Quale voce per le donne nella chiesa e nella società?
Riflessioni del gruppo Mosaiko di Roma
Il 17 marzo 2024 si è tenuto presso la Chiesa Santa M. M. Alacoque , Tor Vergata, Roma, l’incontro dal titolo “La voce delle donne: chiesa e società”: riflessione e dibattito sul ruolo delle donne nella chiesa e nella società fino ai nostri giorni con il contributo delle relatrici: Giovanna Devoto (studiosa Sacre Scritture e Gloria Pistolesi (scrittrice e insegnante). L’incontro è stato introdotto e coordinato da Ada Seguino (docente, attivista e componente Mosaiko Cristiani LGBTQ+).
Il Gruppo Mosaiko Cristiani LGBT+ è sempre attentə in modo trasversale alla riflessione su ogni tipologia di discriminazione e in questa occasione ha ritenuto opportuno soffermarsi sul ruolo delle donne nella chiesa e nella società che caratterizza la condizione delle donne, sin dalla notte dei tempi, di subordinazione e inferiorità.
Le confessioni religiose, sia le religioni monoteiste che quelle politeiste, hanno dogmatizzato alcuni principi che hanno collocato la donna in modo rigido in ruoli minoritari, poiché priva di capacità fisiche e quindi di potere.
Lo spartiacque che ha iniziato a scalfire il modello patriarcale è iniziato con l’Illuminismo e la diffusione della cultura illuminista. Nel 1791 la drammaturga Marie Gouze, detta Olympe de Gouges, scrive la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, e rimedia all’errore dell’assenza delle donne nella precedente “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”, nel 1789, chiedendo che i principi di libertà e uguaglianza della Rivoluzione fossero effettivi anche per le donne.
Da lì in poi ha inizio il lungo cammino dell’affermazione della libertà e uguaglianza grazie all’attivismo della prima ondata del femminismo concentrato principalmente sull’ottenimento del suffragio femminile fino alla seconda fase del femminismo in cui lo stesso concetto del desiderio erotico va ad essere modificato e smantellato. Erotismo non è più procreativo, ma come ogni aspetto, cibo, cultura, linguaggio contribuiscono alla crescita armonica di ciascun individuo. La presa di coscienza femminista adesso si concentra sulla differenza sessuale, contribuendo a dare spazio e voce a minoranze in seno allo stesso movimento femminista, dalle lesbiche e via via dell’intera comunità lgbtq+, allargando il dibattito sul diritto del singolo individuo di affermare il proprio essere secondo le proprie peculiarità, senza modelli preordinati di stampo patriarcale. Con la terza ondata, durante gli anni 80 e 90, in cui il femminismo si è istituzionalizzato in molte università esso è diventato anche una materia di studio, cultural studies poi evoluti in women’s studies e gender studies.
In questo ambito poi inizia a manifestarsi il concetto della queerness, e/o “pratica della soglia”, introdotta in modo magistrale da Michela Murgia nella gran parte della sua produzione saggistica e letteraria. Con essa si rigetta l’appartenenza a un unico recinto: “accettarla come tale significa riconoscere che il confine non circonda, ma ci attraversa e che quel che avvertiamo come contraddizione è in realtà uno spazio fecondo in cui non abbiamo ancora compreso il potenziale vitale” (“Good save the Queer”, M. Murgia). Michela Murgia con il racconto della sua quotidianità e le sue scelte di vita e grazie alla sua testimonianza fino alla sua morte, lo ha saputo proporre come un modello di inclusività e libertà all’espressività, privo di condizionamenti, rispettoso delle diversità tutte.
La relatrice, Giovanna Devoto, con riferimenti dettagliati ad alcuni sezioni della storia delle donne, poco note, e di alcune protagoniste delle Sacre Scritture, ci ha introdotto alla scoperta della storia delle beghine, che nascono come primo nucleo di donne, autonome, non sposate, nelle Fiandre, e che decidono di non consacrarsi a ordini religiosi e quindi di sottrarsi al potere della chiesa.
Esse vivevano una vita evangelica e svolgevano attività di apostolato, di cura degli ultimi in modo comunitario e fuori dalla gerarchia. Predicavano in volgare per arrivare facilmente a tutti, ed erano donne che si aiutavano e si supportavano vicendevolmente. Ancora oggi sono presenti testimonianze vive di queste realtà nel paese di origine, e anche in altre realtà in Europa.
Poco nota anche l’esperienza di autodeterminazione delle consorelle di Santa Chiara, le quali, pur non avendo un riconoscimento giuridico, in quanto donne, in un’epoca, in cui non potevano avere diritto di firma per acquisto di beni, è giunto fino a noi un atto di compravendita in cui l’intera comunità delle clarisse, 50 suore, firmarono l’atto, mostrando prima di tutto che erano in grado tutte di leggere e scrivere e consapevoli che come comunità potevano essere autodeterminate ad assumere potere giuridico nell’annessione di una proprietà: il podere di San Damiano.
L’esempio di Tamar nel vecchio testamento, tra tante donne coraggiose, che diede testimonianza di grande capacità di affermazione e autodeterminazione.
Tamar si traveste da prostituta per unirsi al suocero Giuda: morti infatti il primo e il secondo marito, figli di Giuda, e vedendo che quest’ultimo non aveva intenzione di darla in sposa al terzo figlio Sela, come avrebbe previsto la legge del levirato, la donna si finge una prostituta e concepisce così, con l’astuzia, due gemelli da Giuda. La sua ostinazione, tuttavia, il suo non darsi per vinta di fronte a una situazione sfavorevole, permette la continuità della discendenza di Giuda, il quale, secondo la Scrittura, alla fine riconosce: “Lei è più giusta di me; infatti, io non l’ho data a mio figlio Sela” (Gen 38,26)
Donne che caparbiamente hanno eluso il potere del proprio tempo per seguire un loro desiderio profondo e che nonostante le forze avverse del dominio maschile dell’epoca hanno lasciato una eredità ineludibile e da rinnovare per le future generazioni di donne e uomini, affinchè si riconosca la forza, la tenacia e la volontà di donne nella storia sacra e nella storia passata che hanno dato con coraggio testimonianza di libertà e volontà di cambiamento.
Grazie anche al contributo di Gloria Pistolesi che ha cercato di spiegare attraverso un suo personale contributo la riscoperta del femminile sacro. Ci ha introdotti nel potere creativo del Femminile primitivo, della sua forza trasformativa e della sua capacità di guarire, di cura e prendersi cura in un tempo in cui la società era gilanica(gi + an, ossia femminile e maschile insieme – dal greco: gynè e aner), mutuale, pacifica, collaborativa, senza conflitto di genere.
Le testimonianze archeologiche ci dicono che il potere della Dea era nell’acqua (liquido amniotico) e nella pietra, nei tumuli e nelle caverne, negli animali, uccelli, pesci, nelle colline, negli alberi e nei fiori. Delle veneri in pietra, osso, terracotta si pensava fossero oggetti atti a soddisfare i desideri sessuali dell’uomo primitivo. Erano invece un atto di ringraziamento e riconoscimento del potere generativo delle Dea. Degli animali dipinti sulle pareti interne delle caverne, circondati da aste e bastoni: rito propiziatorio alla caccia.
Se un tempo in quanto donne, generatrici di vita, nutrimento e cura, microcosmo nel Macrocosmo, presiedevamo alla semina e al raccolto, perchè in grado di aiutare alla produttività, poi siamo state custodi del raccolto e sacerdotesse del tempio a protezione del bene fisico e spirituale di tutta la comunità. E ancora, proprietarie dei campi e trasmessi poi alle figlie (sistema matrilineare), sempre in nome della custodia della vita (che ogni chicco di grano simboleggia). Ci si occupava della lavorazione dell’argilla, di tessere le stoffe, ruoli diversi, importanti, riconosciuti dalla comunità. Senza conflitto con il maschile, poiché la società pre-patriarcale era notevolmente ugualitaria. Poi è venuto un tempo che ha rovesciato dal trono la Dea, la Grande Madre, sostituita dal mito del Padre, del dio guerriero, dando vita ad una società agli antipodi della precedente: patricentrica, patriarcale, competitiva, dominatrice e di controllo. Pertanto gli opposti sono dovuti entrare in conflitto ed il paradiso delle origini è andato perduto. E’ così che abbiamo perso la Madre, siamo diventate “orfane” di Madre, vale a dire di abbondanza, di amore incondizionato. Dobbiamo resuscitare questa forza. Bisogna tornare al femminile. Che è darsi amore che protegge, che custodisce, nutre e fa crescere.
Questi contributi hanno dato nuovi spunti nella storia del percorso di autodeterminazione e empowerment delle donne, nonostante l’oblio e la persecuzione, che ancora in forme più o meno evidenti erano costanti in un passato patricentrico e la cui tendenza rimane costante in molteplici atteggiamenti di contrasto sia nelle culture occidentali moderne sia in quelle di altre culture. Ancora oggi a varie latitudini permane la condizione di subordinazione della donne, con una tendenza costante a non voler riconoscere il potere generativo e trasformativo del femminile in grado di porre basi solide per la promozione di una società sempre più inclusiva e rispettosa delle differenze.
Alla luce di tutto quanto esplicitato urge sempre più chiarezza e anche maggiore consapevolezza sul potenziale di una leadership manifesta, non più dietro le quinte, delle donne nella Chiesa e nella società. Non è secondario quello che sta avvenendo in molti settori della società e nella chiesa moderna, in particolare anche alla luce delle trasformazioni in atto e degli esiti del Rapporto del sinodo, a seguito della polemica del mancato riconoscimento del diaconato alle donne, argomento che sarà di nuovo all’ordine del giorno nella seconda sessione del Sinodo ad Ottobre 2024.
Nella seconda parte, si è vissuto un momento toccante di preghiera/riconciliazione che ha attraversato tuttə lə presentə grazie alla commovente preghiera di Fratel Tiziano dei “Piccoli Fratelli dell’ Accoglienza di S. C de Foucauld” e alla lettura di poesie inedite (di Giovanna Devoto, Gloria Pistolesi e Ada Seguino) e a canti con il contributo di Gloria Pistolesi (voce) e Francesco Marrari (al piano).
Tutto questo per dare voce al desiderio profondo degli uomini, delle donne, e di tuttə, di libertà di essere, manifestarsi e di esistere.