La strada da percorrere nella chiesa cattolica sull’accoglienza delle persone LGBT+
Testo tratto dal libro LGBTQ Catholics: A Guide to Inclusive Ministry di Yunuen Trujillo (Paulist Press, 2022), capitolo 4, pagine 48-52, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Tutte le persone omosessuali hanno il diritto di essere accolte nella comunità, di ascoltare la parola di Dio e di essere pastoralmente assistite [… e] dovrebbero avere l’opportunità di guidare e servire la comunità. (Conferenza Episcopale Statunitense, Sono sempre nostri figli, 1997)
Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. (Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1986)
Gli omosessuali, come chiunque altro, non dovrebbero soffrire per via dei pregiudizi contro i loro fondamentali diritti umani. Hanno diritto al rispetto, all’amicizia e alla giustizia, e dovrebbero avere un ruolo attivo nella comunità cristiana. (Conferenza Episcopale Statunitense, To Live in Christ Jesus (Vivere in Cristo Gesù), 1976)
Il secondo punto dottrinale riguardante le persone LGBTQ stabilisce che i maltrattamenti, le discriminazioni, l’odio e le violenze nei loro confronti non devono essere tollerati. È un principio chiaro e stabilito, che però non sempre viene rispettato.
Il 12 giugno 2016 un uomo entrò nel nightclub Pulse, un locale gay di Orlando, in Florida, e cominciò a sparare: il bilancio fu di quarantanove morti e cinquantatré feriti. A differenza di altre sparatorie in luoghi pubblici, questo fu un attacco mirato alla comunità LGBTQ. È il singolo fatto più grave nella storia delle violenze contro le persone LGBTQ, e anche la peggiore sparatoria, in quanto a vittime, dovuta a una singola persona mai accaduta negli Stati Uniti.
Il giorno della tragedia ricordo di aver ricevuto molte telefonate da parte di amici e amiche LGBTQ cattolici, risiedenti in diverse parti del Paese. Ognuno e ognuna di loro mi espresse la sua profonda tristezza, perché quello era un monito di quanto la comunità LGBTQ sia tuttora molto vulnerabile, anche in un Paese sviluppato come il nostro.
Verso la fine del giorno seguente, che era una domenica, ricevetti moltissime telefonate da amici e amiche LGBTQ cattolici, che mi ponevano domande come “Perché nella mia parrocchia la sparatoria non è stata menzionata durante la Messa?”, ”Perché non si è pregato per i morti e i feriti della sparatoria?”, “Perché in molte parrocchie non si parla di quanto è successo?”, “Perché così pochi vescovi hanno rilasciato una dichiarazione alla stampa riguardante la sparatoria?”. Nella mia parrocchia tenemmo una preghiera speciale, ma la mia parrocchia è stata una delle poche: in generale è stato come se nulla fosse successo, come se la comunità LGBTQ fosse stata invisibile.
Il lunedì mattina postai una preghiera su alcuni dei miei canali social, una preghiera per le anime di chi era stato ucciso e per la guarigione di chi era rimasto ferito. Nel corso della settimana io e i miei amici ci deprimemmo parecchio nel leggere le risposte alle nostre richieste di preghiera.
Le risposte provenivano da nostri parrocchiani, sacerdoti, e altre persone altamente rispettate e molto addentro alle nostre parrocchie e ai media cattolici. Eccone alcune: “Be’, hanno avuto quel che si meritavano!”, “Hanno scelto di morire”, “Si sono messi loro stessi il cappio al collo”, “Hanno incontrato le conseguenze del loro peccato”. Queste risposte mi hanno spezzato il cuore; sono, a dir poco, una esibizione di ignoranza della dottrina, e a dirla tutta, sono profondamente immorali e disturbanti, il segno del fallimento dell’educazione religiosa su questa tematica.
Le vittime di Orlando sono state uccise senza una ragione, e non hanno scelto, né hanno meritato, di morire. La dottrina cattolica è molto chiara su questo punto: non dobbiamo tollerare la violenza.
La Conferenza Episcopale Statunitense, nella sua lettera pastorale “Ministry to Persons with a Homosexual Inclination: Guidelines for Pastoral Care” (Il ministero con le persone dall’inclinazione omosessuale; linee guida per la cura pastorale), pubblicata nel 2006, afferma: “Riconosciamo che queste persone sono state, e spesso continuano ad essere, oggetto di disprezzo, odio e violenze in alcuni ambiti della nostra società. A volte tale odio si manifesta apertamente, altre volte, invece, si maschera e dà origine a forme sotterranee di odio”.
Molte delle reazioni negative alla sparatoria di Orlando da parte di cattolici sono forme sotterranee di odio, che i responsabili se ne rendano conto o meno.
Mi piacerebbe poter dire che questo è un caso isolato, e invece, da quando sono impegnata nel ministero LGBTQ, ho sempre avuto a che fare con simili reazioni provenienti da fedeli cattolici, convinti che tali reazioni sia quanto la Chiesa richiede da loro.
Mi è stato detto, tra le altre cose, che sono destinata a bruciare nel fuoco dell’inferno, che Dio mi disprezza, e che dovrei vergognarmi. Come Chiesa dovremmo educare meglio i fedeli sulla gravità di tale tipo di atteggiamento e sulla dottrina relativa all’odio e al disprezzo.
La Conferenza Episcopale Statunitense, nella lettera “Human Sexuality: A Catholic Perspective for Education and Lifelong Learning” (La sessualità umana: un punto di vista cattolico per l’educazione e l’istruzione in ogni età), pubblicata nel 1991, ha fatto il seguente invito: “Invitiamo tutti i cristiani e tutti i cittadini di buona volontà ad affrontare le loro paure relative all’omosessualità e a contenere i malumori e le discriminazioni che offendono le persone omosessuali. Comprendiamo bene che avere un orientamento omosessuale porta con sé abbastanza ansia, dolore e problemi di accettazione di se stessi, senza che la società ci aggiunga i suoi pregiudizi”. Questa è la nostra vocazione universale.
Applicazione
Nell’applicazione di questo punto dottrinale, tre cose fanno la differenza:
La formazione religiosa. Dobbiamo creare consapevolezza ed educare tutti i laici impegnati, i catechisti, gli insegnanti e i sacerdoti. I programmi di educazione religiosa dovrebbero sempre comprendere le conseguenze dell’odio e il punto di vista della dottrina, e anche momenti di riflessione su episodi tratti dalla cronaca. I sacerdoti e i loro collaboratori dovrebbero riflettere su come questo punto della dottrina potrebbe venire apertamente predicato, quando se ne presenta la necessità (per esempio, nell’anniversario della strage di Orlando o durante il mese del Pride), e su come potremmo educare i fedeli e i responsabili parrocchiali su questo principio.
La consapevolezza. Sarebbero molto utili una migliore educazione e una maggiore consapevolezza sulle necessità della comunità LGBTQ, come la giustizia sociale e l’ancora eccessiva vulnerabilità di questa parte del Corpo di Cristo.
Imparare dall’esperienza vissuta. Imparare ad essere una Chiesa che ascolta le persone LGBTQ può renderci edotti della loro esperienza vissuta. Dobbiamo imparare ed insegnare ad ascoltare la grande varietà di storie relative alle persone LGBTQ cattoliche per comprendere come siano ancora vulnerabili nella nostra società e nei nostri ambienti cattolici.