La vita degli omosessuali nei campi nazisti
Articolo di Will Kohler pubblicato sul sito Back2Stonewall (Stati Uniti) il 27 gennaio 2020, liberamente tradotto da Diana
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 27 Gennaio (giorno della liberazione del campo di Auschwitz-Birkenau) Giornata Internazionale della Memoria dell’Olocausto. In questo giorno di commemorazione le Nazioni Unite sollecitano ogni Stato membro ad onorare le vittime del nazismo e a sviluppare programmi educativi per aiutare a prevenire futuri genocidi.
L’Olocausto è stato una persecuzione sistematica, burocratica, sponsorizzata dallo Stato, l’assassinio di più di 6 milioni di ebrei da parte del regime nazista e dei suoi collaboratori. Olocausto è una parola di origine greca, che significa “sacrificio col fuoco”. I nazisti, assurti al potere in Germania nel gennaio 1933, pensavano che i tedeschi fossero una “razza superiore” e gli ebrei, ritenuti “inferiori”, fossero una minaccia aliena per la cosiddetta comunità razziale tedesca.
Ma, come parte integrante del tentativo dei nazisti di purificare la società tedesca e promuovere la “razza superiore ariana”, ci fu la condanna degli omosessuali come “socialmente aberranti”. Subito dopo essere arrivato al potere, il 30 gennaio 1933, Hitler vietò tutte le organizzazioni gay e lesbiche. Le truppe delle camicie brune fecero irruzioni nelle istituzioni e nei luoghi di raduno degli omosessuali. Mentre questa cultura “nascosta” era fiorita nella relativa libertà degli anni ’20, la tattica nazista la indebolì grandemente e la spinse nella clandestinità.
In seguito, una revisione più aspra del Paragrafo 175 del Codice Penale entrò in vigore, rendendo illegali e punibili col carcere una vasta gamma di comportamenti “osceni e lascivi” tra uomini.
I nazisti pensavano che i maschi omosessuali fossero deboli, effeminati, e che non fossero in grado di combattere per la nazione tedesca. Inoltre, non erano in grado di generare bambini e di aumentare il tasso di natalità. I nazisti sostenevano che le razze inferiori generassero più bambini rispetto agli “ariani”, di conseguenza tutto quello che diminuiva il potenziale riproduttivo tedesco era considerato un pericolo per la razza.
La polizia aveva il potere di tenere in custodia cautelare o in arresto preventivo chi era ritenuto pericoloso per la fibra morale tedesca, tenendo in carcere a lungo, senza processo, chiunque a loro arbitrio. Inoltre, i prigionieri omosessuali rilasciati dal carcere venivano immediatamente riarrestati e mandati nei campi di concentramento, se la polizia riteneva probabile che avrebbero continuato a compiere atti omosessuali.
Negli anni dal 1937 al 1939, anni di punta nelle persecuzioni naziste di omosessuali, la polizia aumentò le incursioni nei luoghi di ritrovo di omosessuali, sequestrando le agende con i loro indirizzi e creando una rete di informatori e agenti sotto copertura per identificare ed arrestare sospetti omosessuali. Il 4 aprile 1938 la Gestapo emesse una direttiva, in base alla quale gli uomini arrestati per omosessualità potevano essere incarcerati nei campi di concentramento. Fra il 1933 e il 1945 la polizia arrestò più di 100.000 uomini per omosessualità.
I nazisti internarono alcuni omosessuali nei campi di concentramento subito dopo la presa del potere nel gennaio 1933. Gli internati provenivano da tutte le aree della società tedesca, e spesso avevano in comune solo la causa della loro carcerazione. Alcuni omosessuali furono internati per errore sotto altre categorie, e i nazisti, di proposito, sbagliarono le categorie mettendo condannati politici tra gli omosessuali. I prigionieri marchiati col triangolo rosa per identificarli come omosessuali venivano trattati duramente nei campi. Secondo i racconti di molti sopravvissuti, gli omosessuali erano la categoria sottoposta al maggior numero di abusi.
Poiché alcuni nazisti ritenevano che l’omosessualità fosse una malattia che si poteva curare, stabilirono politiche per “curare” gli omosessuali dalla loro “malattia” tramite umiliazioni e duro lavoro. Le guardie ridicolizzavano e picchiavano i prigionieri omosessuali al loro arrivo, spesso separandoli dagli altri prigionieri. Rudolf Hess, comandante di Auschwitz, scrisse nelle sue memorie che gli omosessuali venivano segregati per evitare la propagazione dell’omosessualità tra gli altri prigionieri e le guardie. Il personale responsabile dei lavori nella fabbrica di missili sotterranea di Dora-Mittelbau, o nelle cave di pietra di Flossenburg e Buchenwald, spesso assegnava agli omosessuali incarichi mortali.
La sopravvivenza nei campi assunse varie forme. Alcuni si assicurarono lavori amministrativi o di segreteria. Per altri prigionieri la sessualità divenne un mezzo di sopravvivenza. Come scambio per favori sessuali, alcuni kapò proteggevano un dato prigioniero, di solito giovane, dandogli maggiori razioni di cibo e proteggendolo dagli abusi degli altri prigionieri. Raramente gli omosessuali diventavano kapò, a causa della mancanza di una rete di supporto. Naturalmente non esisteva protezione dalla brutalità delle guardie. In ogni caso i kapò spesso, stanchi di un individuo, lo uccidevano e ne trovavano un altro.
Sebbene singoli omosessuali potessero assicurare una certa protezione, come gruppo di prigionieri omosessuali non disponevano di una rete di supporto come altri prigionieri. Senza questo aiuto per mitigare la brutalità, era difficile per loro sopravvivere a lungo.
Una via di sopravvivenza a disposizione per alcuni omosessuali era la castrazione, che alcuni giudici criminali difendevano come un mezzo per “curare” le “devianze sessuali”. Gli imputati di omosessualità nei tribunali o nei campi di concentramento potevano concordare la castrazione in cambio di una sentenza più mite. In seguito, i giudici e i responsabili delle SS avrebbero potuto ordinare la castrazione senza il consenso del prigioniero.
I nazisti interessati a trovare una “cura” per l’omosessualità ampliarono il programma fino a includere esperimenti medici sugli omosessuali nei campi di concentramento. Questi esperimenti causarono malattie, mutilazioni, e perfino la morte, senza apportare nuove conoscenze alla ricerca scientifica.
Il sinistro Paragrafo 175, che criminalizzava l’omosessualità, rimase in vigore fino al 1969. Anche dopo la liberazione dei campi, i prigionieri gay furono mandati nelle prigioni per scontare le pene.
Nel 1985 le persone gay e lesbiche volevano porre una targa nel campo di Dachau, ma solo dieci anni dopo, nel 1995, furono riconosciute come vittime dell’Olocausto.
Attualmente non esistono statistiche sul numero di omosessuali morti nei campi di concentramento, ma alcuni studiosi stimano una cifra di centinaia di migliaia, fino a quasi un milione.
Testo originale: January 27 – Holocaust Remembrance Day: Nazi Germany, The Pink Triangle and Paragraph 175