La teologia queer e Maria, portatrice di un Amore radicale
Riflessioni teologiche di Brian MacArevey pubblicate sul blog Silent Weapons for Quiet Wars il 10 febbraio 2012, liberamente tradotte da Simone Ramacci
La dottrina della Vergine Maria (la madre di Gesù di Nazareth e la Theotokos, Colei che genera Dio) è il prossimo argomento di discussione. Maria è un personaggio molto importante, soprattutto per i Cattolici Romani.
Tuttavia per molti omosessuali Maria è un simbolo della sessuofobia e del celibato usati per opprimere le persone gay, lesbiche, bisex e trans durante i secoli. Come si potrebbe comprendere Maria in altri termini?
(Il teologo) Patrick Cheng* sostiene che si dovrebbe considerare come portatrice di amore radicale. Questo è espresso in maniera evidente dal suo sì a Dio nell’incarnazione, ma anche dal fatto che mette alla prova le categorie tradizionali relative a vita familiare e genere. Anzi, secondo Cheng Maria è l’antitesi dei valori familiari.
Piuttosto che rafforzare i confini tradizionali (come sia la chiesa Cattolica Romana e i fondamentalisti vorrebbero la gente pensasse) Maria li smantella.
Prima delle sue considerazioni su come Maria smantelli questi confini, Cheng commenta che bisogna riconoscere che quella di Maria è spesso stata una dottrina oppressiva per le donne, specialmente nel contesto della teologia della liberazione tradizionale in America Latina.
Uno dei motivi principali è il fatto che la Vergine Maria che ha concepito attraverso una copulazione priva di piacere con una nuvola divina e ha partorito in maniera inimmaginabile è quasi completamente differente dalla realtà delle donne povere in America Latina. Una vita di verginità è difficilmente compatibile con la vita in povertà vissuta dalle donne latinoamericane, che spesso comporta violenza, promiscuità, prostituzione, stupro e schiavitù sessuale.
Maria dev’essere cambiata, ma questo richiede qualcosa di più che indicare le stranezze del concepimento di Gesù e dell’immacolata concezione di Maria. La realtà negata delle esperienze vissute ogni giorno da queste donne deve essere riconosciuta, e dobbiamo iniziare a pensare a Maria come a una donna che ha concepito attraverso il piacere, forse persino un piacere auto-erotico.
Nonostante il passato di oppressione collegato alla dottrina di Maria, la stessa sua esistenza mette in crisi i confini della famiglia tradizionale in molti modi. In quanto donna non sposata ma incinta, Maria sarebbe stata considerata un’emarginata. Ha sicuramente sfidato le norme sociali della sua epoca.
La sua capacità di capire gli emarginati per motivi sessuali la rende la persona ideale per intercedere a loro favore. Oltre a questo sfuma completamente i confini tra madre, figlia e sposa. Ovviamente è figlia di Dio attraverso la creazione, ma è anche Theotokos, quindi madre di Dio.
Inoltre, in quanto considerata sia la nuova Eva e chiesa come sposa di Cristo, è anche la sposa del nuovo Adamo, suo figlio Gesù Cristo. Quanti ritengono che le osservazioni di Cheng siano bizzarre o persino inappropriate devono sapere che non è il primo a esprimere il rapporto fra Gesù e Maria in questo modo incestuoso che va oltre i confini. A essere sinceri, Sant’Agostino d’Ippona ha descritto Gesù come lo sposo bambino nato dalla Sua stessa camera nuziale, ovvero il grembo della Vergine Maria.
Maria sconvolge anche i confini tra razionale e irrazionale. Il fatto che Gesù sia allo stesso tempo figlio, fratello, marito e Signore di Maria è un paradosso che non rientra nelle tradizionali categorie del razionale. Seguendo Maria come emblema dell’irrazionale siamo condotti verso una realtà di radicale alterità che è un’anticipazione della redenzione. È la matrice all’interno della quale si trova il sentimento collettivo come desiderio sussurrato e proibito di Dio.
I teologi queer sono pronti a ricordarci che il significato teologico originario della nascita verginale non era la purezza sessuale di Maria. Era piuttosto una dimostrazione della divinità di Cristo.
Inoltre, il corpo vergine di Maria (che è sfuggito al ciclo sesso, procreazione e morte) era un simbolo dell’essere umano finito che attraverso la theosis è stato trasformato in un umano divinizzato e immortale. Tutte le nozioni di sessualità (etero o meno) sono messe in discussione da questa Maria divinizzata e paradossale nel sessuale.
L’ultimo confine che Maria smantella è quello fra maschio e femmina. In primo luogo il fatto che nessun uomo abbia partecipato al concepimento di Gesù smonta l’idea di complementarità per cui il vincolo matrimoniale marito-moglie è il modello naturale e divino per le relazioni sessuali. In secondo luogo il fatto che non ci sia partecipazione maschile suggerisce che Gesù fosse intersessuale.
In quanto nato da partenogenesi, non aveva un cromosoma Y del padre, pur avendo genitali maschili. Inoltre Maria si oppone al patriarcato e fornisce un rimedio all’ossessione del Cristianesimo tradizionale verso un’immagine paterna di Dio. Fornisce un sentiero verso il femminile divino.
I teologi queer hanno riconosciuto che l’enfasi sulla verginità di Maria ha prodotto conseguenze negative per le donne che, insieme a Maria, sono state idealizzate e piazzate su un piedistallo (il che solitamente comporta una serie di problemi spirituali, psicologici e fisici). Dunque è importate venerare la Regina del Cielo maestosa, bella e fertile, invece della vergine perpetua silenziosa e debole.
Infine l’immaginazione popolare ha spesso rappresentato Maria in modi che contrastano col concetto tradizionale di sacerdozio solo maschile. È stata raffigurata come una vergine prete o vescovo, anche in periodi in cui le uniche persone che potevano ricevere l’ordine sacro erano gli uomini.
* Il reverendo Patrick S. Cheng, è Teologo, professore del seminario, ministro ordinato della Metropolitan Community Churches (MMC) ed autore del libro ‘Radical Love: An Introduction to Queer Theology’, editore Seabury Books, Marzo 2011, 176 pagine.
Testo originale: Mary: Bearer of Radical Love