La violenza dell’intolleranza. La storia di Eudy violentata e uccisa solo perchè lesbica
Articolo di David Smith* pubblicato sul sito del quotidiano The Guardian (Gran Bretagna) il 22 settembre 2009, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Oggi, in seguito ad un’ondata di delitti e di cosiddetti “stupri correttivi” contro le lesbiche nelle townships del Sudafrica, è stato condannato all’ergastolo un disoccupato per la parte avuta nello stupro di gruppo e nell’assassinio di una nota giocatrice di calcio sudafricana.
Gli attivisti del tribunale di Delmas, nella provincia di Mpumalanga, salutano la sentenza come “estremamente importante” perché richiama l’attenzione sul fenomeno. I sostenitori dei diritti umani hanno messo in guardia sull’aumento degli “stupri correttivi” da parte degli uomini per “curare”, a detta loro, le lesbiche dal loro orientamento sessuale. Nell’ultimo decennio si è avuto notizia di più di trenta assassinii di lesbiche, ma il processo odierno è stato il primo a produrre prove concrete.
Il ventiquattrenne Themba Mvubu, è stato dichiarato colpevole di aver ucciso, derubato ed essere stato complice dello stupro della trentunenne Eudy Simelane.
Simelane era una donna apertamente lesbica che viveva nella township di KwaThema, vicino a Johannesburg. Appassionata di calcio sin da bambina, faceva parte della nazionale femminile sudafricana in qualità di allenatrice e arbitro. Sperava di fare da guardalinee nella coppa del mondo maschile del 2010, che si svolgerà in Sudafrica.
Ma nell’aprile dello scorso anno è stata avvicinata mentre usciva da un pub e derubata di cellulare, carte di credito e contanti. È morta per le ferie all’addome, dopo aver subito uno stupro di gruppo ed essere stata accoltellata dodici volte. Il suo corpo nudo è stato trascinato fino ad un ruscello e lì scaricato.
“Eudy Simelane ha sofferto una morte brutale, senza dignità” ha detto alla corte il giudice Ratha Mokgoathleng, “È stata denudata, accoltellata, aggredita, violentata. Quali altre indegnità può sopportare una persona? L’accusato non ha mostrato il benché minimo rimorso. Ritiene fermamente di non essere da biasimare per la morte della vittima”.
Indossando un maglione a cerchi marroni e crema con il colletto alzato, Mvubu, abitante a KwaThema, per la maggior parte dell’udienza ha fissato il pavimento con le mani dietro la schiena. Alla domanda dei giornalisti, ha borbottato “Non sono dispiaciuto” mentre veniva portato al banco degli imputati tra gli sberleffi del pubblico presente.
È stato il secondo uomo condannato per qualcosa che il giudice ha descritto come un crimine “insensibile e disumano”. Quest’anno anche Thato Mphithi è stato dichiarato colpevole di omicidio, rapina e tentato stupro. Ha avuto una condanna a trentadue anni. Altri due uomini, Khumbulani Magagula, 22 anni, e Johannes Mahlangu, di 18, oggi sono stati assolti dall’accusa di aver preso parte al fatto. “Dio sarà il loro giudice” ha detto Mokgoathleng.
Il giudice ha aggiunto che, verosimilmente, gli uccisori conoscevano Simelane: “Mi hanno detto che era un’atleta famosa. C’è stato un tentativo di cancellare le prove. È una cosa molto triste che una persona possa essere uccisa per una ragione così futile”.
All’inizio del processo la corte aveva escluso l’orientamento sessuale di Simelane come movente dell’assassinio. Ma gli attivisti per i diritti omosessuali hanno assistito regolarmente alle udienze e apprezzato il modo in cui cresce la consapevolezza per la loro causa.
Phumi Mtetwa, direttore esecutivo del Lesbian and Gay Equality Project, ha dichiarato: “Come la conoscevano nella township? Si sapeva che era una giocatrice di calcio e una ‘butch’ [lesbica mascolina, n.d.r.]. Le persone vengono uccise perché sono quello che sono”.
La madre di Simelane, la sessantacinquenne Mally, ha dichiarato: “La mia vita inizia di nuovo ad andare bene. Ringrazio Dio per quello che è successo oggi. [Il condannato] ha raccolto ciò che ha seminato. Mia figlia è morta in modo brutale. Sono felice che la giustizia abbia fatto il suo corso”.
Suo padre Khotso ha aggiunto: “Mi fa ancora male. Non potrò mai superare un incidente così. Questi ragazzi sono stati ritenuti colpevoli, ma nessuno potrà riportarla indietro”.
* David Smith è a capo della redazione di Washington del Guardian. Twitter: @smithinamerica
Testo originale: Life for man in rape and killing of lesbian South African footballer