“La vie d’Adele”. Un racconto mancato sull’amore tra donne
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Recensione di Cinzia di NoemiForum, forum di discussione per lesbiche cristiane e non, 18 giugno 2013
Siamo andate a vedere la prima a Milano de La vie d’Adele, all’Anteo (di Mialno). C’era un sacco di gente, come ben si addice al film che ha vinto Cannes. C’erano un sacco di signore lesbiche, la maggior parte di eta` non giovanissima, ci siamo sentite abbastanza ragazzine, cosa che non ci e` dispiaciuta.
Il pubblico molto acculturato ha dimostrato di saper resistere con pazienza alle tre ore di proiezione ininterrotta, mentre le immagini di questo scorcio di vita di una graziosa adolescente francese scorrevano, o meglio sostavano, davanti ai nostri occhi sempre più socchiusi, i nostri visi sempre più assorti.
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La storia
Adele e` una adolescente liceale appassionata di letteratura inserita nel gruppo dei suoi pari, distintamente le sue amiche pettegolone, che la spingono con insistenza a far sesso con un certo compagno di scuola. Adele evidentemente non e` mai stata con un ragazzo ed appare alquanto incerta. Ciononostante si lascia abbordare e successivamente va a letto con il ragazzo. L’esito dell’incontro e` pero` ambivalente: lieto lui, turbata lei e per nulla a suo agio nel rivedere il giovane, che presto si accorge di essere evitato.
Il tutto sfiorisce ahime` su di una panchina nel parco, dove si capisce essersi appena concluso un dialogo: lui versa una lacrima timida ma sofferta e lei ha una faccia da funerale.
Nel medesimo tempo Adele, camminando per la citta`, incrocia lo sguardo di una ragazza piu` grande di lei, che porta i capelli tinti di azzurro, come la fata di Pinocchio, ma piu` corti. E` colpo di fulmine. Cosi` Adele, mentre di giorno frequenta la scuola, le amiche e sporadicamente il ragazzo, di notte si masturba fantasticando sulla giovane dai capelli turchini, nutrendo il suo immaginario erotico tra sogno e realta`.
Adele ha un amico di scuola gay, che una sera, dopo il termine del suo breve flirt eterosessuale, la invita in un locale gay. Lei ci va un po’ per inerzia un po’ perche`, si intuisce, ha iniziato a nutrire alcuni pensieri sparsi su cosa si muove in lei dopo l’incontro con la ragazza turchina.
E girovagando nel locale la rivede, l’altra la riconosce e le si avvicina. Gioco di sguardi e si capisce che e` gia` tutto iniziato. La fata turchina, Emma, fa l’accademia di belle arti, e` piuttosto lesbica di aspetto e abbastanza sgamata.
Tipico esempio di lesbo-esemplare da grande citta`. Sa muoversi sa guardare sa parlare e sa piacere. La giovane Adele e` travolta.
Il giorno dopo se la trova all’uscita di scuola e le due si allontanano da sole seguite dai commenti e dagli sguardi poco benevoli di compagne e compagni di scuola. Sostano a lungo su una panchina sotto un grande albero, lungo quella che tutti supponiamo essere la Senna, e parlano, si corteggiano, si guardano.
Un’intermezzo omofobico da parte di alcuni dei compagni di Adele e due cene nelle rispettive famiglie ci riportano brevemente nella realta`, ma e` tratto breve, presto seguito dalla sequenza di scene che, mi pare, siano un po’ il perno delle tre ore del film.
Intendo dire le scene di sesso. Adele e Emma in breve passano dagli sguardi carezzevoli al letto e noi passiamo una discreta porzione del film ad assistere alle acrobazie di queste due giovani appassionate graziose depilatissime ragazze dalle forme sode, che ci illustrano in modo dettagliato e sonoricamente efficace tutte le posizioni di The Lesbian Kamasutra (noto testo per sole donne che molte di noi possiedono, poche hanno letto, pochissime hanno utilizzato). Alla fine del primo incontro siamo molto stanche per loro, neppure a vent’anni noi ce l’avremmo fatta, figuriamoci a quaranta e cinquanta.
Questa sequenza di posizioni si ripete per altri due incontri, poi in qualche modo capiamo che il tempo e` passato: Emma ha ora i capelli biondi, e le due vivono insieme come una coppia in una casa che poi sapremo essere di Emma. Di sesso ne fanno meno, perche` ora Adele lavora, fa la maestra ai bambini in eta` prescolare, mentre Emma si adopera per diventare un’artista importante.
A casa di Emma viene organizzata una festa, dove si riuniscono i suoi amici intellettuali, artisti, galleristi, attori, coppie, singoli, e un’amica e collega di Emma incinta, la graziosa Lise, non accompagnata da alcun uomo. C’e` anche un attore, bel ragazzo nord africano, visibilmente interessato ad Adele.
Se Adele si occupa, come la Marta evangelica, di accudire gli ospiti con assiduita`, Emma invece si dedica alle pubbliche relazioni, a scopo lavorativo ed altro. Mentre si fa evidente la differenza di mondo tra le due, Adele ha modo di cogliere piu` volte Emma in atteggiamento piu` che cordiale con Lise.
Cosi` Adele inizia a sentirsi trascurata, ed una sera in cui Emma rimane a ‘lavorare fuori orario’ con l’amica Lise, decide di uscire e raggiungere un collega della scuola che le corteggia. Adele trova nel collega un amante perche` si sente sola, ma ben presto Emma la scopre e con violenza esagerata la sbatte fuori di casa. Si capisce molto bene che Emma ha colto l’occasione al volo e si sta liberando di una relazione che non vuole piu`.
Adele e` disperata. Il tempo trascorre e la sua malinconia, la sua tristezza non passano, nessuna novita` interviene a consolarla, a trarla fuori dal pozzo nero in cui l’abbadono di Emma l’ha fatta cadere.
La telecamera trascorre lunghi, lunghissimi minuti a raccontarci, dettagliarci la prostrazione di Adele, che nulla puo` consolare.
Passa altro tempo e le due si rivedono in un caffè. Adele confessa ad Emma di amarla e desiderarla ancora fortissimamente, ma Emma e` ormai altrove. La sua ‘famiglia’ e` composta da Lise e dalla figlia di lei, che nel frattempo sta crescendo. Emma si e` sistemata, anche se, deve ammettere, il sesso non e` piu` un momento forte nella sua vita: “non e` come con te”, dice ad Adele. Ma l’amore per Adele e` svanito e le due, dopo un breve momento di trasporto fisico (che viene consumato al tavolino in locale pubblico), si salutano con tenera malinconia.
La vicenda volge al termine, Emma ha la sua prima personale patrocinata da un famoso gallerista, Adele insegna con passione alla scuola elementare, e` una brava maestra e si realizza nel lavoro. La sua vita privata pero` e` vuota. E` pomeriggio, Adele si veste bene (discutibile stile francese, abito blu elettrico, calza nera 70 denari, decollete` nera) e va a vedere la mostra di Emma. L’incontro e` cordiale ma nulla di piu`.
Adele non e` piu` spaesata tra i conoscenti di Emma, si capisce che ora semplicemente non le interessa quel mondo. Incontra anche l’ex-attore piacente, ora nel campo immobiliare, che aveva gia` conosciuto alla festa di Emma. Lui e` interessato, ma viene distratto da altre persone.
Mentre Adele esce dalla galleria e si avvia verso casa, lui la rincorre, ma va nella direzione opposta. Il film si chiude su Adele vista di spalle che cammina da sola lungo il marciapiede.
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Alcune osservazioni
Il sesso. Troppo, in tutti i sensi. Nel film viene citato Sartre, e` chiaro il rimando tra l’esistenza in se` e la corporeità messa li`, sbaam, davanti alla faccia per lunghi lunghi minuti. La passione d’amore viene rappresentata attraverso l’intensita` degli incontri sessuali. Qualcuno al mio fianco osserva che e` l’occhio di un’uomo – il regista – che sta guardando due ragazze che fanno l’amore. Pero` non so se fare l’amore e` la cosa giusta da dire.
L’amore` e` pure solo una carezza, un bacio a fior di labbra, condividere abbracciate la stanchezza della sera. Abbiamo visto al cinema altre donne fare l’amore e farlo meglio. Senza richiamare pezzi di valore come la scene di Desert Heart, la scena madre di tutte quelle che sono seguite negli anni, tuttavia una sequenza di 7 orgasmi in ben 10 minuti, non mi risulta interessante, ne` mi coinvolge. Di più, non mi eccita per nulla.
Si`, sono antica, preferisco il vedo-non vedo, l’allusione, poter immaginare, intuire, non vedere tutto li` in piena luce come il banco della macelleria. Era stato un po’ troppo Viola di Mare, straordinariamente salvato dalla presenza delle protagoniste, questo e` troppo troppo.
La relazione della coppia. Ancora una commentrice al mio fianco mi suggerisce che almeno questa volta la storia non termina con un suicidio. Ma ancora intravediamo l’occhio di qualcuno che da fuori ci racconta e a dire il vero siamo un po’ stanche di vedere lesbiche stronze senza pietà, storie drammatiche, soffocanti relazioni simbiotiche che muoiono per mancanza di ossigeno, di calore, di amore, storie devastate dalle incomprensioni di mamma papa` nonna zia, nipote, del datore di lavoro…
Le lesbiche sono molto piu` belle e buone. A volte sono un po’ indurite dalla vita, d’accordo ma non tutte vogliono solo scopare e fare carriera. Non vivono di avventure a breve-medio termine. Non sono multi partner a tutti i costi. Anche le lesbiche hanno un cuore e ce lo mettono nelle loro storie, che sopravvivono spesso oltre la fine della passione sessuale, che si affinano oltre la passione sessuale.
E se le lesbiche, come tante donne etero, un giorno si innamorano di un altra persona, non e` che la sbattono via come se fosse roba usata. Magari le vogliono cosi` bene che se la tengono vicina come l’amica piu` cara, come una sorella (non entro nel merito del danno che questa lesbo-attitudine rischi di causare alla nuova relazione).
Mi viene in mente che forse l’occhio che guarda abbia un’idea asfittica della relazione d’amore in generale. Che ‘la passione spesso conduce a soddisfare le proprie voglie’, ma poi non trova altro cibo, altra aria ed acqua.
Ma allora, qualcuno osserva, perche` rappresentarla attraverso queste ragazze e la loro passione? E` una storia lesbica ma forse poteva essere qualsiasi altra storia? Dobbiamo allontanarci dall’idea pregiudiziale che una storia lesbica o gay abbia caratteristiche che la distinguono dalle altre storie d’amore e passione? E che debba pretendere un genere suo, uno spazio culturale ed immaginativo suo proprio?
Anche in questo caso sono figlia dei miei tempi e la mia storia mi porta a fare dei distinguo, a preservare una certa tipicita`, un po’ come una leghista della Lega Lesbica.
La relazione con gli altri e con il mondo. Probabilmente la marginalita` in cui sono relegati i rapporti con il resto del mondo (famiglie di origine, amicizie, lavoro..) e` voluta. Di fatto Adele ed Emma vivono di loro stesse e muoiono di loro stesse.
Si intuisce una certa frizione che cresce tra le due per il mancato coming out di Adele, che probabilmente non si pone neppure il problema di essere o non essere dichiarata, perche` semplicemente ama e altro non sa. Vi sono altri accenni al ‘fuori, l’omofobia dei compagni di scuola, la famiglia liberal di Emma versus la famiglia traditional di Adele, i bambini della scuola di Adele.
Ma tutto versa in una sorta di negatività, di pochezza umana, di limitatezza di risorse spirituali. Come pare suggerirci la centralità vistosa dell’interesse culinario in entrambe le famiglie delle protagoniste.
Al di fuori della passione che le avviluppa non c’e` nulla che valga la pena. Un senso di grande solitudine pervade il film, solitudine esistenziale.
Anche in questo senso il richiamo al pensiero di Sartre e` evidente, ma non esiste alcun passaggio, se non nominale visto che Emma ne parla ad Adele, dall’esistenza come evidenza assoluta all’impegno nel reale come unico campo di azione dell’uomo.
Le relazioni esistono solo perché c’e` un interesse passionale, altrimenti si spengono o forse neppure mai si accendono.
La solitudine e l’isolamento sono lo sfondo della vita di ciascuno. La presenza dei bambini della scuola per Adele e della figlia di Lise nella vita di Emma sono come fiori colorati in una giornata dove il sole sorge e brevemente tramonta.
C’e` una cesura, una stacco con l’allegria dei bambini, che sembra perdersi completamente nell’adolescenza e la vita adulta, ma non e` indagato, rimane a mezz’aria senza venire tematizzata e spiegata.
Alla fine, Emma ne esce come una giovane donna piuttosto mediocre, interessata alla carriera, a trovare il suo posto al sole. Adele e` una ragazza naturalmente buona, il lavoro e` la sua missione, lei ama quello che fa e non cerca grandi cose. Non esiste pero` di fatto alcuna evoluzione dei personaggi. C’e` solo un trascorrere cronologico di eventi che, tristemente, accadono. La scena in cui Emmma caccia di casa Adele e` sgradevole, esagerata. Un pugno nello stomaco. Ma non stupisce, si fa presente sin dal principio, sin dalle lunghe scene di sesso acrobatico si intuisce che l’amore e` fragile fragile, e` materia che si consuma.
Mi torna in mente un altro film francese che mi pare, per molti verso, all’opposto benche` accomunato dalla stessa assenza di colonna sonora e da una certa essenzialità della fotografia, ovvero Tomboy.
Un film che mi e` molto piaciuto e mi ha lasciato dentro una sana inquietudine. Da una parte l’incerto avanzare del diritto alla vita e alla felicita` di una ragazzina perfetta nella sua verita`, eppure inadeguata alla realta` in cui si trova a vivere. Dall’altro il dolore, lo stupore, l’amore dei personaggi del film, che si affacciano discretamente, espressi con pochissime parole, come anche sono scarne le parole ne la Vie d’Adele.
Ma in Tomboy, la solitudine e` relativa, subita, non universale, e seppure non vi sia una prospettiva certa di riscatto, c’e` di sicuro una speranza, si`, una semplice chiara speranza che chiude il film, ed e` suggellata dal sorriso sfumato nel viso di Laurie e dalla promessa di una amicizia che non e` fallita, ma forse ora più vera.
Da grande vorrei fare la regista. Si`, per poter dire la mia su come e` bello l’amore tra due donne, come e` forte, come e` adulto, come e` ricco di prospettiva sul mondo, sulla vita.
Grazie a Dio la realtà non e` sogno, o non solamente questo, e al cinema ci andiamo, qualche volta, ma poi si torna a casa.
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La vie d’Adele di Abdellatif Kechiche, Francia 2013. Palma d’Oro a Cannes