La transessualità mi ha insegnato il complicato linguaggio d’amore di Dio
Riflessioni di Anna Magdalena, MtF*, pubblicate sul sito The catholic transgender (USA) il 17 giugno 2014, liberamente tradotte da Damiani Michele
Il rapporto con la transessualità mi ha insegnato molto sull’amore di Dio. Da una citazione di Return to Me, uno dei miei film preferiti: “È a quelli con il carattere più forte che Dio assegna le sfide più difficili. Ora puoi prenderlo come un complimento”. Ai tempi della scuola superiore, ero molto interessata alle apologie cristiane che difendono la fede con la logica e il ragionamento.
Quando affrontavo delle questioni ateistiche, avevo sempre delle risposte cattoliche pronte all’uso, una specie di replica a portata di mano da “lanciare ai miei avversari” con arrogante sicurezza. Di tal genere è la risposta al cosidetto “problema del dolore”, derivata da una specie di racconto.
Dunque, un ateo mi si avvicina e mi domanda come possa credere nel buon Dio con tanta sofferenza che c’è al mondo. “Un Dio amorevole, come potrebbe permettere che i suoi figli soffrano così tanto?”. Replicai prontamente: “Immagina di essere un orso incappato in una trappola, sei incastrato e non sai come liberarti. Di fatto sei completamente disorientato dagli insoliti denti metallici che sembrano spuntati dal terreno della foresta per divorare la tua zampa. Nel dolore violento vieni colto dal panico e dalla frustrazione.
Un cacciatore misericordioso passa di lì e ti vede in difficoltà. Costui, avendo piazzato trappole simili, sa come sganciare tale dispositivo e l’unico modo per far aprire la morsa è quello di premere ulteriormente il tuo arto verso l’interno della trappola.
Ti si avvicina da dietro provando a spingere la tua zampa più a fondo nel congegno per sbloccarlo e, da orso quale sei, non hai idea del perchè lui faccia questo . Non puoi comprendere la conoscenza superiore ed il suo ragionamento e tutto ciò che provi è un dolore immenso. Arrabbiato, lo colpisci violentemente allontanandolo e, ogni volta che cerca di aiutarti, lo respingi rimanendo così imprigionato”.
In questa metafora, il cacciatore è Dio e l’orso rappresenta l’umanità. Come l’orso, non possiamo comprendere le motivazioni del Signore e presumiamo che l’esperienza del dolore sia inutile o crudele così non riusciamo a scorgere l’azione divina redentrice nella sofferenza.
Ora, da un certo punto di vista, trovo che analogie come questa siano assai troppo facili e insufficienti per l’intensità reale della sofferenza umana ed è per questo motivo che il mio interesse nel dibattito di stile apologetico è diminuito. In questa storia, comunque, penso ci sia un punto fondamentale che (come pure nel Libro di Giobbe) non è semplicemente l’imbarazzante differenza d’intelligenza tra Dio e l’uomo, ma sostanzialmente la compassione profonda dell’Altissimo verso l’essere umano. Il dilemma non sta solo nelle intenzioni del cacciatore che vanno oltre la comprensione dell’orso, ma nell’incapacità di quest’ultimo di credere nella benevolenza dell’avventuriero.
Per assurdo, le sfide della vita sono le prove determinanti dell’amore di Dio. Come cristiani, “noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perchè l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Romani 5:3-5). Dolore e sofferenza ci fanno crescere e questo ci dà speranza non per il beneficio che desideriamo, ma perchè sappiamo che questo progresso arriva dall’amore di Dio. L’aumento delle nostre sofferenze comprova che Dio ci chiede di migliorare e questo lo esige solamente perchè ci ama con indescrivibile intensità.
Come seguaci di Cristo, è necessario ricordare quanto Costui soffrì. Se Lui che soffrì più di qualsiasi altro, è l’amato figlio di Dio, come possiamo allora lamentarci dell’assenza del Signore quando proviamo solo una parte del Suo dolore? Fondamentalmente, com’è possibile non comprendere che questo ci unisce a Cristo e quindi all’amore divino?
“Cari fratelli, non siate sorpresi di trovarvi in mezzo al fuoco della prova. Non c’è niente di strano. Siate felici, piuttosto, perchè, quanto più partecipate alle sofferenze di Cristo, tanto più potrete esultare di gioia nel giorno in cui egli manifesterà la sua gloria a tutti gli uomini. Beati voi, se siete maledetti e insultati, perchè siete cristiani! Vuol dire che il glorioso Spirito di Dio è su di voi” (1Pietro 4:12-14).
Se riceviamo innumerevoli benedizioni da Dio, è un segno evidente dell’amore che ha per noi. Sebbene, dobbiamo sempre ricordare che anche se veniamo sottoposti a infinite tribolazioni, questo è molto più di una testimonianza del Suo amore. “A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più” (Luca 12,48).
Essere transessuale non è una disgrazia; è una stimmata. Un segno di come l’amore di Dio per noi sia bizzarro, insensato e assurdamente eccezionale.
* MtF o M2F (sigla dell’inglese Male to Female) indica una persona che effettua una transizione con il suo corpo da maschio a femmina.
Testo originale: God’s tricky love language