La strategia digitale per riconoscere le unioni gay
Articolo del 18 febbraio 2013 di Martina Pennisi pubblicato su wired.it
Negli Usa è stata un successo, ci racconta l’attivista Ryan Davis. Può funzionare in Italia? Sì, a patto che si coinvolga la televisione. E intanto in Europa si parla di diritto ad adottare un figlio nato in una coppia omo
Il partner deve avere il diritto di adottare il figlio della persona che ama. Anche nel caso di persone dello stesso sesso. Lo ha deciso la Corte europea dei diritti umani in una sentenza relativa al caso di una coppia di donne austriache e dal figlio di una di loro.
Un altro passo verso il riconoscimento delle unioni gay? Intanto ricapitoliamo la storia Usa. ” Abbiamo fatto la storia e dato un’enorme spinta all’uguaglianza dei diritti di matrimonio. Condividete e mostrate il vostro supporto”.
La pagina Facebook del progetto digitale a sostegno del tema The Four 2012 festeggiava così lo scorso novembre il risultato ottenuto in Maine, Maryland, Washington e Minnesota: agli elettori era stato chiesto di esprimersi sulle unioni fra persone (anche) dello stesso sesso.
E il via libera è arrivato nei primi tre casi, mentre nel quarto è stato fatto un passo in avanti abolendo l’emendamento costituzionale che definiva il matrimonio come unione solo fra un uomo e una donna. Una vittoria per la marriage equity, questo il termine utilizzato Oltreoceano, che è arrivata anche a cavallo dei social media. Si pensi al celebre tweet di Obama “Same-sex couples should be able to get married”.
In occasione della Social Media Week, Milano ha ospitato il co-fondatore della campagna The Four 2012 e social media director di Blue State Digital Ryan Davis e Wired.it lo incontra prima del suo intervento. ” Volevamo rivolgerci ai giovani sotto i trent’anni: persone interessate all’argomento che non sempre si recano alle urne.
Volevamo portare al voto chi era sensibile al tema”, ci racconta Davis. ” Abbiamo lavorato su Tumblr, Facebook e Twitter”, prosegue, sottolineando l’importanza del primo se si vuole rendere virale un contenuto e reclutare sostenitori che si prodighino nella diffusione del messaggio. Facebook lo definisce il contesto in cui ” i contenuti sono circolati maggiormente” e all’interno del quale si è generata ” l’interazione più consistente”.
Il risultato è stato ottenuto investendo sulla piattaforma pubblicitaria della community da un miliardo di utenti: ” Abbiamo i ndirizzato il messaggio tenendo conto dei parametri di luogo, età e interesse”. Parte del successo della campagna si deve al coinvolgimento di personaggi pubblici come Lady Gaga, Jay Z o Pink, che hanno a loro volta firmato contenuti ad hoc per la campagna e contribuito alla diffusione degli stessi.
Paradossalmente, però, Davis ci confessa come i contenuti più incisivi e gettonati si siano rivelati essere ” quelli che davano informazioni utili”. Le immagini e le infografiche, quindi, che spiegavano dettagliatamente cosa, come e quando votare in ogni singolo stato.
Una versione ridotta, (più) chiara e virale degli spot televisivi che stanno andando in onda entro i nostri confini in queste settimane, per capirci. I brevi documentari prodotti sono invece risultati essere ” la soluzione rimbalzata maggiormente” su altri portali e blog. Altro aspetto sottolineato è stato quello delle informazioni in tempo reale: ” Tenere traccia dell’andamento della situazione e dei sondaggi” ha contributo, secondo David, a scongiurare l’epilogo negativo che si era verificato in più di 30 occasioni, nonostante le premesse avessero lasciato ben sperare anche in quei casi. In questo frangente, a rivelarsi decisivo è stato Twitter.
Invitato a soffermarsi sulla situazione italiana, Davis ha tenuto a sottolineare come gli Stati Uniti debbano compiere ancora molti passi e che il fattore tempo sarà decisivo: ” La prossima generazione di elettori è destinata a influenzare le decisioni politiche”.
Altro aspetto importante sarà la capacità di fare ponte fra i social network e la televisione, tutt’ora piattaforma privilegiata entro i nostri confini. ” Sono due realtà ancora troppo slegate, bisognerebbe coinvolgere i volti del piccolo schermo”, ha concluso Davis.