorellastra, matrigna o nuora, chi ha rapporti con animali. La medesima pena deve colpire entrambi i protagonisti dell’atto: tanto l’adultera quanto il suo amante; tanto chi abusa di un animale, quanto l’animale abusato. Ci sarebbe da aprire una parentesi: mentre si hanno svariate notizie di lapidazioni di donne adultere, non se ne hanno altrettante a proposito degli amanti delle adultere stesse e, di più, non si ha alcuna notizia di lapidazione di omosessuali.
Erano così furbi da non farsi beccare? O, molto più semplicemente, gli stessi iraeliti hanno sempre interpretato le indicazioni del Levitico come qualcosa di più simbolico che prescrittivo? Forse il discorso è di nuovo da ricondurre alla questione dell’igiene e della purità: probabilmente il Levitico condanna così duramente la sessualità “aperta” non per ragioni morali ma perché avrebbe esposto tutto il popolo al propagarsi di malattie sessualmente trasmissibili, e quindi avrebbe costituito un pericolo innanzitutto sociale. Un po’ come dire: chi non capisce l’importanza di porre rigidi paletti alla propria attività sessuale, si condanna da solo.
Ma dove starebbe il pericolo della sessualità incestuosa, della masturbazione, dell’omosessualità? Forse nel fatto che avrebbe dato origine a spreco di seme in rapporti sterili, teologicamente inaccettabili per le regioni di cui sopra: il seme sprecato avrebbe potuto essere quello che avrebbe dovuto generare il Messia. Il pericolo ravvisato era quindi di condannare a rovina l’intera umanità.
Tuttavia, per i Cristiani, la salvezza si è già compiuta, il Messia si è già incarnato, è già morto ed è già risorto in Gesù Cristo. Che significato avrebbero ancora le prescrizioni alimentari, igieniche e di purezza della razza, alla luce del messaggio di Gesù e della sua esperienza?
E’ lo stesso Pietro, padre degli apostoli, a dircelo:
– “Io mi trovavo in preghiera nella città di Giaffa e vidi in estasi una visione: un oggetto, simile a una grande tovaglia, scendeva come calato dal cielo per i quattro capi e giunse fino a me. […] Vidi in esso quadrupedi, fiere e rettili della terra e uccelli del cielo. E sentii una voce che mi diceva: Pietro, […] mangia! Risposi: Non sia mai, Signore, poiché nulla di profano e di immondo è entrato mai nella mia bocca. Ribattè nuovamente la voce dal cielo: Quello che Dio ha purificato, tu non considerarlo profano. […] In quell’istante, tre uomini [pagani] giunsero alla casa dove eravamo, […] e lo Spirito Santo scese su di loro, come in principio era sceso su di noi. […] se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che a noi per aver creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?” (At 11, 6-17)
Il sogno di Pietro è l’episodio in base al quale la Chiesa nascente decide di esentare i nuovi cristiani non solo dalle prescrizioni del Levitico e dalle sue regole alimentari ma anche da tutte le altre pratiche tipiche del popolo ebraico, tra cui la circoncisione. E’ evidente quindi che si tratta di un racconto parabolico, che va applicato in senso lato.
Il significato è che il progetto di Dio si è già realizzato (“Dio ha purificato”) e quindi bisogna passare da una prospettiva di prudente attesa a un’ottica di comunione universale. La salvezza riguarda tutti, a prescindere dalle religioni e dalle culture di provenienza, e quindi, senz’altro, anche a prescindere da questioni di orientamento sessuale.
E il Levitico rimane comunque un testo sacro, perché racconta un passaggio fondamentale nella storia della Salvezza: quello del popolo che si prepara per riceverla. Per un cristiano però, essa non è più un futuro da attendere ma un presente da attuare attraverso regole nuove: quelle dello Spirito, che rendono vivo il messaggio di Gesù mediante i suoi doni.
Credo che giovi ricordare che, secondo la tradizione (non secondo me), i doni dello Spirito sono: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, pietà, scienza e timor di Dio. C’è anche la scienza, cioè progresso, cari i miei tradizionalisti. Senza la scienza, non so che farmene del vostro consiglio. Senza la scienza, non ha nemmeno senso attardarsi in tanto timor di Dio.