La storia di Ruth e Noemi, un esempio di amore benedetto dalle Scritture
Riflessioni bibliche* pubblicate sul sito Would Jesus Discriminate? (Stati Uniti), liberamente tradotte da Silvia Lanzi
La stessa parola ebraica che si usa in Genesi 2:24 per descrivere cosa Adamo provava per Eva (e che si spera gli sposi provino l’uno per l’altro) è usato in Ruth 1:14 per descrivere cosa Ruth provava per Noemi. I loro sentimenti erano celebrati, non condannati.
Durante la storia cristiana il voto di Ruth a Noemi è stato usato per illustrare la natura del patto matrimoniale. Queste parole vengono lette spesso alle cerimonie nuziali cristiane e sono usate nei sermoni per illustrare l’amore ideale che gli sposi dovrebbero provare l’uno per l’altro. Il fatto che, originariamente, queste parole siano state dette da una donna ad un’altra donna ci dice molto di cosa Dio pensi riguardo alle relazioni omosessuali.
Nell’intera Bibbia ci sono solo due libri con il nome di una donna. Uno è Ester, che racconta la storia di un’ebrea che diventa regina di Persia e che salva la sua gente dalla distruzione facendo “coming out” come ebrea con suo marito, il re. L’altro è Ruth, che racconta la storia di due donne che si amano e si aiutano a vicenda in tempi difficili. Entrambi i libri contengono potenti messaggi per i gay, le lesbiche e le persone bisessuali, ma è la storia di Ruth che mira alla domanda che abbiamo sollevato nel capitolo uno: due persone dello stesso sesso possono vivere una relazione impegnata e amorevole con la benedizione di Dio?
All’inizio del libro di Ruth ci si presentano Noemi e suo marito Elimelech. Sono di Betlemme, dove una terribile carestia ha reso impossibile trovare cibo. Così hanno preso i loro due figli e sono andati a Moab, una terra straniera dove credevano di poter sopravvivere. Sfortunatamente, Elimelech muore poco dopo l’arrivo a Moab. Passano parecchi anni e i figli di Noemi sposano Ruth e Orpa, due donne del territorio circostante. Ma, prima che possano avere bambini, anche i suoi figli muoiono. Noemi, Ruth e Orpa sono lasciate sole senza mariti né figli.
Per capire in pieno l’impatto di questi accadimenti, abbiamo bisogno di calarci nella mentalità del tempo. Quando fu scritta questa storia, le donne avevano solo due posti accettabili nella società: potevano essere figlie nella casa del padre o mogli nella casa del marito. Una donna senza uomo non aveva una posizione sociale. Ci sono diverse storie dell’Antico Testamento di vedove quasi morte di fame perché non avevano nessuno che si prendesse cura di loro. Il costante comandamento biblico di “occuparsi di vedove e orfani” nasce dalla consapevolezza che le vedove erano tra le persone più vulnerabili della società.
Questo contesto rende la scena successiva quasi incredibile. Noemi è in lutto e, riconoscendo il suo stato di vedova, decide di tornare a Betlemme dove c’è la famiglia di suo padre e dove spera di trovare cibo. Consiglia le sue nuore di fare lo stesso – di ritornare dalle loro famiglie. Sa di non poter offrire loro alcun aiuto in quanto donna e teme che lei sarà solo un peso. Orpa, ragionevolmente, torna a casa.
Ma Ruth non può sopportare di farlo. I suoi sentimenti arrivano troppo in profondità. La parola ebraica usata in Ruth 1:14 per descrivere i suoi sentimenti è abbastanza eloquente. Il testo dice “Ruth si unì a [Noemi]”. La parola ebraica per “unirsi” è “dabaq”. Questa è precisamente la stessa parola ebraica usata in Genesi 2:24 per descrivere ciò che Adamo provava nei confronti di Eva.
Ricorderete probabilmente la storia di Adamo ed Eva com’è narrata in Genesi 2. Dopo che Dio crea Adamo, egli è terribilmente solo. Nessuno degli animali che Dio ha creato – magnifici come sono – è in grado di soddisfare il profondo bisogno di compagnia di Adamo. Così Dio fa addormentare profondamente Adamo, prende una costola dal suo fianco e crea Eva. Quando Eva è presentata ad Adamo, egli esclama: “Questa volta essa è ossa delle mie ossa e carne della mia carne…!” Finalmente Adamo ha trovato una compagnia umana.
Il versetto successivo del testo segna quindi un importante conclusione teologica dall’esperienza di Adamo. Si dice che per questa ragione (cioè il bisogno di compagnia) l’uomo lascerà suo padre e sua madre quando sarà cresciuto e si “unirà”(“dabaq”) a sua moglie (Genesi 2:24). E, naturalmente, per la stragrande maggioranza degli esseri umani, perché è la volontà di Dio per loro – che un uomo e una donna lascino la casa dei propri genitori e formino una relazione l’un con l’altro così stretta e intima, che si possono descrivere come “uniti” l’uno all’altro.
Ma, e per quelle persone che non sono eterosessuali? È possibile per loro, con la benedizione di Dio, formare questo tipo di relazione intima con qualcuno del proprio sesso?
Lo Spirito Santo risponde definitivamente a questa domanda in Ruth 1:14. Qui le Scritture dicono – senza scuse, imbarazzi o riserve – che Ruth aveva gli stessi sentimenti nei confronti di Noemi che si suppone gli sposi sentano reciprocamente. Lontano dall’essere condannati, i sentimenti di Ruth sono celebrati.
Infatti, per togliere ogni dubbio sui sentimenti che Ruth provava per Noemi, le Scritture continuano registrando i dettagli del voto che Ruth fece a Noemi. Ecco qui le sue parole:
“Non insistere con me perché ti abbandoni e torni indietro senza di te; perché dove andrai tu andrò anch’io; dove ti fermerai mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio; dove morirai tu, morirò anch’io e vi sarò sepolta. Il Signore mi punisca come vuole, se altra cosa che la morte mi separerà da te” (Ruth 1:16-17).
Quando Ruth disse queste commoventi parole, “dove morirai tu, morirò anch’io e vi sarò sepolta”, non stava parlando di un futuro teorico e distante. Stava dando voce alla possibilità molto reale che la sua decisione di mettere la sua vita nelle mani di un’altra donna potesse provocare la morte. La cosa più sensata sarebbe stata quella di consentire a Noemi di tornare alla sua famiglia e a Ruth di tornare alla propria. Ma Ruth non fece la cosa più sensata. Gettò al vento la prudenza, andò contro ogni istinto di sopravvivenza. Solo una parola potrebbe spiegare le sue azioni – l’amore.
Dopo questo discorso, fatto nel primo capitolo, la storia continua narrando della vita di Ruth e Noemi insieme. Il centro è la qualità della loro relazione. Il narratore biblico racconta di come Ruth si sia presa cura di Noemi facendo l’unico lavoro disponibile ad una donna senza marito, la spigolatrice. Quando l’autore racconta di un eventuale matrimonio di Ruth con un uomo molto più vecchio, il matrimonio è presentato come di convenienza in modo da aiutare Ruth e Noemi a sopravvivere alle dure condizioni della vedovanza. Non si fa nessuna menzione dell’amore di Ruth per suo marito. E, quando finalmente Ruth ha un bimbo dal suo matrimonio, il testo si focalizza su Noemi e la sua reazione alla grande notizia, non sul padre. Infatti le donne del villaggio (e l’autore) ignorano completamente il padre, dicendo, “È nato un figlio a Noemi!” (Ruth 4:17). Ricordano che Ruth “ti ama, e che vale per te più di sette figli” (Ruth 4:15). Sembra che tutti capiscano che, per Ruth e Noemi, la relazione più importante fosse quella che condividevano.
Ecco la storia che racconta la Bibbia: i sentimenti di Ruth nei confronti di Noemi erano quelli di Adamo per Eva; lei lasciò tutto per poter stare con Noemi; mise a rischio la sua vita, per potersi prendere cura di Noemi; e, anche dopo aver sposato un uomo, la sua relazione più importante era quella che condivideva con Noemi. Se mettiamo da parte i nostri preconcetti su ciò che è possibile nella Bibbia, il libro di Ruth si legge come la storia di due donne innamorate.
Istintivamente, e forse involontariamente, i cristiani nel corso dei secoli hanno riconosciuto la validità di questa interpretazione. Il voto che Ruth ha fatto a Noemi (citato sopra) è stato letto per secoli ai matrimoni cristiani perché cattura così perfettamente l’essenza dell’amore che dovrebbe esserci tra gli sposi. Non è incoerente usare queste parole per definire e celebrare l’amore sponsale, ma poi categoricamente si insiste sul fatto che coloro che in origine le hanno dette non si amavano di amore sponsale.
Nella prima edizione del suo libro Our Tribe la reverenda Nancy Wilson, lei stessa lesbica, racconta di un tempo in cui recitò in un’opera teatrale che includeva la storia di Ruth e Noemi: “Dopo la prima o la seconda esibizione, una giovane coppia eterosessuale venne da me timidamente, dicendomi quanto avessero amato la recita, specialmente la parte su Ruth e Noemi – che avevo spiegato poi nel dibattito con il pubblico. Gli era piaciuto talmente il passaggio del libro di Ruth che volevano il mio permesso per usarlo alle loro nozze! Ero così commossa che mi sono quasi messa a ridere, ma, abbastanza seriamente ho dato loro il permesso, ma solo se in qualche modo potessero indicare che queste parole, originariamente, erano state dette da una donna ad un’altra donna. Furono gioiosamente d’accordo con i miei ‘termini’, mi ringraziarono e se ne andarono. [Ora] mi immagino di interrompere quei poveri eterosessuali ignari al loro matrimonio con “STOP, nel nome di Ruth e Noemi…! Smettete di rubare le nostre storie rendendo i nostri rapporti illeciti o caratterizzandoli come immorali!”
Questo è precisamente ciò che molti hanno fatto nella Chiesa, condannando duramente tutte le donne che hanno il coraggio di condividere lo stesso voto che Ruth fatto a Noemi. Ma, come può essere sbagliato per due donne fare questi voti, quando abbiamo l’esempio biblico di Ruth e Noemi che fanno esattamente lo stesso?
Alcuni potrebbero obiettare dicendo “Ma la Bibbia non esce allo scoperto e non dice che Ruth e Noemi erano amanti. Va bene per le donne vivere insieme e prendersi cura l’una dell’altra… e nient’altro”. Sembra che queste persone pensino che la principale differenza tra le relazioni lesbiche moderne (che condannano) e il resoconto biblico di Ruth e Noemi (che accettano) sia che la Bibbia non menziona esplicitamente che tra le due non c’era intimità fisica. Ma mettiamo in discussione questa nozione. Che tra Ruth e Noemi ci sia stata o no intimità fisica, riteniamo che sia la sola idea di due donne che vivono in un amorevole rapporto di alleanza a cui molti cristiani obiettano.
Immaginate un telepredicatore conservatore che dà consigli a due donne della sua congregazione. Le donne gli dicono “Vogliamo vivere insieme e impegnare il nostro amore reciproco nel segno di Dio e di questa congregazione. Vogliano che la nostra famiglia ecclesiastica celebri la nostra relazione. E, per le parole dei nostri voti, vogliamo usare Ruth 1:16-17.”
Lui dice “Non posso permetterlo. La nostra Chiesa è contro l’omosessualità”.
“Oh,” dicono le donne, “va bene, rimarremo nubili. Pensalo come un ‘matrimonio bostoniano’” [cioè, due donne conviventi senza il supporto finanziario di un uomo n.d.c.].
Credete che il telepredicatore dica, “Bene, in questo caso programmiamo una data! Che ne dite del cinque di giugno?” Certo che no! L’idea stessa che due donne potrebbero fare reciprocamente tali voti è per lui socialmente ripugnante. I suoi pregiudizi gli dicono che questo tipo di amore tra persone dello stesso sesso è “disgustoso”. Ma la Bibbia è in diretta opposizione con il pregiudizio del telepredicatore.
La Bibbia è chiara. Qui abbiamo due donne che fanno voti, vivono insieme per la vita, si amano profondamente, adottano le rispettive famiglie allargate come se fossero le proprie e fanno affidamento reciproco per il loro sostentamento – come fanno molte lesbiche oggi. Invece di condannare queste relazioni, la Bibbia le celebra, riservando loro un intero libro della Scrittura.
* I passi biblici sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI.
Testo originale: Ruth loved Naomi as Adam loved Eve