La via spirituale di Christopher Isherwood (1904-1986)
Testo di di Lavinia Capogna
Nella primavera del 1929 su un treno, partito da Londra e diretto a Berlino, viaggiava un ragazzo inglese. Aveva quasi venticinque anni, era biondo, con gli occhi azzurri, una bella espressione limpida ed intelligente. Il suo nome era Christopher Isherwood ed era un giovane scrittore, il suo primo romanzo, intitolato “All the conspirators”, era appena stato pubblicato in Inghilterra e sarebbe stato stroncato dalla stampa.
Durante il lunghissimo viaggio (durava più di dieci ore) il giovane provò un senso di sollievo: si lasciava alle spalle la vecchia Inghilterra conformista in cui era cresciuto, una madre ligia alle convenzioni con cui non andava d’accordo, l’università di Cambridge in cui aveva ottenuto ottimi voti.
Berlino era allora (durante il governo socialdemocratico denominato Repubblica di Weimar che incominciato nel 1919 sarebbe finito nel 1933) una vera metropoli che attraeva centinaia di ragazzi e ragazze, artisti, studiosi, giramondo, avventurieri. Era la città in cui era possibile vivere apertamente il proprio orientamento gay, con locali di ogni genere, riviste a tematica LGBT che vendevano moltissime copie.
A Berlino era possibile incontrare anche un grande amore… e così accadde a Isherwood, che conobbe un coetaneo dall’aria “gotica”, che inizialmente apparve silenzioso e annoiato ma poi si rivelò un giovane simpatico proletario, dal carattere semplice, gaudente, fiducioso nella vita, istintivamente antinazista, sempre alla ricerca di prestiti, generoso se guadagnava qualcosa, senza un lavoro fisso e desideroso di viaggiare.
Pare questo il carattere del giovane tedesco, che nella realtà si chiamava Heinz, e a cui Isherwood si ispirò per creare il personaggio di Waldemar nel libro autobiografico “Ritorno all’inferno” scritto nel 1962.
La loro storia d’amore durò circa cinque anni, verso il 1937 Heinz, che non riusciva ad ottenere un visto da nessun paese europeo, tornò in Germania dove fu arrestato dai nazisti. Nel 1939 fu obbligato ad andare in guerra e nel 1947 scrisse una lettera ad Isherwood, che viveva da anni negli Stati Uniti, e che ritornò a Berlino, nella parte Est sotto l’influenza sovietica, solo per rivedere l’antico compagno.
Christopher Isherwood era nato nel 1904 in una famiglia della piccola nobiltà inglese. Suo padre Frank, era stato un pittore e ufficiale dell’esercito britannico, che era stato dato per disperso in una battaglia in Francia nel 1915. Molto probabilmente era morto e Isherwood avrebbe scritto nel 1971 un libro sui suoi genitori, intitolato “Frank and Kathleen”, ancora inedito in Italia.
La madre lo educò come volevano le regole sociali e Isherwood si ribellò ben presto al conformismo e ai privilegi della sua classe sociale.
Forse fu proprio la scoperta e l’accettazione della sua omosessualità a farlo diventare un ribelle verso la vecchia Inghilterra colonialista.
Fin dall’università ebbe amici tra scrittori e poeti di idee radicali e soprattutto il coetaneo W. H. Auden, che era dichiaratamente gay e marxista.
Dieci anni dopo avrebbe raccontato la sua “educazione negli anni Venti” nel romanzo autobiografico “Leoni e ombre”, in cui appare anche Auden e in cui Isherwood svelava i sentimenti, le mode, il gergo dei giovani inglesi colti del suo tempo. Auden, che è giustamente considerato il maggior poeta inglese del Novecento, scrisse insieme a Isherwood negli anni ’30 tre drammi teatrali, ancora inediti in Italia ( “The dog beneath the skin”, “The ascent of F6” e “On the frontier” ).
Nel 1939 Auden e Isherwood lasciarono insieme Londra per gli Stati Uniti. La loro scelta fu invisa dalla stampa britannica: erano entrambi famosi e abbandonavano il paese quando la guerra era ormai imminente: il conflitto sarebbe scoppiata a settembre quando Hitler avrebbe invaso la Polonia. Isherwood non aderì al marxismo nonostante l’amicizia con Auden e altri artisti: era un liberale di sinistra, ateo e pacifista.
Il suo secondo romanzo ” The memorial” era stato pubblicato nel 1932 da Virginia e Leonard Woolf nella loro prestigiosa casa editrice, la Hogarth Press.
Virginia Woolf ammirava Isherwood. Il giovane romanziere era amico e grande ammiratore letterario anche di E. M. Forster, l’autore di ” Camera con vista” e “Passaggio in India “, due classici della letteratura britannica, che gli mostrò il manoscritto di “Maurice”, il romanzo a tematica gay e autobiografico, che sarebbe stato edito solo dopo la morte di Forster nel 1971. Fino al 1967 ci fu in Inghilterra una legge molto severa contro gli omosessuali (solo uomini) e una grande censura.
Insomma Isherwood era uno dei protagonisti della vita intellettuale e sociale inglese e approdò in America dove, piuttosto al verde, riuscì a raggiungere Hollywood e venne assunto come sceneggiatore cinematografico.
Gli anni trascorsi a Berlino, in cui aveva vissuto impartendo lezioni d’inglese, lo avevano profondamente segnato, e nel 1935 aveva scritto un bel libro “Addio a Berlino” su alcuni personaggi conosciuti nella metropoli tedesca. Tra di loro spicca la simpatica e sventata Sally, a cui il coreografo-regista Bob Fosse si sarebbe ispirato per il suo film capolavoro Cabaret (1972), interpretata dalla grande cantante-attrice Liza Minnelli.
Nel 1939 uscì in Inghilterra un altro libro di Isherwood sugli anni berlinesi “Il signor Norris se ne va”.
Isherwood scelse di restare pacifista e decise di fare domanda come obiettore di coscienza quando gli Stati Uniti entrarono in guerra nel 1941.
Isherwood era fortemente antinazista e aveva letto o assistito a Berlino alle violenze quasi quotidiane delle squadracce di Hitler. Non voleva però combattere contro i tedeschi per una ragione privatissima: non voleva rischiare di uccidere o ferire Heinz. Per quanto egli sapesse che fosse altamente improbabile che al fronte si sarebbe ritrovato di fronte proprio all’armata in cui Heinz era stato obbligato a combattere aveva ipotizzato che questa eventualità non era impossibile. In alcuni libri raccontò questa scelta.
Nel 1940 Isherwood, che frequentava scrittori come il raffinato Aldous Huxley ( l’autore del famoso ” The Doors of Perception ” ) attrici come Greta Garbo (che descrisse come innegabilmente affascinante) nonché tutto il mondo gay, velato o meno, della costa californiana, sentì il desiderio di fare una nuova esperienza umana e spirituale.
Vi era a Hollywood un centro della filosofia Vedanta, una delle millenarie scuole Induiste dell’India, e lo scrittore chiese al guru che lo guidava di essere ammesso, dichiarando fin dal primo incontro di essere gay. Il guru lo accettò tra i suoi discepoli ed ebbe inizio un rapporto umano straordinariamente bello, fatto di amore fraterno e rispetto reciproco, tra Isherwood e Prabhavananda, il cui nome, prima di diventare monaco, era stato Abanindra Nath Ghosch.
Il tentativo’ spirituale di Isherwood suscitò rispetto tra gli artisti e un certo dileggio soprattutto da parte di un affascinante e problematico american gigolò ‘ che Isherwood descrisse in due libri con il nome di Paul e poi di Danny. Con Paul/Danny Isherwood visse un’amicizia e non un amore, cercò di aiutarlo in ogni modo, lo sostenne con ingenti aiuti economici e lo andò a trovare quando, dimenticato da tutti, si ammalò.
Alcuni amici di Isherwood andarono a lamentarsi con Prabhavananda del comportamento di Isherwood: frequentava bar gay, beveva troppo, sperimentava gli effetti dell’hashish e della mescalina, ospitava Paul o Danny a casa sua. Il guru rispose solo: ‘Pregate per lui ‘. Egli insegnò a Isherwood la meditazione, l’amore verso il prossimo e molto altro. Il loro rapporto umano si concluse nel 1976 quando Prabhavananda morì.
Isherwood non poté diventare monaco perché non riuscì a diventare casto e smettere di bere alcolici.
Nel 1953 Isherwood incontrò il grande amore della sua vita dopo Heinz: un ragazzo americano di 19 anni, Don Bachardy, studente di disegno, e in seguito artista, con cui convisse fino alla morte. Isherwood morì in California, a 82 anni, nel 1986: probabilmente aveva raggiunto quell’equilibrio e quella serenità a cui aspirava.
Sei anni prima aveva pubblicato un libro “Il mio guru” in cui raccontava, nel suo stile chiaro e lineare, la sua esperienza mistica come seguace della filosofia Vedanta.
Isherwood aveva attraversato tutte o quasi le grandi esperienze del Novecento: da giovane si era ribellato all’Inghilterra più retrograda e aveva vissuto l’impegno civile e politico, era diventato uno scrittore famoso, in Germania era stato antinazista e in America pacifista.
Da ateo, educato nella chiesa anglicana, era approdato ad una filosofia millennaria, lontanissima da tutte le sue precedenti esperienze di vita.
Il suo guru aveva accettato i “difetti” di Isherwood che lui stesso descrisse in alcuni libri: la vanità, il desiderio di restare sempre giovane, il recitare ma il guru aveva anche scoperto le “qualità” del suo discepolo: la bontà, la capacità di mettersi in discussione, l’introspezione psicologica.
I romanzi di Isherwood sono quasi tutti autobiografici, pare anche l’inedito “The world in the evening” del 1954, ambientato a Hollywood.
Solo “Un uomo solo” non lo sembra. E’ un romanzo breve, molto intenso, che rievoca un giorno qualsiasi di vita di un gay anziano nella California delle grandi autostrade e della rivolta hippy.
“Ottobre” invece è una scelta di alcuni brani diaristici in cui Isherwood annota con serenità un mese della sua vita insieme a Don Bachardy.
Isherwood scrisse anche un libro, di stile giornalistico, sulla guerra in Cina nel 1939, che viene descritto dai critici come un ottimo reportage.
L’importanza di Isherwood come autore non è solo nel suo talento letterario e nel suo stile limpido, ma anche nel fatto che le persone che, in avvenire, vorranno capire qualcosa di un secolo come il Novecento in occidente, dovranno leggere le sue storie inglesi, berlinesi, americane.
La serenità con cui lo scrittore visse la sua omosessualità aiutò molto il coraggio e la visibilità di altri gay.
Egli aveva anche proposto una sorta di test per valutare i progressi di una nazione: dal modo in cui i partiti politici e i governi giudicavano gli/le omosessuali si sarebbe visto il livello del progresso di una nazione.
Già Karl Marx aveva proposto, nel secolo precedente, di valutare la civiltà di un paese da come erano considerate e trattate le donne.