La teologia “indecente” di Marcella Althaus-Reid
Testo di Bernice Martin* pubblicato sul sito Church Times (Gran Bretagna) il 3 settembre 2021, liberamente tradotto da Innocenzo Pontillo
Marcella Althaus-Reid (1952-2009) è stata una teologa del movimento della teologia della liberazione sviluppatosi in America Latina durante il regime delle giunte militari, tra gli anni ’70 e ’90. Cresciuta come cattolica in Argentina durante il governo di Perón, da bambina visse con sua madre l’esperienza dell’essere una senza tetto, una situazione che alimentò il suo costante impegno per le persone ai margini della società.
Profondamente indignata per il rifiuto della Chiesa Cattolica di ammettere le donne al sacerdozio, studiò teologia in un istituto metodista, circondata da teologi della liberazione. Dopo essersi sposata con Gordon Reid, si trasferì in Scozia, dove frequentò incontri dei quaccheri e lavorò con le donne povere a Dundee e Perth. Tenne un dottorato su Paul Ricoeur e sui metodi della teologia della liberazione e divenne la prima donna a ricoprire la cattedra di teologia presso l’Università di Edimburgo. Morì di cancro a soli 56 anni. (…) Althaus-Reid utilizzava i termini della corrente strutturalista francese insieme a neologismi creati da lei stessa, rendendo spesso i suoi scritti difficili da comprendere. (…).
Una teologia indecente
Althaus-Reid si definiva “teologa sessuale, postfemminista e, più di tutto, una teologa queer e politica della liberazione”. Il termine che più contestava nella teologia dominante era la “decenza”, concetto che a suo parere costringeva le persone ad adeguarsi a sistemi arbitrari che non potevano controllare.
Tutti i sistemi generano “peccati strutturali” che opprimono alcuni e privilegiano altri. I suoi principali bersagli erano i sistemi patriarcali, eterosessuali e capitalisti, che opprimono le donne, i poveri, chi è spinto ai margini e chi “ama diversamente”, a vantaggio degli uomini potenti che ne detengono il controllo.
Althaus-Reid sosteneva che il peccato strutturale crea “macrostrutture che perpetuano ingiustizia sociale, povertà e violenza”. Anche i sistemi teologici sono ideologicamente condizionati e, come tali, devono essere smascherati per rivelare la realtà delle cose.
Secondo lei, la teologia si può fare solo “nel” e “con” il corpo, partendo dall’incarnazione di Dio in un corpo umano. Cristo va riconosciuto nei corpi sofferenti: nel corpo torturato di un bambino di strada assassinato, di una prostituta “indecente”, di una donna ritenuta folle.
La critica alla teologia della liberazione
Althaus-Reid criticava l’applicazione della “teologia della liberazione” che spesso tradiva i suoi stessi principi. Il metodo del “circolo ermeneutico” dovrebbe iniziare con le comunità marginalizzate che riflettono sulle loro esperienze di Dio per smascherare le strutture di oppressione interiorizzate e normalizzate (un processo noto come “conscientizzazione”). La comunità dovrebbe poi agire (praxis) e rileggere le Scritture attraverso una critica bidirezionale. Tuttavia, secondo Althaus-Reid, nei contesti di base spesso intervenivano i sacerdoti, forzando la riflessione della comunità entro schemi teologici accettabili, trasformando il circolo in una “spirale ermeneutica”.
Eredità e interrogativi
Anche se l’impulso originale della teologia della liberazione si è affievolito, Althaus-Reid pone ancora interrogativi urgenti alla Chiesa: chi resta invisibile e inascoltato, e perché? La sua analisi delle ingiustizie sociali è cruciale nella storia della teologia…
*Bernice Martin è docente emerita di Sociologia presso il Royal Holloway, Università di Londra.
Testo originale: Queer and Indecent: An introduction to the theology of Marcella Althaus-Reid