La settimana peggiore della mia vita. Come ho scoperto di avere l’HIV
Testimonianza di Russell (Australia) pubblicata sul sito AVERT.org, liberamente tradotta da Silvia Lanzi
Un inizio di cui avevo sentito parlare quando avevo 16 anni, che vivono circa 1100 persone nell’Australia dell’Ovest. Ecco come diventai la 1101 persona. Quindi mi stavo alzando dal letto e mi stavo preparando per la giornata, il sole splendeva, i gatti tentavano di uscire (di casa) come fanno ogni mattina, erano circa le nove. Oggi era un po’ diverso e a me sembrava diverso forse perché sapevo di essere in procinto di fare il test il test dell’HIV e tutte gli altri che conoscevo sapevano che avevo questa misteriosa sensazione che qualcosa non andasse bene.
Il mio amico più caro di quel periodo, Smith, mi disse “sono sicuro che è tutto ok”, proprio il giorno prima. Smith e io eravamo grandi amici, qualcuno pensava che avessimo una storia, ma non era vero. Smith e io ci conoscemmo pochi mesi fa ma, per qualche ragione sconosciuta, ci sembrava di conoscerci da una vita.
Decisi di andare al Royal Perth Hospital (RPH) alle 10 – avevo l’appuntamento alle 11. Per andare in città dovevo prendere l’autobus 421 e lo Striling Train fino al centro città, per tutta la strada pensavo che ciò che dovevo fare era tornare indietro e andarmene a casa e nessuno sarebbe stato più sensato (di me).
Comunque lo dovevo fare. Non facevo un esame del sangue da quasi un anno e qualcosa, dentro di me, mi diceva che avevo bisogno di scoprire se avevo qualcosa. Tutta la strada, seduto su autobus e treno, cercai di togliermi dalla mente la sensazione di essere sul punto di fare un test che avrebbe potuto cambiare la mia vita.
Per distrarmi iniziai ad ascoltare il mio iPod e suonai una canzone tantissime volte. Per qualche ragione tutto ciò che volevo era ascoltare quella canzone che mi ricordava di quando vivevo in affidamento, e avevo vissuto in 30 diverse case affidatarie, andato in più di 20 scuole, ed ero stato legato e quasi ucciso.
Sentire i bambini all’inizio e alla fine della canzone Secrets di Anastacia mi faceva sentire al sicuro mentre le parole mi giravano nella mente come se la mia vita fosse diventata una canzone. Non ho mai avuto la possibilità di essere un bambino dovendo sempre stare attento a dove mettevo i piedi, e non dovendo aver paura di ciò che mi avrebbero detto o fatto finché non l’avessero fatto alle mie sorelle o al mio fratello più grande.
Da molto tempo stavo aspettando in sala d’attesa per vedere il dottore, lo stesso che tre giorni prima mi aveva chiamato per dirmi di andare (in ospedale) mi chiese quand’era stata l’ultima volta che avevo fatto un test dell’HIV. Gli dissi che era circa un anno che non lo facevo, o forse anche di più. Guardò la mia cartella clinica e vide che non avevo fatto il test dagli ultimi mesi del 2006. Disse che avrebbe fatto un test completo, vale a dire, anale, della bocca e del pene e un esame del sangue per vedere se avevo l’HIV.
Andai dall’ufficio del dottore in infermeria e c’era accanto a me una ragazza di circa vent’anni che stava per prendermi il sangue, le dissi “Potrei urlare, odio gli aghi” mi rispose “Niente paura, sarò leggera”. Era la stessa risposta che avevo sentito dire da tutti gli altri dottori al primo ragazzo con cui avevo fatto sesso. Finì tutto dopo molto tempo e mi dissero che i risultati mi sarebbero arrivati mercoledì.
I giorni passavano, tornando a casa tutto quello a cui potevo pensare era cosa sarebbe successo se il risultato del test fosse stato positivo e cosa avrei fatto allora, come sarebbe stata la mia vita? Sarei crollato o sarei stato capace di continuare (a vivere)? La domanda più grande era: avrei avuto la forza di andare avanti con i miei progetti di lavoro o avrei lasciato tutto per un impiego dalle 9 alle 5?
Martedì non fu così semplice, rimasi a letto e dormii per la maggior parte del tempo, chiamai Smith all’incirca alle 10 del mattino, giusto per fare due chiacchiere, e lui, essendo l’amico che è, mi disse che sarebbe andato tutto bene.
Ma dentro di me sapevo che sarebbe accaduto qualcosa che mi avrebbe mangiato vivo.
Arriva mercoledì mattina, ricevetti una chiamata del dottore che mi dice “Ciao Russell, ho bisogno di vederti. Puoi venire al più presto possibile? Grazie”. Andai immediatamente al Royal Perth Hospital: non sapevo cosa mi stavano per dire. Prima pensavo all’HIV poi forse di aver beccato qualche malattia sessulamente trasmissibile. Ero così confuso, non sapevo proprio cosa fare.
Arrivai alle 10,30 di mattina e mi precipitai dentro era come se mi stessero aspettando pronti a prendermi l’anima, Andai nel suo ufficio e mi sedetti, quindi mi sentii dire: “Sono spiacente di dirtelo, Russel, ma il tuo test dell’HIV è positivo”.
Rimasi come di ghiaccio per alcuni secondi e credo di essere sembrato stupito. Trenta secondi di silenzio mi sembrarono una vita intera. Non posso credere che le mie prime parole che uscirono dalla mia bocca furono: “pensavo che si potesse tornare indietro da quella strada” Che stupidata!
Parlammo per circa 30 minuti del conteggio e di come si dovessero fare altri test. Quel giorno si prospettava duro, dal momento che, quella che pensavo essere una visita di 20 minuti, fu invece un intero giorno, dalle 10,30 di mattina fino alle 5 di sera, quando mi permisero di andare a casa.
Era come un sogno, essere spinto da un reparto all’altro. Detti 9 flaconi di sangue, era una cosa molto rara per loro sbagliare su queste faccende. Quindi lo analizzarono e dovetti aspettare fino a venerdì, quando finalmente scoprii di essere una nuova persona nell’Australia dell’ovest, e perciò nel mondo, ad avere l’HIV.
Mentre aspettavo i risultati del test, dovetti tornare al lavoro per organizzare le gare di Mr. G (ho cambiato questo nome, nella storia, per proteggere la gara). Dovevo organizzare gli incontri di Melbourne e Sydney, per trovare l’uomo più bello dell’Australia. Gli incontri di Melbourne, che si sarebbero tenuti dopo poche settimane, erano quello che più mi interessava dell’evento. Presi le paure per la mia salute e le gettai nel lavoro. Avevo bisogno che fosse la gara più calda bella dell’Australia. Volevo mostrare alla gente che non tutti i ragazzi sono simili.
Così iniziai a lavorare duro come no avevo mai fatto in vita mia. Chiamai il mio amico Smith e gli dissi di essere HIV positivo e rimase come stecchito al telefono e non rispose a nessuna chiamata che gli feci dopo. Tristemente, da quel giorno, non ho idea di cosa stia facendo o se stia bene. Venerdì arrivò così velocemente, andai dal dottore che mi chiamò nel suo ufficio e mi fece sedere e mi disse “Il test è risultato positivo”.
Lasciai lo studio sentendomi giù, triste e solo. Chi chiamare? In chi avere fiducia? Star seduto e aver scritto questo è stata la cosa più difficile che ho fatto oggi. Non mi rendo ancora conto del tutto di avere l’HIV.
Ho detto ad un amico, proprio due giorni fa, con cui ho fatto sesso che, diversamente dal solito avrebbe voluto fare sesso senza protezione, di mettermi il preservativo.
Ora lui e un suo amico stanno per fare il test. Mi disse che non era in grado di mettersi nei miei panni, nel modo in cui ero forte e seguivo il mio futuro. Non c’è nessuna possibilità che mi lasci uccidere da questo morbo e voglio aiutare ad informale persone giovani ed anziane che è meglio fare sesso protetto e farsi il test ogni 3 mesi, altrimenti si rischia di diventare HIV POSITIVI come me!!! Grazie.
Testo originale: Personal stories of men living with HIV: Russell