La toga, il calice, i ministeri: intervista a Paolo Ricca sul diaconato femminile
Intervista di Alberto Corsani a Paolo Ricca pubblicata sul sito del settimanale Riforma il 17 maggio 2016
Sulle prime è stata una notizia dirompente; poi il clamore si è in parte ridimensionato: papa Francesco, nel corso di un incontro con l’Unione internazionale delle superiori generali, il 12 maggio, ha espresso l’auspicio che una commissione ufficiale studi la possibilità di aprire alle donne il diaconato permanente. Ne parliamo con il pastore Paolo Ricca, teologo e professore emerito di Storia della Chiesa alla Facoltà valdese di Teologia.
In che siamo di fronte a una novità?
In realtà si tratta solo dell’annuncio di una possibile commissione di studio, che non è ancora convocata e di cui non si sanno i tempi di lavoro, per rispondere alla domanda, che sembra cruciale per la Chiesa cattolica, se le donne possano accedere al diaconato femminile.
Una notizia del genere ha prodotto immediatamente una grande risonanza: perché tutte queste aspettative?
C’è effettivamente questa sete di novità, per due ragioni. La prima: la Chiesa è l’ultima delle istituzioni dal punto di vista della parità dei diritti, che non vengono distribuiti equamente; ma attenzione: ciò avviene anche nelle chiese ortodosse, e anche in un certo numero di chiese evangeliche di tipo fondamentalista, che ritengono che le donne non possano insegnare, predicare, prendere la parola. Da qui la grandissima attesa, perché la Chiesa cattolica, che insieme con le altre di cui sopra rappresenta la maggioranza del cristianesimo storico, ancora discrimina le donne precludendo loro alcuni ministeri, di cui il principale è il ministero sacerdotale, il “ministero ordinato”.
Il secondo motivo?
Il secondo motivo è che le donne di fatto “portano avanti” la Chiesa – e questo vale per tutte le chiese –, sono loro che trasmettono la fede, molto più degli gli uomini, e dunque è strano che siano escluse da funzioni centrali, anche se non esclusive; non si capisce perché ne siano escluse, e ci si stupisce che si debba ancora discutere se ammetterle, per esempio al diaconato femminile.
Si può dire, in termini più ampi, che esiste una divaricazione fra le Chiese in materia di ministeri?
La Riforma protestante ha fatto un passo decisivo abolendo la divisione, fra clero e laicato, e questa è stata una rivoluzione; cioè ha affermato che qualunque cristiano battezzato può potenzialmente ricoprire tutti i ruoli della chiesa, non c’è più un’esclusiva di un clero che abbia dei poteri ai quali gli altri cristiani non possono accedere, di cui quello fondamentale è la potestas consecrandi. Solo il sacerdote può consacrare gli elementi della Cena, i laici ne sono esclusi. Qui sta la grande differenza tra quella che possiamo chiamare “concezione protestante” del ministero e quella cattolica – ma anche ortodossa. Da qui certo non si può tornare indietro.
Si può e si deve invece discutere sul ruolo dell’episcopato all’interno della concezione dei ministeri: la Chiesa anglicana, che dal punto di vista teologico appartiene all’area riformata, ritiene che l’episcopato debba essere una forma ministeriale presente nella chiesa cristiana; ed episcopato c’è anche nel luteranesimo dei Paesi baltici o scandinavi e in alcune chiese protestanti, sia pure in forme diverse da quelle cattolica o ortodossa: per queste il vescovo è successore degli apostoli, mentre per Calvino ogni pastore locale è successore degli apostoli.
Ma certo l’altro punto su cui abbiamo preso, da tempo, una decisione definitiva è l’accesso delle donne al pastorato: il ministero cristiano fondamentale, quello della predicazione, insegnamento e della celebrazione dei sacramenti (battesimo e Santa Cena) può essere occupato sia da uomini sia da donne: non ci sono dubbi all’interno delle chiese che si rifanno alla Riforma del XVI secolo; e anche nel dibattito ecumenico esso è un punto dal quale le nostre chiese non torneranno indietro. Per questo è interessante vedere se il diaconato femminile rientrerà nel “ministero ordinato”; se le donne potranno celebrare non solo matrimoni e battesimi, ma anche l’eucarestia con potestas consecrandi. Diversamente si resta ancora all’esclusione delle donne dal ministero sacerdotale.