Rudolf Brazda. L’ultimo triangolo rosa
Articolo di Mickaël Bertrand pubblicato sul sito del Nouvel Observateur (Francia ) l’8 agosto 2011, liberamente tradotto da Dino
Rudolf Brazda, l’ultimo sopravvissuto conosciuto della deportazione nazista a causa dell’omosessualità è morto mercoledì 3 agosto 2011. La vita di quest’uomo, che ha acquisito la nazionalità francese nel 1960, ci può insegnare molte cose. La scomparsa di Rudolf Brazda, l’ultimo “triangolo rosa” deportato a Buchenwald suscita una grande tristezza… e permette anche di interrogarsi sulla storia e sulla memoria di questo tragico avvenimento.
Chi è Rudolf Brazda? Nato il 26 giugno 1913 in territorio tedesco, i suoi genitori sono degli austro-ungheresi emigrati in Sassonia per motivi economici. In questo inizio del XX secolo l’abbrutimento della società e i conflitti che ne derivano avranno gravi conseguenze sulla vita di Rudolf. In seguito alla Prima Guerra Mondiale la riorganizzazione dell’Europa centrale per effetto del trattato di Versailles gli impone la nazionalità del nuovo stato cecoslovacco.
Sdegnando questa arbitraria identità amministrativa, Rudolf Brazda costruisce la propria identità attraverso una gioventù improntata alla spensieratezza e alla libertà. Libertà di opinione, in primo luogo, quando nel 1936 aderisce alla Gioventù Comunista tedesca in un paese sottomesso alla propaganda di Hitler. E anche libertà d’azione quando decide di vivere pienamente la sua attrazione per gli uomini in una Germania che sta sviluppando un’ideologia fautrice della natalità, nella quale l’omosessualità maschile è oggetto di discriminazione e anche di persecuzione.
Rudolf Brazda non tarda ad essere bersagliato. Viene condannato una prima volta nel 1937 a otto mesi di carcere a causa del suo amore per gli uomini. Alla sua liberazione deve lasciare il territorio tedesco per stabilirsi in una Cecoslovacchia che egli non conosce affatto, ma alla quale risulta legalmente appartenere per cittadinanza. Stabilitosi a Karlsbad, lì ricostruisce la sua vita fino a che l’inarrestabile espansionismo di Hitler dilaga nella provincia dei Sudeti nell’ottobre 1938.
Da quel momento la legislazione nazista è applicata anche a questa nuova regione dell’Europa e Rudolf viene di nuovo preso di mira in riferimento al Paragrafo 175 che condanna qualsiasi atto di natura omosessuale. A causa della sua recidività finisce nuovamente in prigione, ma stavolta per un periodo più lungo. Entra allora nell’ingranaggio del sistema penitenziario nazista, che lo porta progressivamente nel campo di concentramento di Buchenwald nel 1942. Non ne uscirà che al momento della liberazione del campo. Le circostanze lo portano allora in Francia, dove decide di stabilirsi insieme al suo compagno prima di chiedere, nel 1960, la cittadinanza francese. Solo alla morte di quest’ultimo decide di rilasciare la sua testimonianza raccolta da Jean-Luc Schwab (“Itinerario di un triangolo rosa”, edizioni Florent Massot, 2010). Il 28 aprile 2011 la Repubblica Francese aveva deciso di rendergli onore conferendogli la Legion d’Onore.
Una storia dell’omosessualità nel XX secolo
Nella maggior parte degli articoli e dei commenti pubblicati dopo la sua scomparsa, è soprattutto la deportazione di Rudolf Brazda ad esser messa in evidenza. Questo avvenimento è infatti tragico, e segna indelebilmente la memoria. Io stesso, durante un’intervista rilasciata all’AFP, ho avuto occasione di ricordare che le nostre conoscenze su questo argomento necessitano ancora di ulteriore approfondimento e che devono essere incoraggiate le ricerche storiche in questo campo. La vita di quest’uomo ci può tuttavia offrire molti altri insegnamenti. La sua testimonianza contribuisce a migliorare la conoscenza della storia dell’omosessualità nel corso del XX secolo e non soltanto durante il periodo nazista.
Attraverso il suo percorso si scoprono anche le pratiche ricorrenti del travestitismo in alcuni ambienti omosessuali che ad esempio fanno circolare cartoline che raffigurano uomini truccati e che portano tacchi alti. Rudolf Brazda ci porta anche con lui nei parchi e nei boschetti che rappresentavano luoghi di cruising favoriti prima che venissero rimpiazzati dai bar, dalle saune e dai siti Internet.
Infine si può scoprire con stupore che all’inizio degli anni ’30, quasi 70 anni prima dei PACS, era già possibile organizzare una specie di “pranzo di nozze” con amici e talvolta con le stesse famiglie, per celebrare l’unione d’amore di due giovani innamorati.
Al di là delle fluttuazioni della storia della società, condizionata dall’evoluzione giuridica, la testimonianza di Rudolf Brazda è una storia che manifesta questo irresistibile bisogno d’amore e questa rabbia quasi incomprensibile di difendere sempre questa forma di amicizia particolare, anche contro le peggiori atrocità dei regimi autoritari.
Un vuoto incolmabile nella memoria della deportazione
La scomparsa di Brazda non è però soltanto l’occasione di ricordare la storia di questi tragici avvenimenti, ma costituisce anche un importante momento per le memorie europee e mondiali. Mercoledì 3 agosto 2011, è l’ultimo sopravvissuto conosciuto della deportazione a causa dell’omosessualità ad essersi spento. Questo momento, tanto temuto da molti decenni, è arrivato. Tra qualche anno tutti i sopravvissuti della Seconda Guerra Mondiale saranno probabilmente scomparsi ed entreremo allora in un nuovo temuto periodo in cui l’emozione della voce del testimone non potrà più portarci il ricordo di un avvenimento che ancora oggi costituisce un punto di riferimento nella concreta rappresentazione del male.
Ce ne dobbiamo preoccupare? La scomparsa dei sopravvissuti lascerà via libera agli argomenti negazionisti, che del resto non hanno aspettato questa scadenza per manifestarsi? Niente è meno certo. Tuttavia, leggendo alcuni commenti di internauti pubblicati in calce ad articoli che riferiscono il decesso di Rudolf Brazda, ci si può porre qualche interrogativo:
1 <Senza fare dello spirito fuori luogo, mio padre che ha fatto la guerra ed è sbarcato in Provenza, ha fatto la campagna di liberazione della Francia tra gli Zuavi ed è stato ferito due volte, una volta nei combattimenti nella sacca di Colmar e un’altra volta nelle Ardenne dove si è finto morto in un fosso gelato per evitare di essere finito come i suoi compagni feriti dai soldati tedeschi, non ha mai avuto altro che il valor militare. Avrebbe certo meritato la Legione d’Onore come i suoi compagni morti in combattimento.>
2 <La Legione d’Onore per un tipo che non masticava la lingua francese e preferiva esprimersi in tedesco!!!!!!!!!!??????????? Semplicemente perché era omosessuale??????>
Tra questi esempi ancora visibili il venerdì 5 agosto 2011 sul sito d’attualità di Orange, è possibile leggere numerosi commenti di contenuto negativo, anche francamente omofobi. Dalla lettura dei diversi post sembra di capire che la deportazione a causa dell’omosessualità sia ancora largamente misconosciuta dalla popolazione francese, e questo provoca alcune reazioni esagerate.
Appare dunque urgente, per lottare con efficacia contro l’omofobia, potenziare l’insegnamento del concetto di genere e delle sessualità. Certo, non è il caso di inserire la storia dell’omosessualità nei programmi scolastici. Sarebbe una cosa stupida e inutilmente provocatoria nell’ottica di un insegnamento democratico destinato agli adolescenti. La polemica attualmente messa in piedi da Christine Boutin a proposito dell’insegnamento del concetto di genere in SVT (corso scolastico di Scienza e Vita della Terra, ndt) ne rappresenta un triste esempio.
Nondimeno, il professore di inglese potrebbe evitare di dissimulare l’omosessualità di Oscar Wilde per studiare degli estratti classici del Ritratto di Dorian Gray. Il suo collega di letterature farebbe probabilmente la stessa cosa quando parla dell’opera di Rimbaud. Infine, il professore di storia potrebbe puntualmente parlare in classe delle logiche della pederastia greca (da non confondere con la pedofilia contemporanea) nel processo di formazione del giovane cittadino ateniese, così come della persecuzione degli omosessuali da parte del regime nazista, ma anche da parte della giustizia nell’epoca attuale.
Senza arrivare ad una forzata introduzione di questi argomenti in una lezione più o meno magistrale, tutte le discipline scolastiche possono e devono contribuire ad insegnare una tolleranza degna di una repubblica, evitando di dissimulare la presenza e il contributo dell’omosessualità nella storia della Francia e del mondo. Altri Paesi, tra i quali l’Inghilterra, lo sperimentano positivamente da molti anni.
Robert Badinter in più occasioni ha spiegato che si può valutare il livello di democrazia di una società dallo spazio che quest’ultima concede alle proprie minoranze. La storia di Rudolf Brazda ci consente di aggiungere che non si deve mai considerare questo livello come definitivo, e che è bene lasciare che il nostro sguardo spazi in un ampio lasso temporale, per meglio comprendere e apprendere la storia della nostra società, e che arrivi anche oltre i confini nazionali, nei luoghi in cui migliaia di omosessuali muoiono ancora in condizioni spaventose.
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Testo originale: La mort du dernier déporté pour homosexualité nous impose un devoir d’histoire