La solitudine è dei gay? No, questo mondo fa sentire soli tutti
Riflessioni di Pierpaolo Mandetta* pubblicate sul suo blog Vagamente suscettibile il 20 marzo 2017
Ieri ho letto un articolo “L’epidemia della solitudine gay”. In sintesi, quel fenomeno che lega i sentimenti dannosi e di abbandono che seguono la discriminazione, gli stereotipi e l’ansia che gli omosessuali hanno subito negli ultimi decenni, e che ancora affrontano.
Le chat impetuose e anestetizzanti, la ricerca della bellezza perfetta, le scarse relazioni umane, il rifiuto della famiglia. Il sesso non protetto sotto l’effetto di droghe, la tossicodipendenza, la diffusione dell’HIV, l’eccitazione nel mettere in pericolo la propria vita e quella degli sconosciuti. Alimentando il buco nero che è la distanza umana e incolmabile tra se stessi e gli altri.
È tutto deprimente, è la pura verità. E se sei gay lo è il doppio, perché ancora una volta arriva la conferma che ti trovi dalla parte sbagliata della barricata. Quella in cui la guerra non finisce mai. È cominciata da piccolo, quando volevi giocare con le bambole e il mondo già ti disse che era sbagliato. Lo disse tua madre, lo disse tuo padre, lo disse il colore rosa sulla scatola dei giochi.
Poi non volevi fare a botte a scuola o semplicemente eri più mansueto dei compagni, e il tuo marchio è diventato “femminuccia”. E sei cresciuto con il numero massimo di insulti che è possibile infliggere a un ragazzino, proprio nel momento in cui dovevi sentirti amato e ben voluto. Dicono così, quando si parla di bambini, no? Bisogna proteggerli e dargli amore. Ma non succede, nessuno protegge nessuno. E assieme al ferro negli spinaci e alla matematica a scuola, la diversità si è inserita nell’adolescenza come un pasto quotidiano.
Nasconditi, accettati mentre ti nascondi, confidati con qualcuno mentre ti nascondi. Innamorarti mentre ti nascondi, lavora mentre ti nascondi. E quando il peggio è passato, finalmente hai trent’anni, un’occupazione e un compagno, paghi le tasse, ormai le Unioni Civili sono legge, e Maria De Filippi porta due uomini a baciarsi in Tv, quante macerie ti lasci alle spalle?
Cosa rimane di milioni di ragazzi e di adulti che si sentono diversi, perché qualcuno ha deciso che essere eterosessuali è la normalità e la base di partenza? Finché si darà per scontato che si nasce etero, finché le nonne chiederanno dov’è la fidanzata, finché bisognerà accollarsi il peso di un segreto, le vite degli omosessuali non saranno mai libere, e potrebbero cercare nell’annullamento personale l’agognata libertà.
No, non siamo salvi. E non lo saremo presto. Le nostre esistenze, le credenze della società e l’immaginario collettivo sono compromessi. Per di più là fuori scalpita gente rabbiosa che si batte affinché le cose restino tali, compromesse. La politica, la religione, quei vicini di casa che ci guardano male e pretendono che la serenità sia un privilegio per pochi.
La paura di esistere. È a questo che siamo arrivati. Il contrario della libertà. Purtroppo si è liberi soltanto quando non si ha paura. E a volte smettere di preservare i doveri sociali e bastonarli, ripudiarli, cancellarli, è proprio ciò che annulla la paura. Se tutto è in frantumi, in definitiva, non puoi più temere di perderlo, e viene meno l’ansia di preservarlo. Distruggere se stessi per distruggere le paure accumulate.
Perciò ancora una volta si parla del binomio omosessualità-infelicità.
Eppure è strano: dietro casa mia, a poche centinaia di metri da un quartiere distinto con i ciliegi in fiore, c’è un boschetto frequentato dai tossici. Non sono gay, è semplicemente droga e spaccio. Corpi rinsecchiti che vagano, chiedono elemosina alla stazione e ogni tanto rompono qualcosa. E tra loro si notano tanti adolescenti già fisicamente rovinati di 16 o 17 anni. Occhiaie, lividi, ogni tanto un po’ di sangue dal naso. Avrà un significato? Dove sono i genitori? Dov’è l’istituzione? Perché hanno scelto di bruciare tanto in fretta la vita?
È un fenomeno terribile, non immaginiamo la desolazione emotiva celata dietro ognuno di quei ragazzi. Ma non fa notizia perché il problema è troppo grosso, e dunque banale, non è attraente. L’omosessualità, invece, è un etichetta in grado di ridurre un problema di tale portata e farlo diventare trattabile e accattivante. E come sempre, quando si usa un’etichetta per parlare di fenomeni ampi, si distoglie l’attenzione dalle cause, concentrandosi sull’effetto.
Il problema non è la solitudine dei gay. Il problema ce l’ha il mondo intero. Ce l’abbiamo noi. È la guerra che ci portiamo dentro e che proviamo a occultare comprando bei vestiti, ubriacandoci il sabato sera, eleggendo un nuovo sindaco, postando foto su Instagram. Scrivendo articoli su quanto gli omosessuali si sentano soli.
Piantiamola di dire stronzate e guardiamoci allo specchio, piuttosto. Abbiamo smesso di creare felicità e di condividerla. 1/9 della popolazione muore di fame e migliaia di persone fuggono dai massacri. Ignoriamo i senzatetto lungo i marciapiedi. Non tuteliamo i deboli. Insultiamo gli estranei.
Fingiamo che gli amici di Facebook siano reali per non ammettere una routine priva di calore. Siamo ingabbiati dagli orari d’ufficio, paghiamo affitti assurdi per pochi metri quadri e rincorriamo i weekend. Le donne vengono umiliate con il revenge porn perché solo l’uomo può amare il sesso. I ragazzini si minacciano su Whatsapp e si iscrivono in palestra, invece di correre tra i prati e sperimentare l’umanità. Essere sensibili non ha mai smesso di sembrare un difetto.
Come si fa a non cadere nella solitudine in un mondo simile? Un mondo che trascura chi soffre ed esalta le nostre differenze. È così che diventiamo insensibili e poi soli, uno dopo l’altro. E per guarire dovremmo tutti tornare a “praticare gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”.
*Pierpaolo Mandetta, classe ’87, nasce a Paestum e vive a Milano. Viene fuori da una classica famiglia italiana: un padre assente, una madre morbosa, una sorella migliore di lui in tutto. Ha pubblicato in self una collana di racconti erotici, un urban fantasy e il romance “Cuore Satellite”. È anche blogger a tempo pieno e cura una posta del cuore sulla sua pagina.